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Goodpoint, la Società Benefit che aiuta le aziende a coniugare profitto e sostenibilità sociale

Fondata nel 2011 da Nicoletta Alessi e Viviana de Luca, Goodpoint aiuta le aziende a mettere in pratica progetti di sostenibilità sociale, fornisce consulenza per la certificazione B Corp e orientamento. “Proponiamo soluzioni personalizzate” dicono le founder. Che ricordano: “Sostenibilità non è solo un obbligo di legge”

Pubblicato il 05 Lug 2023

Il team di Goodpoint

Contribuire allo sviluppo di una comunità più responsabile, in cui ciascuno possa svolgere il proprio ruolo in modo consapevole, efficace, gratificante e sostenibile: è questa la missione di Goodpoint, Società Benefit e B Corp nata nel 2011 per aiutare le aziende a implementare progetti di sostenibilità sociale.

Una storia che nasce dall’esperienza nel terzo settore delle due socie fondatrici, Nicoletta Alessi e Viviana de Luca, e con il desiderio di mettere questo know-how a servizio delle imprese per dimostrare che è possibile fare profitti e, allo stesso tempo, portare valore alla società.

“Volevamo sradicare il pregiudizio che la sostenibilità sociale sia qualcosa che interessa solo il no-profit, che è anche la finalità che ci siamo dati come Società Benefit”, spiega Nicoletta Alessi.

Ed è con questa missione che le due socie iniziano a dare vita al progetto, lavorando in un primo momento a casa di Nicoletta e scontrandosi con le difficoltà di promuovere azioni incentrate su un tema, quello della sostenibilità sociale, che in quel momento ancora poche aziende conoscevano in Italia.

La sostenibilità sociale alla portata di tutti: cosa fa Goodpoint

Goodpoint si occupa di supportare le aziende che vogliono avere un impatto positivo sulla società, aiutandole prima di tutto a individuare i temi per  loro rilevanti, partendo da un assessment della situazione corrente, per poi guidarle lungo la creazione e l’implementazione di progetti di sostenibilità sociale.

“L’assessment serve a valutare come si posiziona l’azienda rispetto ai temi della sostenibilità, intesa nella concezione più ampia del termine. Rispetto alle azioni da realizzare, accompagniamo quelle aziende che si avvicinano più ai nostri ambiti di competenza ed esperienza, quindi, tipicamente quelle più legate ai temi sociali, mentre invece ci appoggiamo ai tecnici per tutte le verticalità che vanno al di là delle nostre competenze dirette. Lo facciamo perché per noi la sostenibilità è un qualcosa di molto serio quindi occorre affidarsi a specialisti. Nessuno può sapere tutto, nessuno può fare tutto da solo”.

L’assessment viene realizzato personalmente dai consulenti di Goodpoint  secondo un approccio personalizzato che si concentra sull’impatto, sulle intenzioni e sugli obiettivi di ogni singola realtà.

“Noi non crediamo nella sostenibilità standard. Ovviamente anche noi ci appoggiamo a degli standard per una questione di riferimenti e serietà, ma siamo convinti che il lavoro debba essere fatto impresa per impresa, valutando gli impatti negativi, quelli positivi, le intenzioni dell’impresa rispetto alla creazione del valore, che sono estremamente diversificati”

Anche le realtà che si rivolgono a Goodpoint sono molto diversificate tra di loro, ma è possibile – spiega Alessi – individuare tre principali necessità che accomunano le aziende che si rivolgono ai consulenti della società.

“Si tratta di aziende che hanno un progetto specifico in mente e hanno bisogno di supporto per la progettazione e realizzazione di iniziative, o di imprese che vogliono diventare società Benefit e hanno bisogno di consulenza strategica finalizzata ad ottenere la certificazione B Corp. Il terzo caso, sempre più frequente, è la richiesta di orientamento nello scenario della sostenibilità, quindi imprese – soprattutto PMI – che hanno bisogno di capire, prima di tutto, cosa vuol dire la sostenibilità per loro”.

