INNOVATION MANAGEMENT

Come selezionare le giuste startup con cui avviare un progetto di Open Innovation: lo Startup Studio di Seedble

Per i progetti di open innovation che coinvolgono le startup servono linguaggi, cultura e parametri peculiari. Le aziende possono però appoggiarsi ai programmi che si occupano della selezione e accelerazione di startup, come Startup Studio di Seedble

Pubblicato il 29 Nov 2021

Startup (Immagine di Gajus da Shutterstock)

L’unione fa la forza. Oggi più che mai è la legge nel mondo dell’innovazione. Innovare in maniera efficace e sostenibile richiede un’ottica di ecosistema: integrazione, compensazione e contaminazione sono elementi che caratterizzano la vera innovazione – intesa come spinta innovativa con potenziale di crescita per tutti gli attori coinvolti – e la distinguono da quella limitata, chiusa nel proprio orticello e perciò, il più delle volte, destinata a fallire.

Strumento essenziale di questo modello di co-innovazione è l’open innovation, l’innovazione aperta ai contributi di soggetti esterni al perimetro aziendale, startup in prima fila. Un’attività, però, non facile per diversi motivi e non solo per questioni di metodo. Spesso infatti il problema sta proprio nella scelta delle startup con cui lavorare. Perché le startup non sono imprese come le altre, hanno una loro cultura, parametri e linguaggi diversi da quelli di grandi aziende o multinazionali. Il dialogo con le corporate, quindi, non è mai semplice.

Vengono in aiuto in questo caso programmi che si occupano della selezione e accelerazione di startup con l’obiettivo di portarle sul mercato e renderle pronte ad affrontare un percorso di collaborazione in co-innovazione con le aziende. Un esempio è lo Startup Studio di Seedble: per le startup, un percorso di accelerazione di 12 settimane disegnato e implementato a seconda delle esigenze specifiche di ogni impresa innovativa; per le aziende, un’opportunità per essere indirizzate nelle attività di scouting di startup con cui intraprendere progetti di open innovation.

Il team dello Startup Studio di Seedble, infatti, scandaglia settimanalmente i progetti innovativi delle startup italiane e seleziona un ristretto numero di imprese promettenti per inserirle nel programma di accelerazione e prepararle al go-to market e alla collaborazione con le aziende interessate. Nell’ambito del bacino di startup selezionate e seguite da Seedble, infatti, le aziende possono scegliere di collaborare con quelle più affini ai propri need di innovazione, certe e consapevoli dell’alto potenziale di queste aziende innovative che hanno superato una stringente selezione all’ingresso e hanno acquisito durante il percorso competenze, strumenti e conoscenze essenziali per il successo dell’attività di business.

Il valore della co-innovazione per le aziende

Perché è importante innovare a livello di ecosistema?

“Un ecosistema è un insieme di attori che, contaminandosi, contribuiscono alla creazione di un valore superiore a quello che riuscirebbero a generare singolarmente” spiega Andrea Solimene, co-founder e CEO di Seedble. “Questo, di solito, innesca un effetto domino in cui sempre più innovatori si aggregano attorno al nucleo centrale di origine, espandendo l’ecosistema di innovazione”

Questa dinamica esprime il tipo d’innovazione – o meglio, co-innovazione- promosso dal paradigma della Coalescence Innovation, che unisce Open Innovation e Social Innovation con lo scopo di creare un fenomeno di “coalescenza”, ovvero spingere entità diverse ad aggregarsi e contaminarsi per fare qualcosa di più grande.

L’obiettivo è “stimolare la generazione di opportunità non raggiungibili singolarmente, con la conseguente attivazione incrementale di impatti positivi sui contesti sociali al fine di creare ecosistemi virtuosi.”

In questo quadro, la collaborazione tra startup e aziende costituisce già di per sé una forma iniziale di ecosistema di innovazione in cui il team di startupper fornisce alla corporate una ventata d’aria fresca con idee nuove e disruptive e un approccio agile, mentre l’azienda mette la propria infrastruttura e le proprie risorse a supporto dello sviluppo del progetto innovativo di business della startup. Insomma, un win-win.

