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Sanità digitale: quando un’app per l’assistenza domiciliare migliora la vita dei pazienti (e degli infermieri)

L’azienda sanitaria della Provincia Autonoma di Trento sta sperimentando @home, progetto che mantiene sempre attivo il contatto tra clinici e malati tramite un’app mobile e una piattaforma cloud ad alta produttività, Salesforce. Si integra con i processi, permette note in tempo reale. E agli addetti ai lavori è piaciuta…

Pubblicato il 15 Feb 2018

ASSISTENZA-anziani

La trasformazione digitale può avere un forte impatto sul settore della sanità e, in particolare, le nuove tecnologie possono contribuire a migliorare l’assistenza domiciliare ai malati. Lo ha sperimentato l’azienda sanitaria della Provincia Autonoma di Trento (APSS) con @home, un progetto che permette, grazie ad una app mobile e all’utilizzo di piattaforme di ultima generazione, di mantenere sempre attivo il collegamento tra il paziente da curare a domicilio (in Trentino circa 20.000 cittadini ogni anno) e il personale sanitario.  “Le nuove tecnologie in sanità non devono semplicemente aggiungersi all’organizzazione esistente – spiega Ettore Turra, Direttore del Dipartimento Tecnologie di APSS Trento – ma devono potersi integrare nei processi operativi. Sono usate da persone che hanno a che fare con altre persone, perciò, laddove in altri settori le nuove tecnologie  sono applicate in tempi brevi, nel caso della sanità e in particolare dell’assistenza a domicilio, i tempi di maturazione sono più lunghi proprio per la difficoltà di calarle nella pratica clinica quotidiana. Ma è possibile farcela. E la  nostra esperienza  lo dimostra”.

Ettore Turra, Direttore del Dipartimento Tecnologie di APSS Trento
Perché puntare alla digitalizzazione dell’assistenza a domicilio?

In tutte le organizzazioni sanitarie l’ambito domiciliare è sempre stato ostico allo sviluppo di soluzioni e tecnologie ICT. È un’area fortemente basata sul cartaceo: medici e infermieri che si alternano al domicilio del paziente usano cartelle che poi rimangono a casa del malato. Perciò c’è una forte esigenza di informatizzazione, che cresce con l’aumento della domanda di assistenza a domicilio. La popolazione anziana, sempre più numerosa, si porta in carico patologie che devono essere necessariamente curate fuori dagli ospedali, sia per ragioni di sostenibilità (gli ospedali sono macchine estremamente costose, disegnate per occuparsi di eventi nella loro fase acuta), sia perché non sono i luoghi più appropriati per curare queste condizioni. Le persone dovrebbero andare in ospedale solo se necessitano di cure intense. Ma la risposta dei sistemi informativi è sempre stata debole. Perciò abbiamo pensato di cambiare approccio: anziché puntare sulle cartelle infermieristiche-domiciliari, che sono mutuate da prodotti per ospedali e sono difficili da adattare a una situazione dove c’è molta variabilità, abbiamo pensato di dotarci di un nuovo strumento tecnologico.

 La “vecchia” telemedicina non ha funzionato?

In passato in sanità sono stati lanciati diversi progetti e sperimentazioni in ambito telemedicina, una strategia tecnologica molto importante perché consente di remotizzare la cura dei pazienti. Poi però questi progetti non si sono particolarmente espansi né consolidati, in parte perché le tecnologie all’epoca non erano così fruibili, in parte perché quelle attuali, che nascono in ambiente consumer, sono più approcciabili. Ma soprattutto perché nelle organizzazioni sanitarie la telemedicina è stata spesso vista come qualcosa che si aggiungeva a qualcos’altro. È come se un servizio di cardiologia fosse organizzato in ambulatori con in più una nuova stanza con scritto ‘telemedicina’. Al contrario dobbiamo fare in modo che queste tecnologie entrino nella quotidianità dei clinici.

Come siete riusciti a superare l’ostacolo?

