Il venture capital è uno dei motori più potenti dell’innovazione, ma spesso rimane una “scatola nera” anche per chi lavora nell’ecosistema startup. Come nasce un fondo? Chi lo finanzia? Come sceglie le imprese su cui investire? E in che modo genera valore e ritorni economici? Ecco un’analisi
Indice degli argomenti
Cosa fa davvero un fondo di venture capital
Un fondo di venture capital (VC) è uno strumento finanziario professionale che raccoglie capitali da investitori privati e istituzionali per investirli in startup innovative ad alto potenziale.
Il suo ruolo non è solo mettere soldi: un VC identifica talenti, modelli di business emergenti, mercati che stanno cambiando, e ha l’obiettivo di accelerare la crescita delle aziende in portafoglio fino a farle diventare player significativi nei loro settori.
Il VC è, tecnicamente, una forma di private equity early stage, caratterizzata da tre elementi distintivi:
- rischio molto elevato, perché le startup sono giovani e i dati storici sono limitati;
- orizzonte di lungo periodo, tipicamente 7-10 anni;
- strategia di portafoglio, dove una piccola parte degli investimenti deve compensare molte operazioni a rendimento zero o negativo.
Un fondo di VC investe in piccole quote, supporta la governance, affianca i founder, favorisce partnership con corporate e investitori, e lavora per aumentare il valore dell’azienda fino al momento dell’“exit” (la vendita della partecipazione).
In sintesi: il VC è un acceleratore artificiale di crescita imprenditoriale, essenziale nei sistemi economici avanzati.
Come nasce un fondo di venture capital: raccolta, regole e struttura
La nascita di un fondo inizia molto prima della prima operazione. Il processo di creazione – il fundraising – richiede mesi, talvolta anni, e coinvolge cinque passaggi fondamentali.
La tesi di investimento
È il cuore del fondo: definisce cosa farà, come e perché.
Una tesi indica:
- i settori (es. AI, biotech, fintech, climate tech)
- la fase: pre-seed, seed, early-stage, growth
- il ticket medio
- la geografia
- il tipo di supporto operativo offerto
Le tesi dei fondi americani e israeliani sono spesso molto verticali; in Europa, più bilanciate e generaliste.
La raccolta dei capitali (fundraising)
Chi finanzia un fondo di VC? Principalmente:
- fondi pensione e casse di previdenza
- fondi sovrani
- fondazioni bancarie
- assicurazioni
- family office
- corporate interessate all’innovazione
- banche e SGR
- investitori privati ad alta patrimonializzazione
Questi investitori sono chiamati Limited Partner (LP): partecipano economicamente ma non gestiscono il fondo.
I gestori del fondo: i General Partner
I GP sono la “testa” del fondo. Hanno responsabilità illimitata nella gestione e prendono tutte le decisioni sugli investimenti.
La loro credibilità – track record, reputazione, network – è ciò che convince gli LP a investire.
I veicoli giuridici
Un fondo può assumere forme diverse a seconda del Paese.
In Italia i principali strumenti sono:
- FIA (Fondo di investimento alternativo) gestiti da SGR
- ELTIF (European Long Term Investment Fund)
- Fondi chiusi mobiliare
Negli USA prevalgono Limited Partnerships (LP) con regole più flessibili.
Il closing
Il fondo nasce formalmente solo quando raggiunge una dotazione minima (first closing).
In genere:
- fondi seed: 20–40 milioni
- fondi early: 50–100 milioni
- fondi growth: 200–500 milioni o più
Dopo il closing inizia la fase di investimento.
Chi c’è dietro un fondo: ruoli, competenze e dinamiche interne
Un fondo è un’organizzazione complessa, con profili altamente specializzati.
Managing Partner
È la figura più rilevante. Definisce la strategia e mantiene i rapporti con gli investitori istituzionali.
