Export: metodi, strumenti e risultati per esportare con successo

In che modo una Pmi può maturare in tempi rapidi strategie, competenze e contatti per mappare i mercati esteri e migliorare costantemente le performance di vendita? Si può esportare con successo facendo leva sui Temporary Export Manager e sull’analisi dei dati. Parla Ivan Salvalaglio, direttore operations di Co.Mark

Pubblicato il 04 Ott 2019

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La proliferazione dei canali e degli strumenti digitali sul fronte del marketing e della collaboration aumenta le possibilità di esportare con successo e sta dando nuovo impulso all’export italiano. Per la prima volta, infatti, le aziende di piccole dimensioni hanno l’opportunità concreta di competere con organizzazioni più strutturate e dotate di budget ben più consistenti.

Come? Facendo leva sulle nuove tecnologie, che offrono flessibilità ed efficacia nell’esplorazione e nell’esecuzione di strategie per le vendite estere a costi contenuti. Avere i mezzi per provare ad approcciare nuovi mercati non equivale però a possedere anche le competenze e le conoscenze necessarie per riuscire ad affrontarli con successo. Ed ecco che in modo complementare alla comparsa di risorse tecnologiche accessibili on demand si fa strada la prassi del Temporary Export Management (TEM), una formula che consente alle Pmi e alle grandi aziende prive di una struttura dedicata di disporre del know necessario in tempi rapidi e con la flessibilità richiesta da progetti mirati.

Il Temporary Export Manager per esportare con successo

foto di Ivan Salvalaglio
Ivan Salvalaglio, direttore operations di Co.Mark

La figura professionale messa a disposizione delle imprese dagli specialisti di questo approccio è il Temporary Export Manager, una figura professionale altamente qualificata, specializzata nella ricerca di clienti e sviluppo delle vendite all’estero, che lavora gomito a gomito con le figure apicali dell’organizzazione non solo per indirizzare le azioni da intraprendere, ma anche per trasmettere la cultura dell’export all’interno dell’azienda. Per esportare con successo, alla componente umana va però necessariamente associata anche una sempre più importante componente analitica: i dati relativi ai mercati potenziali di espansione e soprattutto i record generati dalle buone pratiche sono essenziali per garantire risultati già nel breve termine. Abbiamo parlato del TEM e delle possibilità che offre alle aziende con Ivan Salvalaglio, direttore operations di Co.Mark, gruppo pioniere nella consulenza all’esportazione tramite servizi di Export Management.

In un’azienda che vuole cominciare a esportare come introdurre le conoscenze e il know how necessari? È davvero possibile farlo in tempi rapidi?

Il TEM è la formula ideale, in quanto nasce espressamente per quelle aziende che fanno startup di export o che vendono già all’estero, ma non in modo sistematico e strutturato. Permette di esplorare i canali ideali, le modalità di distribuzione più consone, aiuta a generare delle offerte per capire come si è posizionati su un determinato mercato, permettendo così di concretizzare le vendite con i clienti esteri, che è il risultato che interessa alle aziende. Il TEM consente di massimizzare il rapporto tra benefici e costi in tempi brevi, fermo restando che molto dipende dalla piazza che si affronta, dalla tipologia di prodotto che si vende e anche dalla modalità distributiva: una commodity a consumo ha logiche completamente diverse rispetto a una commessa specifica, così come le regole del gioco cambiano passando dall’intermediazione della GDO a una fornitura diretta al cliente finale. Più di ogni altra cosa, bisogna agire con metodo.

Noi entriamo in azienda e seguiamo il cliente a 360 gradi in tutte le attività di internazionalizzazione, creando un vero e proprio ufficio export in outsourcing, rivolgendoci a tutto il mondo delle PMI che fanno export frammentato, oppure a grandi imprese senza figure organizzate o strutturate che vogliono fare focus su mercati specifici e ancora inesplorati. L’iter proposto da Co.Mark prevede un’analisi preliminare sui mercati obiettivo, che permette di misurare variabili determinanti come l’interscambio commerciale, il benchmark dei competitor e il comportamento della concorrenza su specifici verticali. Ma vanno studiate anche l’incidenza dei costi di trasporto, le barriere all’ingresso, l’eventuale necessità di certificazione dei prodotti. Una volta elaborati i dati, ci si confronta con il cliente e si decide la strategia, scegliendo mercati e canali di distribuzione per azienda e prodotto. Già dopo cinque mesi, di solito, si hanno dati sufficienti per valutare le performance.

La trasformazione digitale del settore

Anche sulla scorta dello sviluppo dell’e-commerce B2B, internazionalizzazione fa sempre più rima con digitalizzazione: come può un’azienda rafforzare l’export integrando Internet con i canali di promozione e vendita tradizionali?