Siamo partiti dal presupposto che, diversamente dagli ospedali, dove le procedure sono fortemente standardizzate, nell’assistenza domiciliare servono piani personalizzati: a partità di condizione, è diverso curare un paziente inserito in una rete familiare rispetto a uno che vive da solo. Nello specifico abbiamo deciso di partire da zero, adottando una piattaforma di sviluppo cloud ad alta produttività come Salesforce, che è orientata alla gestione di relazioni tra operatori e cittadini, ovvero al front-end. Doveva essere facile da sviluppare, in considerazione del fatto che all’interno del nostro reparto IT le  competenze tecnologiche di sviluppo e manutenzione di soluzioni mobile non sono ancora sufficientemente diffuse. L’esigenza di soluzioni mobile è imprescindibile in un ambito come quello domiciliare dove gli infermieri operano fuori dalle strutture aziendali. Le funzionalità e le integrazioni sviluppate sulla  piattaforma Salesforce sono immediatamente fruibili sia su desktop sia su tutti i device mobili  di mercato. Questa è una complessità tecnologica che al momento non eravamo in grado di affrontare. Al tempo stesso la piattaforma cloud è sviluppabile in tempi molto brevi e ci consente flessibilità e approccio agile. In passato avevamo provato ad adottare questi modelli, ma i vincoli posti dalla tecnologia ci impedivano la rapidità di sviluppo richiesta.

Quali figure professionali sono state coinvolte nell’utilizzo e nella gestione di @home?

Grazie alla piattaforma abbiamo potuto impostare un progetto che ha messo in gioco le esperienze di un team misto, composto da alcuni specialisti IT interni e da professionisti esterni certificati nell’ambiente Salesforce, ma la componente di gran lunga più numerosa nel team è quella clinica:  gli infermieri e qualche medico. È stata una scelta precisa: questi modelli, sviluppati sulla base dell’esperienza diretta delle persone che vanno a casa dei pazienti, ci hanno consentito una soluzione immediatamente applicabile e gradualmente perfezionabile.

Come è andata la sperimentazione?

In 4 mesi abbiamo sviluppato il cuore dell’applicazione, che ha in qualche modo sostituito il sistema esistente, che aveva una decina di anni di storia e non era fruibile da device mobili. Nei successivi 3 mesi abbiamo effettuato numerosi adattamenti e miglioramenti basati sull’esperienza d’uso. Per noi il successo del progetto si misurava sull’uso e il gradimento degli utenti, ma anche e soprattutto se i nuovi casi fossero stati presi in carico direttamente sulla nuova applicazione. Così è stato. Già dopo le prime due settimane, tutti i nuovi piani e le segnalazioni sono stati  aperti su @home.

Cosa offre @home in più rispetto ad altre applicazioni territoriali?

I sistemi tradizionali sono essenzialmente rivolti alla rendicontazione e fortemente basati  sul cartaceo. La soluzione @home è invece  improntata alla gestione di informazioni contestuali e in tempo reale. Le annotazioni nei sistemi tradizionali sono inserite a posteriori, a fine giornata o a fine settimana. Il nuovo sistema fa sì che, quando un infermiere annota qualcosa, venga immediatamente reso disponibile e potenzialmente letto da tutti i componenti dell’équipe. Questo ha modificato in meglio il lavoro degli infermieri: operando in tempo reale hanno focalizzato l’attenzione sui dati più rilevanti per una presa in carico integrata dei pazienti. Inoltre hanno usato il sistema di messaggistica integrato nell’app per scambiarsi impressioni e annotazioni utili per gestire i passaggi di informazione tra una visita e l’altra, oltre a scattare foto quando necessario o usare Google Maps o il riconoscimento vocale per la compilazione delle note. Funzionalità che sono comuni nell’esperienza mobile e online per molte persone al di fuori dell’ambito lavorativo, ma che i nostri colleghi hanno imparato adapprezzare anche in ambito professionale, per quanto non tutti avessero  dimestichezza con le nuove tecnologie.

Quali sono stati gli esiti?

Per i dati di esito clinico è ancora un po’ presto. Abbiamo considerato di fare un primo assessment a 6 mesi, quando valuteremo il grado raggiungimento degli obiettivi dei piani assistenziali inseriti a partire dal mese di luglio. Diciamo che per il momento abbiamo avuto segnali decisamente positivi da parte degli infermieri che per primi hanno utilizzato la soluzione e che l’hanno promossa con entusiasmo fra i propri colleghi.

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