Rivoluzione Alphabet

Non c’è solo Pichai (nuovo ad di Google): ecco 5 ceo internazionali nati in India

È l’uomo del momento dopo l’annuncio della nascita di Alphabet, holding delle diverse società controllate da BigG, e della sua nomina alla guida della nuova Google. Ma nel mondo ci sono altri top manager indiani come Nadella (Microsoft) o Narayen (Adobe Systems). Forse perché, dice uno studio, «uniscono umiltà a forza di volontà»

Pubblicato il 12 Ago 2015

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Si chiama Sundar Pichai, viene dal Tamil Nadu (India) ed è appena diventato uno dei “re” dell’americanissima Silicon Valley. Pichai è l’uomo del giorno dopo l’annuncio della nascita di Alphabet, conglomerata all’interno della quale è presente la nuova Google insieme ad altre società che offrono i servizi più disparati, dalle smart home alla ricerca scientifica fino alla sanità. All’indiano è stato affidato il ruolo di ceo di Google. Un posto di estrema responsabilità che si è guadagnato in questi anni di intenso lavoro per il colosso californiano. Nato a Chennai nel 1972, Pichai ha frequentato l’università in India prima di approdare a Stanford, il celebre ateneo statunitense. Dopo aver ottenuto un Mba alla Wharton School, ha lavorato a McKinsey e Applied Material per poi entrare a Google nel 2004.

Salito alla ribalta per aver creato la barra degli strumenti di Google, ha lavorato al lancio di Chrome, dopodiché è stato promosso vicepresidente e gli è stata affidata la supervisione delle app di Google, oltre a diventare membro dell’esclusivo L team, la squadra di manager che riportava direttamente al cofounder e Ad Larry Page. Da ottobre 2014, quando il creatore di Android, Andy Rubin, ha lasciato, è diventato responsabile di tutti i servizi Google più utilizzati dagli utenti: Android, Chrome e Google Apps, ma anche Google Maps fino all’advertising, passando per Google+ e per la ricerca.

La notizia del nuovo incarico è stata accolta trionfalmente dai giornali indiani: The Hindu ha parlato di “un beneficio per tutte le persone di origine indiana sparse per il mondo”, The Times of India si è rallegrato con quello che ha definito “l’uomo tranquillo e riflessivo” venuto da Chennai. Ma non è l’unico indiano a ricoprire ruoli di rilievo nell’hi-tech internazionale: il gruppo comincia ad essere numeroso, forse perché, come rileva uno studio dell’University of Southern New Hampshire, i manager indiani hanno più successo degli altri grazie a una “paradossale mescolanza di autentica umiltà personale e intensa volontà professionale”. Ecco una lista, elaborata dalla Bbc, dei cinque Ceo di origine indiana che stanno guidando l’hi-tech internazionale.

Satya Nadella-Microsoft

Nato a Hyderabad, 47 anni, Nadella è Ceo di Microsoft da febbraio 2014, dopo l’uscita di scena di Steve Ballmer. È stato tra i primi a twittare le sue congratulazioni a Pichai. Nadella era in forza a Microsoft dal 1992, dove nel tempo ha contribuito a definire strategie e cambiamenti tecnici del portafoglio di prodotti e servizi. Si è occupato del passaggio alle tecnologie cloud e dello sviluppo dell’infrastruttura a supporto del motore di ricerca Bing, della console Xbox e del pacchetto Office. “Microsoft è una delle rare società che hanno veramente rivoluzionato il mondo tramite la tecnologia” ha detto Nadella appena nominato, spiegando che “le opportunità che attendono la società sono molte, ma per coglierle bisogna essere focalizzati in modo chiaro, muoversi in modo rapido e continuare a trasformarsi”. Nel suo primo giorno da Ceo, l’indiano padre di tre figli ha detto allo staff: “Sono caratterizzato dalla mia curiosità e dalla sete di sapere. Compro più libri di quanti ne riesco a finire, mi iscrivo a più corsi online di quanti ne posso completare. Credo che se non stai imparando cose nuove, smetti di fare cose grandi e utili”.

Ajay Banga – Mastercard

Nativo di Pune, Ajaypal “Ajay” Singh Banga è presidente e Ceo di MasterCard. Ha lavorato per Nestle e PepsiCo prima di diventare Ceo della compagnia di carte di credito a luglio 2010. A febbraio Barack Obama l’ha nominato membro del Comitato di consulenza del Presidente per le Politiche commerciali e i Negoziati. In un discorso all’Indian Institute of Management (IIM) ad aprile ha svelato il “grande piano” alla base della sua carriera: “Mettiti con qualcuno valido. Mettiti con qualcuno internazionale. Fai qualcosa che ti interessa. Non stressarti se non hai un piano dettagliato per la tua vita. Chiunque può avere un buon progetto o una buona idea: quello che lo rende grande è l’esecuzione”.

Indira Nooyi – PepsiCo

Anche lei originaria di Chennai come Sundar Pichai, è stata definita l’anno scorso la terza donna più potente nel mondo dell’imprenditoria dalla rivista Fortune. Presidente del consiglio di amministrazione e Ad di PepsiCo, oltre che membro del Consiglio dei Fondatori del Forum economico mondiale e del Lincoln Center, ha studiato fisica, matematica e chimica per poi lavorare alla Johnson & Johnson. Nel 1978 ha conseguito un master all’universtà di Yale. Entrata in PepsiCo nel 1994, è diventata Ceo nel 2006. “So esattamente come funziona il mondo e posso vedere il mondo attraverso gli occhi delle persone che vivono fuori dagli Stati Uniti” ha detto.

Ivan Menezes – Diageo

Menezes, originario di Pune, è un altro laureato all’IIM. Ha preso le redini di Diageo, colosso britannico delle bevande alcoliche, a luglio 2013. Come Ajay Banga, ha iniziato la carriera in Nestlé nel 1981.Una delle sue iniziative più rilevanti come Ceo è stato l’acquisto della maggioranza azionaria della società indiana United Spirits, nonostante il deal abbia causato alcuni problemi a Diageo. Il gruppo possiede marchi quali Guinness, Johnnie Walker e Smirnoff.

Shantanu Narayen – Adobe Systems

Nativo di Hyderabad, è alla guida della società di software da dicembre 2007. Ha iniziato la carriera in Apple. “C’è una comunità indiana attiva che si sta impegnando” ha detto della Silicon Valley in una recente intervista. “Noi indiani diamo molta importanza alla formazione” ha proseguito, spiegando che alla sua hanno contribuito le scuole pubbliche di Hyderabad, impostate sul modello dell’istruzione pubblica britannica, oltre all’opportunità offerta dagli Usa a uno straniero come lui.

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