L’investment team include:
- Principal / Investment Director: guida operazioni e dealflow
- Associate: screening, analisi, modellazione finanziaria
- Analyst: ricerca e scouting
- Operating Partner: supporto su marketing, scaling, tech, vendite
- Venture Partner: imprenditori o manager che aiutano nella selezione delle startup
L’Advisory Board include - esperti e imprenditori che offrono visione strategica. In molti casi, soprattutto negli USA, sono figure di grande prestigio (ex CEO di Big Tech, founder seriali, professori universitari).
Come investe un fondo: criteri, due diligence, governance
Quando un fondo diventa operativo, inizia il lavoro più delicato: trasformare la tesi di investimento in un portafoglio reale di startup. È una fase fatta di ricerca, valutazione e costruzione di relazioni. Non è un processo meccanico, ma un equilibrio tra analisi razionale e intuizione imprenditoriale.
Dove nascono le opportunità: lo scouting continuo
Le migliori operazioni non arrivano quasi mai da una candidatura casuale. I fondi che funzionano meglio hanno un flusso costante di opportunità (dealflow) alimentato da:
- founder già conosciuti
- università e incubatori
- corporate con cui collaborano
- altri VC
- community tech e conferenze
- segnalazioni interne
Un buon fondo vede migliaia di progetti l’anno. La scrematura è brutale: per ogni startup che riceve un investimento, ce ne sono centinaia che vengono analizzate e scartate dopo pochi minuti, e decine che arrivano alla valutazione approfondita ma non superano l’ultimo miglio.
Ridotto all’essenziale: meno dell’1% dei pitch diventa un investimento.
La due diligence: capire se la startup “regge”
Superata la prima selezione, si entra nella due diligence, un momento cruciale in cui il VC cerca di capire se la visione dei founder può davvero trasformarsi in un’azienda sostenibile.
La due diligence non è solo un controllo dei conti: è una radiografia completa del progetto.
I fondi analizzano:
- il mercato, per capire se esiste spazio reale per crescere;
- la tecnologia, verificando che sia solida e difendibile;
- il team, valutando competenze, coesione e capacità di esecuzione;
- i numeri, anche se nelle fasi early-stage sono più previsionali che storici;
- gli aspetti legali, dal cap table ai contratti, fino alla proprietà intellettuale.
È un processo che richiede tempo: poche settimane nei round seed, diversi mesi nei round più grandi.
E, soprattutto, richiede fiducia reciproca.
Molti VC sostengono che l’investimento non si decide sulla base dei fogli Excel, ma del giudizio sul team: un prodotto debole può cambiare, un team debole no.
Il term sheet: la fase in cui si costruisce la partnership
Se la due diligence va a buon fine, il passo successivo è il term sheet, un documento che definisce i punti chiave dell’accordo tra il fondo e la startup.
Qui si gioca la partita strategica.
Si discutono valutazione, quote, diritti di voto, strumenti finanziari, protezioni in caso di exit, presenza nel CdA e milestone future.
Non è una mera formalità: il term sheet stabilisce come le parti lavoreranno insieme nei prossimi anni.
Il VC non cerca il controllo totale dell’azienda, ma vuole avere protezione e visibilità, oltre alla possibilità di influenzare le decisioni strategiche. È un compromesso che deve tutelare:
- l’imprenditore, evitando ingerenze eccessive;
- il fondo, che deve rispondere ai propri investitori.
La vita dopo l’investimento: molto più che capitale
Una volta firmato l’accordo, l’investimento non è affatto “concluso”: è appena iniziato.
I fondi migliori diventano partner attivi.
Affiancano i founder nel definire le strategie, aprono porte commerciali, aiutano a costruire un team di qualità, offrono supporto operativo, facilitano nuove partnership con corporate e preparano l’azienda ai round successivi.
E poi ci sono i follow-on, ossia gli investimenti aggiuntivi che molti fondi effettuano nei round futuri per sostenere le aziende che mostrano trazione. È un modo per proteggere l’investimento e aumentare l’esposizione verso le startup più promettenti.
