OPEN WORLD

L’importanza di innovare l’innovazione: rompiamo le regole

In un mondo che continua a cambiare sarebbe anacronistico restare ancorati ai propri modi di fare. O ripetere, anno dopo anno, programmi uguali a se stessi. Ecco i casi di Volvo, BP e Telefonica. Addio spray and pray

Pubblicato il 16 Feb 2021

Photo by Jackson Simmer on Unsplash

Una caratteristica che riscontro nelle aziende migliori è la capacità di cambiare ed evolvere. Non mi riferisco solo a prodotti e mercati, ma anche – e soprattutto – ai programmi di open innovation. In un mondo che continua a cambiare, sarebbe anacronistico restare ancorati ai propri modi di fare. O ripetere, anno dopo anno, programmi uguali a se stessi.

In Mind the Bridge abbiamo un unico comandamento: “Evolve o Be Extinct”, che ci impone di modificare i nostri format al massimo ogni dodici-diciotto mesi. Soprattutto quelli che funzionano. Perché? Perché, come dice il mio amico Vivek Wadhwa: “You’ve got to embrace change and use it.” In altre parole, non si può pensare di aiutare qualcuno ad innovare se non si è disposti a farlo in prima persona.

Un po’ di esempi possono aiutare a mettere a terra questo discorso che altrimenti rischia di restare troppo campato per aria.

Il caso Volvo: don’t run with it too long

Nel 2019 Volvo Group ha lanciato CampX, un “innovation hub” fortemente focalizzato ad avviare progetti pilota con startup internazionali (loro li chiamano POV, Proof of Value) per poi selettivamente scalarne un sottoinsieme. A meno di due anni dal lancio, il modello è stato cambiato (non solo a causa della pandemia che di fatto ha stravolto la parte relativa alla co-localizzazione). Perché? Perché, attuandolo, si sono resi conto che alcuni aspetti non erano efficaci. Per dirla con Vishnu Rajanikanth, Senior Innovation Manager di CampX,: “Don’t run with it too long”, ossia non ingessarti nei processi e nelle regole che tu stesso ti sei dato (e al riguardo avrei parecchi aneddoti che non posso raccontare).

BP, le diverse fasi dell’innovazione

Lo stesso Launchpad, il venture builder di BP, è cambiato molto negli ultimi mesi, arrivando a separare le attività di Incubation. Perché? Perché, come riconosce Siobhan Clarke, si sono resi conto che “moving from 0 to 1 requires different skills and support than accelerating from 1 to 100.”

Mind the Chat with Stephen Cook and Siobhan Clarke (BP Launchpad/Ventures)

Mind the Chat with Stephen Cook and Siobhan Clarke (BP Launchpad/Ventures)

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Chiudo con Wayra. Telefonica è stato tra gli early movers nell’arena dell’open innovation. Wayra, il suo mitico programma di accelerazione, sta per celebrare il suo decimo compleanno (dieci anni nel mondo dell’innovazione rappresentano l’equivalente di un’era geologica).

L’evoluzione di Wayra, il programma di Telefonica

Ma Wayra oggi è cosa lontana anni luce da Wayra di qualche anno fa. Non è più un acceleratore organizzato in batch annuali (e qui qualcuno potrebbe rimanere stupito visto che ci sono in giro aziende e organizzazioni che stanno lanciando oggi programmi modellati su quello). È evoluto in un Micro-VC fund focalizzato su scaleup in grado di generare valore per Telefonica (revenue o ottimizzazioni di costi).

Addio spray and pray. Inoltre Wayra ha gemmato una piattaforma totalmente virtuale per lanciare nuovi business in ambito B2C (si chiama Wayra X) e un Wayra Builder per valorizzare e spin-offare IP, tecnologie e asset del gruppo.

Chi si ferma è perduto. Chi ha il coraggio di cambiare invece non sbaglia. Perché come ci ricorda Irene Gomez, Connected Open Innovation Director di Telefonica: “Open Innovation is not a one-way road”.

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Alberto Onetti
Alberto Onetti

Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.

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