Il libro

Come affrontare le crisi da eccesso di innovazione

Il rischio più grande per chi crea aziende disruptive può arrivare da tribunali o authority. Come è accaduto per Uber. Gianluca Comin nel suo nuovo libro “L’impresa oltre la crisi” raccoglie casi e spunti di riflessione che tornano utili anche per gli startupper. Che cos’è il caso PizzaBo se non una prova di fuoco per il nuovo azionista JustEat?

Pubblicato il 31 Mar 2016

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Gianluca Comin

Per chi fa innovazione la crisi è sempre in agguato. E a procurarla non sono, come spesso capita nell’economia tradizionale, errori interni all’azienda o attacchi dall’esterno. “Una difficoltà seria, che implica la sospensione del servizio, può invece giungere da provvedimenti che arrivano da tribunali e autohority, ma anche da leggi del Parlamento o decreti governativi”, scrive Gianluca Comin nel suo nuovo libro “L’impresa oltre la crisi”. Si riferisce a UberPop, che viene portata come esempio della nuova economia digitale con nuovi soggetti disruptive che sono sempre sull’orlo di una crisi normativa. Basti pensare a quanto è successo con CoContest, la startup che ha creato una piattaforma di crowdsourcing per designer e architetti oggetto di interrogazione parlamentare, o con Gnammo, la piattaforma di social eating che ha rischiato il blocco per l’interpretazione restrittiva di una risoluzione del Ministero dello sviluppo economico. Ma anche la prima vertenza sindacale di una startup italiana che italiana più non è, PizzaBo, rappresenta un caso di crisi per JustEat, il gruppo inglese che ha rilevato la società bolognese da Rocket Internet e adesso si ritrova con 34 dipendenti che non vogliono spostarti da Bologna a Milano.

Gianluca Comin, giornalista diventato manager, nel libro distilla oltre 20 anni di esperienza alla guida della comunicazione di grandi aziende come Telecom, Montedison ed Enel, dove è stato fino al 2014 quando ha fondato la sua startup, l’agenzia Comin e Partners. E raccoglie gli spunti e le riflessioni portati agli studenti del corso di Strategie di comunicazione che tiene alla Luiss di Roma. Dal dieselgate Volkswagen al #boicottabarilla, dal naufragio della Costa Concordia agli effetti del terremoto emiliano sui produttori di Parmigiano, dalle fasi di una gestione d’emergenza all’impatto dei social network sull’amplificazione di una crisi. Un manuale diluito nei casi, che non si ferma davanti alle nuove frontiere della comunicazione.

La copertina del libro di Gianluca Comin ''L'impresa oltre la crisi''

Se tradizionalmente a scatenare la crisi erano eventi naturali, attacchi criminali, infedeltà aziendali o errori manageriali nella nuova economia digitale il rischio in agguato è di solito normativo. Chi fa innovazione per forza di cose deve andare oltre a quanto previsto dalle regole, deve immaginare qualcosa che non c’è stato e non c’è ancora e spesso diventa persino un “fuorilegge”. Senza arrivare a questo limite, l’impresa disruptive si muove in zone di ambiguità che possono lasciare spazio a interventi sanzionatori o a reazioni che possono mettere a repentaglio il suo percorso economico. Basti pensare ad Airbnb e alle reazioni dell’hotelerie tradizionale fino al caso più clamoroso di Uber e UberPop che ha scatenato le reazioni, anche violente, dei tassisti in tutta Europa.

“Il punto è che la nostra legislazione in materia di trasporto pubblico è stata scritta nel 1992, quando le possibilità offerte dalle nuove tecnologie non erano pensabili e anche i consumatori avevano altre abitudini”, scrive Comin, che sottolinea quanto la strategia di marketing e comunicazione di Uber sia stata allo stesso tempo aggressiva e conciliante, quando ad esempio ha lanciato a Roma, nel periodo prenatalizio, la LineaU, un servizio di collegamento fra alcune fermate di mezzi pubblici. È comunque solo questione di tempo e le norme d’inizio anni 90 dovranno essere adeguate ai tempi, come hanno del resto già sollecitato le Authority dei trasporti e quella per il Mercato e la Concorrenza.

Se la crisi è sempre in agguato, chi vuol essere davvero disruptive deve essere preparato a fronteggiarla. Ecco perché gli insegnamenti che si ricavano da “L’impresa oltre la crisi” sono molto utili per uno startupper. Con l’augurio di non doverli mai applicare. Insomma, questo è un libro che va preso un po’ come scome una polizza assicurativa.

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