In parallelo, il VC partecipa alla governance: spesso siede nel Consiglio di Amministrazione, riceve report regolari e monitora gli indicatori chiave. Non per controllare ogni scelta, ma per garantire che la crescita avvenga in modo sano e coerente con la strategia.
Come guadagna un fondo: fee, carried interest e logica di portafoglio
Capire come guadagna un fondo di venture capital è essenziale per comprendere il suo comportamento.
Un VC non ragiona come un investitore tradizionale: non punta a flussi di dividendi né a rendimenti regolari, ma a poche grandi vittorie. L’obiettivo è semplice nella teoria, complesso nella pratica: trasformare alcune startup in “campioni” capaci di ripagare l’intero fondo.
Il modello economico si basa su tre pilastri: le commissioni di gestione, la quota di profitto (carried interest) e l’approccio statistico al portafoglio.
Le management fee: il “motore” che tiene acceso il fondo
La prima fonte di ricavi è la management fee, una commissione annuale che gli investitori (gli LP) pagano ai gestori (i GP) per mandare avanti l’organizzazione.
Di solito è intorno al 2% del capitale impegnato.
Queste fee non arricchiscono i gestori: servono per far funzionare la macchina.
Coprono:
- stipendi del team
- costi operativi (uffici, viaggi, eventi)
- consulenze per due diligence
- spese legali e amministrative
- tecnologia e software di analisi
In altre parole: la management fee permette al fondo di lavorare per 8, 10 o più anni, il tempo necessario per portare le startup dal seed all’exit.
Il carried interest: dove si genera il vero guadagno dei VC
Il vero incentivo economico dei General Partner è il carried interest, cioè la quota di profitto che spetta ai gestori quando il fondo crea valore.
Funziona così:
- Il fondo investe, ad esempio, 100 milioni.
- Se dopo 10 anni restituisce 150 o 200 milioni agli investitori, i primi 100 milioni tornano agli LP.
- L’eccedenza – i profitti – viene divisa: tipicamente il 20% ai GP, l’80% agli LP.
Se il fondo non supera il capitale investito, i GP non ricevono carried interest.
Il messaggio è chiaro: il successo del fondo deve essere prima di tutto il successo degli investitori.
Questo meccanismo allinea gli incentivi: i gestori guadagnano solo se la strategia di investimento genera imprese di valore.
La logica del portafoglio: poche stelle, molti fallimenti
Il venture capital non è un business fatto di certezze.
È un gioco di probabilità, e i fondi lo sanno perfettamente.
Una regola molto citata nell’ecosistema è:
- 50% delle startup in portafoglio non genereranno ritorni significativi
- 30% rientrerà del capitale investito
- 10-20% porterà performance positive
- 1 o 2 aziende ripagheranno l’intero fondo
Sono i cosiddetti outlier, le startup che crescono in modo esponenziale e diventano società internazionali (unicorni, decacorni o più semplicemente aziende solide e molto profittevoli).
Per questo un fondo non cerca rendimenti costanti, ma “home run”, colpi di mazza che cambiano il valore complessivo del portafoglio.
La logica è semplice:
un investimento straordinario deve compensare decine di operazioni che non performeranno.
Da qui derivano tre comportamenti tipici dei VC:
- Preferiscono mercati enormi, perché solo in mercati vasti una startup può crescere 10x o 100x.
- Spingono per la scalabilità, non per la marginalità immediata.
- Supportano i round successivi, aumentando la propria esposizione sulle aziende che stanno funzionando.
È una logica selettiva, dura, ma necessaria per generare valore in un settore dove il rischio è altissimo e il tempo di ritorno molto lungo.
I modelli internazionali: cosa insegna chi fa VC da decenni
Stati Uniti: la culla del venture capital
La Silicon Valley ha definito il paradigma globale.
Fondi come:
- Sequoia Capital
- Andreessen Horowitz (a16z)
- Kleiner Perkins
- Benchmark
- Accel
hanno investito in aziende che oggi valgono decine o centinaia di miliardi (Airbnb, Stripe, Meta, Google, Databricks).