È un tema di forte attualità. Faccio un passo indietro per provare a spiegare l’importanza di questa integrazione. Nel mondo PMI i canali preferenziali per lo sviluppo all’estero sono tradizionalmente  il passaparola e le fiere. Ma non sempre sono la strada giusta per penetrare i nuovi mercati con un metodo strategico. In questo senso, specialmente nell’ottica del push/pull marketing, i canali e i mercati ideali possono essere potenziati con gli strumenti digitali, strategici come supporto all’attività commerciale nella generazione di lead. Dal posizionamento SEO alle condivisioni su Linkedin, passando per social media non professionali come Instagram e Twitter, questi canali se non sono ben gestiti sono però fini a se stessi. Per questo sul Digital siamo organizzati con una business unit dedicata. I marketplace online? La loro efficacia va valutata in base al canale di vendita di ciascuna impresa. Se l’azienda è un B2B e necessita di intermediari commerciali o rivenditori, l’attività online non è congrua. Se l’azienda si rivolge ai consumatori, allora è un’opportunità da prendere in considerazione, magari stipulando accordi con cataloghisti online.

Esportare con successo: l’approccio di Co.Mark

Sul piano della collaboration che strumenti consigliate alle aziende per esportare con successo e potenziare la presenza nei mercati di riferimento grazie al digitale?

Più che consigliarli, li utilizziamo in prima persona. L’approccio di Co.Mark alle PMI non consiste nel suggerire al cliente cosa deve fare, ma farlo per conto del cliente stesso. In termini pratici utilizziamo gli strumenti ricercando il risultato di vendita ed in parallelo formiamo i nostri clienti. Rispetto a collaboration e telepresenza, per noi la conference call con Skype è prassi quotidiana. Ma usiamo anche software dedicati, per esempio per le operazioni in Cina sfruttiamo WeChat, visto che tutti i buyer cinesi lavorano su quella piattaforma. Ci tengo però a dire che l’attività online non deve sostituire le azioni de visu. Le delegazioni per incontrare i clienti all’estero e creare empatia sono una parte fondamentale del lavoro. Soprattutto nell’incontro tra culture diverse, il prezzo è al 13esimo posto tra i fattori di successo, il primo è l’emozione.

Come si alimenta in azienda la cultura del servizio nei confronti di clienti di caratura internazionale?

Si costruisce un percorso condiviso con l’impresa, che si abitua gradualmente ma rapidamente al nuovo approccio e al contatto con culture diverse. È un vero e proprio affiancamento: ci si siede insieme anche per la prima call a distanza. Insegniamo il modo di porsi, di aprirsi correttamente e soprattutto a imparare dai primi inevitabili errori.  A supporto di queste attività correttive ci sono indagini di customer satisfaction di primo e secondo livello realizzate da Co.Mark. Una volta venduto il prodotto, indaghiamo sul grado di soddisfazione e forniamo reportistica continuativa all’azienda cliente. Dalla merce consegnata in ritardo alla campionatura approssimativa (cattive abitudini purtroppo diffuse nel mercato italiano), il cliente tara la propria attività dopo aver capito cosa sbaglia nel rapporto con gli interlocutori stranieri. Ovviamente sono tutte indicazioni che diamo preliminarmente ai nostri partner, ma pensiamo che il modo migliore per apprendere sia farlo attraverso la pratica sul campo.

Export e analisi dei dati

Ritorna il tema dell’analisi dei dati. È quindi una componente essenziale per adottare questo approccio ed esportare con successo…

Assolutamente, direi anzi che è il fiore all’occhiello di Co.Mark. La mappatura basata sull’analisi dei dati è essenziale per valutare i mercati prospect e impostare la fase strategica, ma poi l’aggiustamento delle operazioni avviene in corsa, ed è sempre grazie all’incrocio delle informazioni raccolte in itinere che siamo in grado di migliorare costantemente i risultati. Disponiamo di banche dati intelligenti che ci permettono di vendere facendo al tempo stesso marketing. E il nostro CRM interno è a completa disposizione del cliente, che può controllare in qualsiasi momento l’avanzamento dei lavori. Il cuore del sistema è però un software dedicato di proprietà intellettuale Co.Mark, International Sales Plan (ISP), che ci aiuta ad analizzare in modo dinamico i dati generati dall’operatività sul mercato e ad elaborare analisi non solo sui contatti interessati, ma anche sulle motivazioni di chi invece non ha risposto positivamente all’offerta. La nostra convinzione è che se non raccogli dati freschi, tarati sui clienti effettivi nel momento stesso in cui fai vendita, le possibilità di avere successo all’estero si riducono drasticamente. Ci sono infatti spesso competitor locali molto forti che non si riescono a individuare sfruttando i canali classici, e nemmeno facendo ricerche online: a volte se ne scopre l’esistenza solo in trattativa. Aggiungo che più gli algoritmi macinano dati, più il nostro software diventa efficace. Il che aiuta le aziende clienti a strutturarsi e ad andare su mercati esteri nuovi. D’altra parte, il nostro modello di business prevede un legame ai risultati che raggiunge il partner: spesso il progetto “temporary” si trasforma in una collaborazione a tempo indeterminato.

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Domenico Aliperto
Domenico Aliperto

Domenico Aliperto vive a Milano, dove si è laureato in Relazioni Pubbliche all’università IULM e dove segue da giornalista i temi dell’economia digitale e dell’innovazione tecnologica. Viaggia, scrive e all'occorrenza fotografa per testate nazionali e siti specializzati come CorCom, Digital4 e Pagamentidigitali.it. Ha collaborato con ItaliaOggi e Milano Finanza e con i magazine Capital, Business People e Bell’Italia.

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