AI TRANSFORMATION

Come cambia il ruolo dei manager con l’AI: strumenti, competenze emergenti e nuove sfide sul lavoro



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L’AI non eliminerà i manager, ma ne ridefinirà il ruolo, spostando il focus dal controllo operativo alla leadership strategica, etica e umana. Ecco come

Pubblicato il 16 set 2025

Silvia Pugi

vicesegretario CEC European Managers



Manager: come cambia il loro ruolo con l’AI
Manager: come cambia il loro ruolo con l'AI

L’Intelligenza Artificiale sostituirà i manager? Davvero le aziende saranno gestite da software? Non credo.

L’IA sta rivoluzionando il mondo del lavoro, ed i manager non fanno eccezione. L’IA è sempre più parte del loro quotidiano, come strumento di supporto per automatizzare attività e risparmiare tempo, ma l’AI non eliminerà i manager, piuttosto ne ridefinirà il ruolo, spostando il focus dal controllo operativo alla leadership strategica, etica e umana.

L’IA come alleato dei manager: gli strumenti a disposizione

Nell’attività quotidiana, l’IA agisce come un copilota per il manager, potenziandone le capacità e velocizzando le attività in molte aree:

  • Nel processo decisionale, piattaforme di Business Intelligence come Tableau o Microsoft Power BI utilizzano l’IA per analizzare in pochi istanti enormi volumi di dati e identificare trend e scenari predittivi.
  • Nella gestione delle relazioni con i clienti (CRM), l’IA di Salesforce Einstein fornisce insight predittivi sulle vendite
  • Sul piano operativo e di project management, strumenti come Trello usano l’IA per automatizzare i flussi di lavoro
  • Per la comunicazione ed il marketing l’IA generativa dei vari LLM o Jasper può creare bozze di report e comunicazioni, facilitando la condivisione delle conoscenze all’interno del team.
  • Software HR come Workday automatizzano lo screening dei curricula.
  • Applicazioni come Otter.ai o Granola.ai trascrivono e riassumono le riunioni, da quelle del board a quelle più informali del team.

Se l’AI spinge i senior, come si formeranno i manager del futuro?

Per ora l’AI non sembra aver intaccato i livelli d’occupazione dei manager. Anzi.

Una ricerca su quasi 285.000 aziende statunitensi (Hosseini & Lichtinger, 2025) mostra che, a partire dal primo trimestre del 2023, le aziende che adottano l’AI hanno ridotto drasticamente le assunzioni di figure junior, mentre l’occupazione dei senior ha continuato a crescere.

Questa tendenza suggerisce che l’AI stia erodendo i primi gradini della carriera, questo è particolarmente evidente per i ruoli di rep supporto vendite/ call center e per i programmatori.

Il calo non è dovuto a licenziamenti, ma a un forte rallentamento delle assunzioni di neolaureati. Nelle stesse aziende, però, sono aumentate le promozioni dei junior già presenti. Questo indica un possibile cambio di strategia: da un lato si riduce la domanda di nuove leve per compiti automatizzabili, dall’altro si alza il valore relativo dei junior già presenti in azienda, che vengono promossi più rapidamente a ruoli senior.

Qui emerge una domanda: se l’AI automatizza i ruoli junior e le aziende ne riducono progressivamente le assunzioni, come si formeranno i manager di domani?

Se davvero la pipeline di futuri manager si sta assottigliando, chi gestirà le aziende?

Ridefinire il ruolo dei manager

È improbabile che l’AI rimpiazzi completamente i manager. Il loro ruolo, tuttavia, è destinato a una radicale ridefinizione. L’AI può automatizzare molte attività di controllo e reporting – come l’analisi dei dati di performance, il monitoraggio dei budget e la pianificazione delle attività – liberando tempo prezioso.

Questo però non elimina la necessità della figura manageriale, ma ne sposta il focus verso competenze squisitamente umane e non automatizzabili: la comprensione del contesto, la gestione dei conflitti, il mentoring, il pensiero strategico, le considerazioni etiche.

Nell’era dell’AI, la leadership si concentrerà sull‘ispirare una visione, costruire un clima di fiducia e sicurezza psicologica, gestire le dinamiche emotive di un team e responsabilizzare le persone.

I manager diventeranno oltre che gestori di persone, anche “manager” di sistemi AI, con il compito di selezionare gli strumenti giusti, addestrarli con dati pertinenti, interpretarne gli output e garantire che la tecnologia sia allineata agli obiettivi e ai valori aziendali.

In questo contesto, come sostenuto da CEC European Managers, si afferma il “diritto a un manager umano”: una persona fisica, accessibile e responsabile delle decisioni finali, anche quando queste sono supportate dall’AI  (Leadership and partnerships for purposeful AI – 2024).

Far funzionare l’intelligenza artificiale in azienda: come reagire alla “stanchezza dell’AI”?

Dopo l’entusiasmo iniziale verso l’AI come panacea di tutti i mali, spesso ci si accorge che i risultati tardano ad arrivare e si sta diffondendo una certa “stanchezza” da AI.

Il problema non è la tecnologia in sé, ma come le aziende la integrano: per funzionare davvero, l’introduzione dell’AI in azienda ha bisogno di essere accompagnata anche da cambiamenti nell’organizzazione e nei processi.

Un report del MIT ha mostrato che il 95% dei progetti pilota di AI non ha portato benefici economici significativi (MIT Media Lab, NANDA Initiative, 2025), a causa di un “learning gap” organizzativo. Un po’ come già sperimentato in generale con la digitalizzazione, i veri benefici si otterranno solo quando le aziende smetteranno di forzare l’AI dentro processi e logiche del passato, ma ripenseranno l’organizzazione in chiave AI.

Le nuove competenze chiave per i manager

Le competenze richieste ai manager cambiano rapidamente. Diventa fondamentale possedere una solida fluency digitale: non serve saper programmare, quanto capire la logica, le potenzialità ed i rischi della tecnologia, per poterla sfruttare e governare in modo strategico.

Le competenze che stanno emergendo:

  • Leadership umana e intelligenza emotiva: in un mondo sempre più automatizzato, la capacità di motivare, ispirare fiducia, gestire l’ansia legata al cambiamento e comunicare con empatia diventa il vero fattore competitivo e differenziante.
  • Pensiero critico ed etico: i manager dovranno garantire un uso responsabile dell’AI, agendo come “human-in-the-loop” per supervisionare le decisioni degli algoritmi, assicurandosi che siano equi, trasparenti e allineati ai valori aziendali. Sarà loro compito promuovere la diversità nei team di sviluppo per mitigare i bias intrinseci nei dati.
  • Visione strategica e sistemica: la questione non è solo integrare l’AI nei processi esistenti, ma re-immaginare i modelli di business. I manager dovranno ridisegnare i flussi di lavoro per sfruttare appieno le potenzialità dell’IA e creare nuovo valore.
  • Capacità di co-creazione: i leader dovranno promuovere una cultura della collaborazione e facilitare il dialogo tra i vari stakeholder, interni ed esterni all’azienda, per progettare e implementare sistemi AI che portino un valore condiviso e sostenibile.

Leadership per un’AI all’europea

Per le aziende in Europa, questo significa andare oltre il pur necessario approccio normativo basato sulla gestione del rischio dell’AI Act. Serve una visione proattiva per un AI che integri la dimensione tecnologica con quella di business, etica e umana.

La transizione in atto non è solo tecnologica, ma di leadership.

In un mondo sempre più automatizzato, il manager del futuro abbandona il ruolo di controllore di processi per diventare un architetto di ecosistemi uomo-macchina, un coach per il talento umano e un garante dei valori etici.

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