Ma non è facile creare queste dinamiche e intavolare una collaborazione formale non significa necessariamente diventare parte di uno stesso ecosistema, tant’è vero che: spesso i progetti di open innovation falliscono o cadono nel nulla dopo la realizzazione del POC.

Trovare le startup giuste: la grande sfida dell’open innovation

Come ogni collaborazione tra attori molto diversi, l’open innovation richiede innanzitutto un delicato equilibrio tra le parti.

“Da un lato le imprese devono allineare il contesto e gli obiettivi con tutti gli stakeholder interni ed esterni che sono interessati al progetto di collaborazione, come anche intervenire sulla cultura aziendale per accogliere stimoli provenienti dall’esterno” spiega Solimene, “Dall’altro lato, le startup devono comprendere e fronteggiare la complessità della realtà con cui stanno avviando una collaborazione, acquisendone il linguaggio e l’approccio per sfruttarne al massimo i benefici.”

Ma prima ancora di collaborare, aziende e startup devono trovarsi e scegliersi reciprocamente.

Le indicazioni che ci vengono dal nostro osservatorio annuale delle “Corporate Startup Stars” (le 50 aziende più attive al mondo sull’open innovation) rivelano che, di norma, una grande azienda passa in rassegna in media 2000-2500 startup all’anno nell’ambito delle operazioni di scouting. Di queste solo un 10% è soggetta a ulteriore approfondimento e, infine, solo un 2% avvia un’effettiva collaborazione con l’impresa.

Dunque, è evidente che gli specialisti dell’innovazione in azienda scandagliano migliaia di progetti innovativi ogni anno, ma arrivano a fare vera e propria co-innovazione solo con pochissime startup selezionate, o addirittura con nessuna.

Talvolta, il problema sta alla base: nell’anno in cui il numero di startup in Italia è aumentato esponenzialmente, è diventato sempre più difficile per le aziende capire come selezionare quelle che siano allo stesso tempo più in linea con le proprie esigenze ma anche più la startup scelta non è abbastanza strutturata, non ha abbastanza basi, skill o know how per compiere il necessario passo in più dal POC al go to market. Questo non dipende necessariamente da una cattiva operazione di scouting: capita spesso, infatti, che un progetto appaia sulla carta solido e ad alto potenziale, fino a scontrarsi -spesso troppo tardi- con le esigenze del mercato reale che mettono in luce le sue debolezze e criticità.

Lo Startup Studio di Seedble, una risorsa per le aziende che vogliono lavorare con le startup

Una risorsa per aggirare questo ostacolo è affidarsi a un bacino di startup già accuratamente selezionate e pronte alla prova dei fatti. Questa è l’opportunità che lo Startup Studio di Seedble offre alle aziende.

Come funziona lo Startup Studio? Si tratta di un percorso di accelerazione di 12 settimane, disegnato per accompagnare startup selezionate per le loro idee ad alto potenziale in un percorso di crescita costruito su misura per valorizzare il progetto.

Il percorso si basa su un approccio concreto e orientato ai risultati ed è seguito da un team di mentor dedicati dotati di competenze trasversali sul project management, marketing, finance, tecnologie e così via. Attraverso una metodologia agile basata su sprint e review, lo Startup Studio fornisce al team della startup competenze, strumenti e conoscenze per arrivare efficacemente al go-to market e camminare con le proprie gambe una volta fuori dal programma.

Rispondendo ai principi della Coalescence Innovation, parte dell’esperienza dello Startup Studio è proprio la possibilità di avviare concreti progetti di co-innovazione con le aziende, rispondendo con idee di business innovative -e solide basi alle spalle- ai loro bisogni specifici.

Inizia un progetto di co-innovazione: scopri lo Startup Studio di Seedble.

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Maura Valentini
Maura Valentini

Laureata in lingue orientali, sono un'amante di Giappone e innovazione. Parte del gruppo Digital360 dal 2020, scrivo per le testate EconomyUp, InsuranceUp e Proptech360.

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