OPEN WORLD

Dialogo con Vincenzo Di Nicola su Italia e Silicon Valley. Parole chiave: responsabilità e sense of urgency

Da un anno responsabile per l’Innovazione Tecnologica e la Trasformazione Digitale dell’Inps, Vincenzo Di Nicola è tornato in Silicon Valley, dove ha fatto la sua exit nel 2013. “Il principale valore del sistema italiano sono i lavoratori, ma serve rapidità e lasciare ai manager la responsabilità di scelte coraggiose”

Pubblicato il 25 Gen 2022

DiNicolaInnovit

Conosco Vincenzo di Nicola da oltre 10 anni. Erano i tempi in cui era impegnato a San Francisco a lanciare GoPago (che a fine 2013 verrò rilevata da Amazon). Ricordo le nostre discussioni a Bourbon & Branch. Di lui ho sempre apprezzato una concretezza mista ad ottimismo.

Qualche anno dopo Vincenzo, dopo un po’ di altre esperienze (tra cui Conio), è rientrato a fare base in Italia ove è diventato, all’inizio del 2021,  responsabile per l’Innovazione Tecnologica e la Trasformazione Digitale dell’Inps.

La settimana scorsa è tornato sul luogo dell’exit – la Silicon Valley – ed è passato a trovarci al nostro Mind the Bridge Innovation Center di Townsend Street.

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Vincenzp Di Nicola con Marco Marinucci nel Mind the Bridge Innovation Center di Townsend Street a San Francisco

Che cosa può imparare dalla Silicon Valley il sistema italiano?

Tra i problemi seri dell’imprenditorialità italiana c’è quello di pensare in piccolo. Qualche decennio fa si recitava questa frase come motivo di vanto: “piccolo è bello”. Le cose cambiano: nel 2022 piccolo è oblio, condannato dalla competizione internazionale che o ti assorbe o ti spazza via dal mercato. E la Silicon Valley te lo fa ben capire sin dall’inizio.

La primissima cosa che il sistema deve imparare dalla Silicon Valley è abbandonare la tiritera del “chi va piano va sano e va lontano”: ha prodotto e produce danni incalcolabili all’Italia. Deve invece abbracciare il cosiddetto “sense of urgency”: la rapidità di azione in momenti di crisi è vitale per far rilanciare l’impresa e farla prosperare.

Dalla Silicon Valley il sistema italiano deve anche capire l’assoluta importanza dei risultati tangibili. Ad esempio, troppo spesso in Italia si parla di “ricerca”. Bene. Ma la ricerca deve anche trovare soluzioni, e non invece essere un esercizio di stile. Altrimenti a cosa serve?

Su cosa l’Italia è migliore rispetto alla Silicon Valley?

L’Italia deve però finalmente apprezzare dei punti di forza che ha nei confronti della Silicon Valley. Ad esempio, in quanto a lavoratori, la Silicon Valley è terra di mercenari, che saltano da un’azienda all’altra per un pugno di dollari in più. Se da un lato questo migliora il profilo professionale ed economico dei lavoratori in Silicon Valley, dall’altro è assai tossico per le imprese che sanno di non poter mai fare pieno affidamento sui propri dipendenti: oggi qua, tra qualche mese in qualche altro lavoro.

L’Italia non ha in generale questo problema. Le persone sono molto più leali e lavorano con dedizione ai progetti: in questo modo l’impresa può pianificare a lungo termine. Dal confronto con la Silicon Valley l’importante è che il sistema italiano comprenda meglio il ruolo fondamentale del suo più grande asset: i lavoratori. E li renda partecipi dei successi dell’impresa tramite quote azionarie o stock options. È la norma in Silicon Valley, una rarità in Italia.

Quanto è importante per l’Italia avere un centro di innovazione in Silicon Valley come InnovIT?