Il ruolo della formazione per una cultura aziendale sostenibile

Le aziende che si rivolgono a Goodpoint sono quindi realtà che già hanno maturato la volontà di agire sul fronte della sostenibilità. Trasformare queste intenzioni in azioni concrete è però un percorso che può risultare lungo e complesso poiché deve partire dalla creazione di una cultura aziendale attenta a questi temi. E affinché questo processo porti i risultati desiderati, spiega Alessi, è indispensabile coinvolgere tutta la forza lavoro.

“Anche se spesso si tratta di un percorso lungo, troviamo sempre più spesso buoni presupposti, perché le persone sono più attente a questi temi e chiedono alle aziende di agire in modo sostenibile. C’è quindi un terreno fertile, bisogna lavorarci. Per questo alle aziende chiediamo sempre di fare un piano di coinvolgimento delle risorse interne che parta dalla formazione, a partire dal management”.

Formazione che possono offrire gli stessi consulenti di Goodpoint, coinvolgendo degli esperti, con possibilità di personalizzazione rispetto ai temi importanti per il cliente o rispetto agli obiettivi da raggiungere.

La sostenibilità non deve diventare solo un obbligo normativo

L’evoluzione del quadro normativo in materia di sostenibilità ha, da un lato, rimosso gli ostacoli per realtà come Goodpoint, aiutandole a concretizzare il desiderio di creare valore per la società e posto i presupposti per lo sviluppo di un ecosistema di Società Benefit e B Corp altamente attivo e variegato.

“All’inizio il fatto di doverci costituire come S.r.l. ci ha reso le cose più difficili, perché lo statuto delle S.r.l prevede la divisione degli utili tra i soci, che non rientrava nei nostri obiettivi. L’istituzione delle Società Benefit ci ha permesso di accelerare il progetto e in questi anni si sono moltiplicate le realtà che, come noi, mirano ad avere un impatto sociale positivo”, spiega Alessi.

Se un intervento normativo ha favorito la creazione di tale ecosistema, Alessi mette in guardia sul rischio che il framework normativo che si sta costruendo porti invece a risultati opposti rispetto a quelli desiderati.

“Il fatto che tra pochi anni tutti dovranno pubblicare un bilancio di sostenibilità rischia di ridurre la sostenibilità a una questione di compliance. Quello su cui noi lavoriamo è aiutare le imprese, prima ancora che il bilancio di sostenibilità diventi obbligatorio per loro, a capire dove creare impatto, come vogliono creare impatto e che scopo hanno rispetto all’impatto che generano verso la società proprio per riempire di contenuto quello che poi diventerà un obbligo normativo”.

Il rischio è quindi quello di snaturare un tema che invece, spiega Alessi, ha coinvolto in questi anni un numero sempre più alto di imprese, che hanno via via iniziato a vedere la sostenibilità sociale come qualcosa di locale – sono cresciuti i progetti realizzati in Italia -, anche per permettere il coinvolgimento della forza lavoro.

“In termini quantitativi c’è tantissimo interesse, oggi abbiamo quasi 3.000 Società Benefit in Italia che abbiamo mappato grazie alla ricerca che abbiamo realizzato sulle Società Benefit del nostro Paese. In termini qualitativi mi sento di dire che queste aziende rappresentano, potenzialmente, un nuovo modo di fare impresa, non solo un modo di fare sostenibilità e in questo vediamo una collocazione molto interessante per il futuro”.

Goodpoint, l’obiettivo per il futuro: crescere, ma non a tutti i costi

Anche Goodpoint ha continuato a crescere in questi anni, aumentando il numero di risorse interne da 2 a 13 e il numero dei soci da 2 a 4. Il 2022 è stato per l’azienda un momento di riflessione sull’evoluzione futura del progetto, sempre in chiave sostenibile.

“A noi piace quello che facciamo e crediamo che funzioni. Vogliamo ovviamente che questo progetto cresca, ma non a tutti i costi. Crediamo che la qualità di quello che facciamo e il modo in cui lo facciamo non sia, in questo momento, scalabile. Sicuramente c’è spazio per l’espansione, ma a patto di tutelare quello che facciamo”, conclude Alessi.

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Michelle Crisantemi
Michelle Crisantemi

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