Le loro caratteristiche:
- fondi di grandi dimensioni
- forte cultura founder-friendly
- presenza massiccia di operating partner
- network globali
- focus su innovazioni radicali
Il loro motto, spesso implicito: “Go big or go home”.
Israele: il modello startup nation
Il VC israeliano è costruito su un triangolo virtuoso:
- ricerca militare (Unit 8200)
- università tecniche di altissimo livello
- programmi governativi pubblici-privati
Fondi come Pitango, Viola Ventures e OurCrowd dominano settori come cybersecurity, deeptech e AI.
La caratteristica distintiva: competenze tecniche molto elevate e una propensione al rischio maggiore della media europea.
Europa: un ecosistema in crescita accelerata
Nonostante la frammentazione normativa, l’Europa sta emergendo.
I principali attori:
- Atomico (fondata dal co-founder di Skype)
- Balderton Capital
- Northzone
- EQT Ventures
- Index Ventures (tra Londra e San Francisco)
Regno Unito, Francia, Germania e Paesi Nordici guidano la crescita.
La Francia ha costruito un modello pubblico-privato tra i più avanzati, grazie a Bpifrance, che è diventata una delle principali forze VC d’Europa.
Italia: un mercato più giovane ma in evoluzione
Stando ai dati del VeM (Venture Capital Monitor), realizzato dall’Osservatorio Venture Capital Monitor – VeM della Liuc Business School, nel 1° semestre 2025 in Italia, escludendo i deal solo business angel, il mercato complessivo ha raggiunto 523 milioni di euro su 153 operazioni, in calo di capitali ma con più round rispetto all’anno prima.
La componente “italiani all’estero” si riduce sensibilmente. Le corporate restano presenti in circa un quinto dei deal. L’early stage tiene il passo: vale 465 milioni di euro con circa 156 round tra VC/CVC e sindacati con business angel stimati.
A dominare sono Seed e Startup capital, mentre i later stage restano pochi. L’ICT si conferma il primo settore, con l’Healthcare subito dietro. Il baricentro resta in Italia, che pesa più dei deal su target estere.
Nel technology transfer prosegue l’attività con un effetto leva cumulato superiore ai 500 milioni dal lancio dei programmi. In sintesi: meno capitali rispetto al primo semestre 2024 ma più operazioni, segnale di un mercato vivace sulle fasi iniziali e sostenuto da una presenza corporate stabile
Negli ultimi anni l’Italia ha assistito a una notevole espansione degli operatori:
- CDP Venture Capital, oggi il più grande investitore del Paese
- P101 con i programmi Programma 103 e Azimut
- United Ventures
- Primo Ventures (deeptech, space economy)
- LVenture Group
- Italian Founders Fund, il nuovo fondo dei founder italiani
- Corporate VC come Intesa Sanpaolo Innovation Center, A2A, Enel, Generali, Angelini, Sella
Il grande passo ancora da compiere è la crescita dei fondi growth nazionali: oggi molti round sopra i 20-30 milioni vedono come protagonisti fondi esteri.
Perché il VC è cruciale per l’economia dell’innovazione
Un fondo di venture capital è una delle infrastrutture immateriali più importanti per:
- far nascere nuove imprese
- attrarre talenti
- portare tecnologie sul mercato
- promuovere la competitività europea
- generare nuovi posti di lavoro qualificati
- trasformare la ricerca in prodotti e aziende scalabili
Le economie che crescono più velocemente (USA, Israele, Corea, Singapore, UK) sono quelle dove il VC è più maturo.
In definitiva, un fondo di venture capital non è un semplice investitore.
È un costruttore di opzioni future: finanzia ciò che oggi sembra rischioso ma che domani può cambiare un settore, una filiera o una città.
Nel momento in cui un fondo decide di investire in una startup, non compra solo una quota di equity: compra una promessa.
La promessa che l’innovazione – con capitale, competenze e coraggio – può diventare valore economico, competitività e crescita per tutto il sistema Paese.