Ho vissuto tanti anni in Silicon Valley. Riguardo una partecipazione attiva italiana in Silicon Valley ho sentito tante parole, visto arrivare politici in visita, ma raramente toccato fatti. Per questo sono felicissimo di vedere finalmente una vera iniziativa prendere corpo, e venire spinta dall’Ambasciata Italiana in USA e dal Ministero degli Esteri. Ringrazio Sergio Strozzi, Console a San Francisco, per avermi mostrato la settimana scorsa questa realtà ancora in costruzione, ma finalmente vicina al lancio.

È ossigeno. Innanzitutto un centro dell’Italia in Silicon Valley apre nuovi orizzonti culturali ai nostri imprenditori, che possono capire l’importanza del crescere (sia come prodotto che come mercato) e vedere negli occhi la competizione. E ovviamente un’antenna in Silicon Valley aiuta a captare i trend tecnologici emergenti e contribuire ad essi sin dall’inizio: diventare parte attiva, e non passiva, del cambiamento mondiale.

Il mio auspicio è che un centro come InnovIT non si fermi al lancio, ma venga costantemente supportato fino a quando non arriveranno le prime storie di successo. Creare un centro di innovazione è difficile, ma alimentarlo verso qualcosa che nel tempo si sostenga da sé lo è ancora di più.

Che piani di open innovation ha l’INPS?

In INPS promuoviamo e incoraggiamo idee e soluzioni innovative dall’interno dell’organizzazione. Siamo però consci che al giorno d’oggi queste debbano essere costantemente alimentate rapportandosi con startup, centri di ricerca, fornitori e professionisti esterni. Per questo, è fondamentale una apertura totale al mondo esterno per poterci potenziare con il meglio della tecnologia.

Ad esempio, in INPS miriamo a diventare un centro di eccellenza mondiale per l’Intelligenza Artificiale. Perché? È tecnologia di frontiera che serve in primis a migliorare i servizi e il rapporto con i cittadini. E, in aggiunta, aiuta anche a formare know-how, competenze moderne purtroppo ancora rare in Italia, da cui possa fiorire un ecosistema di rilancio del Paese.

Il mese scorso abbiamo ottenuto un importante riconoscimento da IRCAI, centro di ricerca internazionale dell’UNESCO sull’Intelligenza Artificiale: siamo stati premiati nella top 10 mondiale dei progetti che fanno uso estensivo di Intelligenza Artificiale per supportare i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ONU. Risultato di eccellenza che abbiamo ottenuto grazie a una collaborazione aperta con Accenture, un nostro fornitore.

Non vogliamo fermarci qua. Stiamo ad esempio iniziando collaborazioni universitarie, sia in Italia che all’estero, focalizzate sulla ricerca applicata. Sempre in tal senso, abbiamo finanziato anche borse di studio di dottorato in aree cardine per i nostri servizi: Data Science, Sicurezza Informatica, Crittografia, Intelligenza Artificiale, Esperienza Utente.

Sempre in tema di totale trasparenza, crediamo nell’equazione “soldi pubblici = codice pubblico”. Per questo l’anno scorso abbiamo inaugurato il nostro portale GitHub, che popoleremo sempre più con progetti sviluppati in INPS. E, sempre in ottica di collaborazione aperta, è stato in questo fondamentale il supporto di Developers Italia, del Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale.

A tal proposito, crediamo molto nell’Open Source. In INPS utilizziamo sempre di più software Open Source nei nostri progetti: ad esempio, il sito di segnalazione tecnica bugs bugs.inps.it si basa su Taiga, sistema di project management di una interessante startup europea, pubblicato in Open Source e che abbiamo adattato alle funzionalità dell’INPS. Non vogliamo reinventare la ruota, bensì prendere il meglio della tecnologia mondiale e dare anche il nostro contributo ad essa.

In tutto questo, è fondamentale il rapporto continuo e collaborativo con la comunità software. Suggerimenti sulle soluzioni da adottare, commenti su quelle scelte e anche critiche costruttive (assolutamente benvenute): è questa la strada migliore per crescere e offrire servizi sempre migliori ai cittadini.

