Open innovation, a che punto siamo
The Open Innovation way è una giornata di approfondimento, in programma il 5 marzo al Politecnico di Milano, che mira a tracciare un quadro dell’innovazione aperta. “Bisogna distinguere fra chi la fa concretamente e chi perché vuole riposizionare il proprio brand”, dice Luca Bonacina, vicepresidente di ASP Alumni
di Alexis Paparo
26 Feb 2016

Luca Bonacina, vicepresidente di ASP Alumni – Alta Scuola Politecnica è tra gli organizzatori di “The Open Innovation way”, la giornata di approfondimento organizzata in collaborazione con SPE YP Italy che mira a tracciare un quadro completo del contesto Open Innovation. L’appuntamento è per il 5 marzo, dalle 14.30, presso l’Aula Rogers del Politecnico di Milano in Piazza Leonardo da Vinci (qui il link per registrarsi).
Si partirà dagli albori del software open, passando attraverso le esperienze di grandi aziende e arrivando alla dinamica dell’ecosistema Open Innovation. “Vogliamo anzitutto spiegare bene cos’è, perché a volte si fa un po’ di confusione”, continua Bonacina. “Un esempio pratico è la differenza fra bando e call4ideas. Anche se oggi va di moda chiamarle così c’è differenza. Se l’azienda ha definito qual è il problema che non è riuscita a (o non ha voluto) risolvere internamente e chiama a raccolta menti esterne per risolverlo allora si tratta di call4ideas, quindi di Open Innovation, altrimenti ci si trova di fronte a un bando”.
Alla teoria si alterneranno poi esperienze e testimonianze concrete: saranno presenti Lucia Chierchia
A seguire la tavola rotonda sull’ecosistema Open Innovation con Ruggero Recchioni (Intesa San Paolo), Alessandro Tiani (SPE), Emilio Paolucci (Alta Scuola Politecnica), Alessandro Bailini (BlueThink), Marco Noseda (PoliHub) e Danny Bar-Zohar (Novartis).
“È una giornata pensata per chi vuole saperne di più sul tema ma anche per chi lo conosce già e vuole esempi pratici. Un’occasione per conoscere e farsi conoscere, anche durante l’aperitivo di networking che seguirà la tavola rotonda”, aggiunge Bonacina. “La percentuale di aziende che fa open innovation è cresciuta negli ultimi 5/7 anni, anche se a livello accademico se ne parla da molto prima. Bisogna distinguere fra chi lo fa concretamente e chi solo perché vuole riposizionare il proprio brand”, conclude. “Ci sono aziende che fanno fatica ancora oggi a esporre i propri problemi e cercare soluzioni esterne, ma quando si fa il primo passo non si vuole più smettere di correre”.