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Fare venture building “per caso”: l’esperienza Techint



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Il venture building è un’attività difficile da industrializzare, per diversi motivi. L’opportunità di innovazione può nascere da asset tecnologici presenti in azienda. Come è accaduto in Techint, dove è nata una newco per produrre idrogeno, finanziata dal fondo di CVC del gruppo. Ecco come è andata e con quali risultati

Pubblicato il 21 feb 2024



Venture building
Photo by Dan Schiumarini on Unsplash

Come discusso in precedenti articoli, l’ultima moda nel mondo dell’Open Innovationè fare venture building, creare Venture Builder. Tutte le aziende sembrano volerli implementare, sebbene i risultati prodotti siano ancora limitati e ci siano diversi casi di aziende che li stanno già smantellando (qui l’esempio più rilevante è Launchpad di BP, ma ci sono ripensamenti anche in SAP e Telefonica).

Per tale ragione settimana scorsa, insieme a Global Corporate Venturing, abbiamo organizzato un webinar dedicato al Venture Building coinvolgendo aziende come Siemens Energy, DB Schenker, Commerzbank e Techint (qui il link per chi volesse riascoltarlo). Tema di discussione è stato ragionare se ci fossero delle practice consolidate per fare funzionare un Venture Builder.

Le sfide e le opportunità del venture building

Vi riassumo le principali evidenze emerse dalla discussione:

  • Il Venture Building è attività alquanto difficile da industrializzare visto la fortissima eterogeneità dei progetti oggetto di “costruzione”.
  • Pertanto, più che essere concepita come una Innovation Factory, dovrebbe seguire logiche più simili al Project Financing, ossia caso per caso.
  • Non ci sono ancora né practice diffuse né modelli. Tuttavia, per quanto non sia modellizzabile, è utile avere un framework di riferimento.
  • Molte aziende stanno applicando “Validation Sprints” per capire l’effettivo merito dei diversi progetti e le eventuali traiettorie implementative tra sviluppo interno o esterno (e, di necessità, fortemente idiosincratiche).
  • È difficile avere un dealflow continuo e solido di internal ventures: l’intrapreneurship, che è una delle fonti, produce spesso idee deboli, dalla ricerca e sviluppo sono pochi i progetti effettivamente scalabili, mentre il canale delle acquisizioni di startup early stage è più complesso e ancora relativamente poco utilizzato.
  • Di converso, l’opportunità di fare Venture Building può nascere dalla presenza all’interno dell’azienda di asset (tecnologie, progetti, IP) promettenti. Quest’ultima fattispecie, che potremmo definire “Venture Builder per caso” è più frequente di quanto si possa pensare. Dei quattro casi analizzati durante il webinar, le attività di Venture Building di Commerzbank e Techint sono al momento limitate ad un solo progetto.

Il caso Techint: il venture building “per accidente”

Abbiamo approfondito quest’ultimo caso con Andrea Siciliani di TechEnergy Ventures (il braccio di CVC del gruppo italo-argentino Techint che, con aziende come Tenaris, Tenova, Humanitas, spazia dall’impiantistica alla siderurgia, dall’ingegneria alla sanità) nella puntata di sabato di Innovation Weekly (qui il link per chi volesse riascoltarla).

Andrea racconta come il progetto che è oggi oggetto di Venture Building (ancora senza nome) sia nato per “accidente”.

Tenova, venti anni fa, aveva prodotto idrogeno provando un forno elettrico presso un cliente. Ai tempi produrre idrogeno a bassa emissione non era la priorità di nessuno e il progetto era stato accantonato visto che non aveva attinenza con le attività core di Tenova.

Il gruppo di investimento di Techint, costituito nel 2022 con una dotazione di 150 milioni di euro, è venuto a conoscenza di questa tecnologia. Essendo un fondo, dapprima ha fatto scouting esplorando il panorama competitivo e, appurato che la tecnologia che avevano in caso mostrava parametri superiori rispetto a quanto disponibile sul mercato. La scelta di sostenerne lo sviluppo in una logica di Venture Building è stata quindi presa in funzione della “possibilità che abbiamo (e che di conseguenza trasferiamo al progetto) di accedere alle competenze industriali del gruppo Techint”.

“Se l’idea fosse rimasta dentro Tenova, data la sua lontananza dal core business, sarebbe morta o si sarebbe mossa molto lentamente”.
È stata, quindi, portata fuori in una newco di cui TechEnergy Ventures ha finanziato interamente il pre-seed fino al disegno dell’impianto pilota e al deposito dei brevetti.

“Oggi la newco è pronta a raccogliere capitale anche da fondi di terzi”.
Per fare questo sono state create le condizioni: oltre al conferimento alla newco della proprietà intellettuale, è stato scelto un team esterno per guidarla e sono stati formalizzati gli accordi con Tenova affinchè possa beneficiare della competenze di questa ma abbia totale indipendenza, che è la premessa per poter aprire il capitale a terzi.

Venture builder: pro e contro

Quali sono le lesson learned da Andrea Siciliano?

  1. “Non avevamo nelle nostre idee di essere un Venture Builder visto che è attività dispendiosa che assorbe tanto tempo e capitale”.
  2. “Abbiamo totalmente sottostimato l’effort necessario per portare avanti il progetto”.
  3. “Avere un Venture Builder duplica il rischio: a quello dell’investimento si aggiunge il rischio della startup”. Però il profilo di rendimento è allineato al rischio.
  4. Lo rifarete? “Dipende molto dai risultati di questa esperienza”.

    Venture Builder: per caso sì, a caso no.

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