Quanto le procedure possono essere di ostacolo per ingaggiare le migliori soluzioni di startup?

Inutile girarci intorno. Le leggi italiane attuali sono purtroppo di enorme ostacolo all’ingaggio di startup per dare impulso ai servizi. Ed è un grandissimo peccato e gigantesco spreco di opportunità.

Un piccolo inciso: oggi gran parte della vera innovazione nasce nelle startup e non più nelle grandi aziende. Non è infatti un segreto che le Google, Microsoft, IBM, Amazon di turno ormai facciano sempre più fatica a creare prodotti di avanguardia dall’interno, e preferiscano invece comprare startup da fuori che possano far fare loro il salto di qualità in settori specifici.

Per questo è ancora più deleterio per la Pubblica Amministrazione non avere una via diretta per poter lavorare con startup di eccellenza. Noi lo vogliamo, ma ci tocca essere creativi come MacGyver (il protagonista di una serie televisiva americana della seconda metà degli anni Ottanta, ndr.) per escogitare una qualche soluzione legale coi mezzi a disposizione prima ancora di iniziare a pensare alla sostanza delle soluzioni tecnologiche di aiuto al cittadino. Non deve essere così.

Se c’è un muro che va totalmente sfondato è il quadro normativo attuale che impedisce la libera scelta da parte dei valutatori. Io, in veste di Responsabile, voglio e devo avere l’autonomia di scegliere la soluzione che ritengo migliore. E in caso di sbaglio nella valutazione, devo essere ritenuto responsabile della decisione errata.

Nobody gets fired for choosing IBM”: nessuno è mai stato licenziato per aver scelto IBM. Era il mantra delle grandi organizzazioni americane negli anni Novanta, e sintetizzava questo pessimo principio: ossia la propensione dei responsabili di tecnologia (CTO, CIO, VP of Engineering) a scegliere soluzioni che mirassero in primis a salvaguardare il proprio lavoro prima ancora di pensare alla effettiva validità della soluzione (a scanso di equivoci, non ho nulla contro la IBM di oggi, anno 2022: la frase sopra è famosa ma vecchia, e si riferisce a meccanismi di qualche decennio fa in USA).

Che cosa frena il sistema italiano?

Purtroppo il sistema attuale italiano è spesso ancora paralizzato dalla paura di sbagliare: ci si ingessa limitando a rivolgersi a fornitori tradizionali, e non è detto che questi offrano sempre soluzioni moderne e al costo migliore. E comunque così si finisce per restringere la possibilità di scelta da parte del responsabile di tecnologia.

Che cosa serve per fare un salto in avanti?

Qui esprimo una mia opinione strettamente personale. Io ritengo assolutamente necessaria una riforma profonda sia degli appalti che delle procedure di Consip, la centrale acquisti dalla Pubblica Amministrazione: oltre a limitare il ventaglio di scelta di soluzioni moderne, i meccanismi attuali finiscono per lievitare i costi invece di abbatterli, come doveva essere nelle intenzioni. Un controsenso nocivo, sia per la Pubblica Amministrazione che per il cittadino. E, soprattutto, va ridata fiducia al ruolo del dirigente: avere responsabilità è la vera essenza del suo lavoro, e gli vanno dati tutti gli strumenti possibili per prendere la decisione migliore. Premiandolo per le scelte giuste, sanzionandolo per quelle che invece si rivelano poi essere sbagliate.

Libertà di scelta del dirigente. Capisco le paure di chi scrive le leggi, ma non si può imbrigliare un sistema in continua evoluzione tecnologica solo per paura del cattivo comportamento di una esigua minoranza. Sono invece certo che le energie positive che così si scateneranno saranno ordini di grandezza superiori rispetto alle temute controindicazioni.

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Alberto Onetti
Alberto Onetti

Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.

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