INNOVATION GOVERNANCE

Attenzione all’innovazione episodica: Rita McGrath spiega perché in azienda serve continuità



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Rita McGrath alla Business, docente di strategia e management alla Columbia Business School, evidenzia come l’innovazione aziendale continua debba diventare una capacità strutturale. Processi formali, leadership orientata all’apprendimento e reti di competenze sono elementi chiave per la crescita in contesti competitivi

Pubblicato il 28 nov 2025



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Le riflessioni di Rita McGrath, accademica in gestione strategica americana e professoressa di management presso la Columbia Business School, offrono una chiave di lettura utile per comprendere come l’innovazione aziendale continua non sia più un’opzione, ma un requisito strutturale per competere in mercati caratterizzati da vantaggi temporanei e trasformazioni rapide. Condivise in un suo intervento alla Business of Software Conference 2013, le analisi dedicate al ruolo dell’innovazione e della leadership evidenziano come molte aziende continuino a trattare la ricerca di nuove soluzioni in modo irregolare, alternando fasi di grande slancio a lunghi momenti di immobilità. Un approccio che, secondo la studiosa, non consente di costruire la resilienza necessaria a gestire cicli competitivi sempre più brevi.

Chi è Rita McGrath

Rita Gunther McGrath è una studiosa americana di management strategico, tra le massime esperte mondiali di strategia, innovazione e imprenditorialità.
È professoressa alla Columbia Business School, dove insegna dal 1993, ed è stata a lungo punto di riferimento nei programmi MBA ed Executive Education.
È diventata nota per aver sviluppato il concetto di discovery-driven planning, uno degli approcci che hanno anticipato la filosofia “lean startup”, e per la teoria della “transient competitive advantage”, secondo cui i vantaggi competitivi oggi sono per natura temporanei.
Ha scritto libri influenti come The End of Competitive Advantage e Seeing Around Corners, dedicati a come guidare la crescita in contesti di forte incertezza e a riconoscere per tempo i punti di svolta nei mercati.
È tra le autrici più pubblicate su Harvard Business Review, con articoli che hanno segnato il dibattito manageriale su innovazione, rischio e fallimento imprenditoriale.
Nel ranking Thinkers50 è stabilmente tra i primi 10 management thinker al mondo.
Prima della carriera accademica ha lavorato nella pubblica amministrazione, in ambito IT e ha fondato due startup, esperienza che alimenta il suo focus su innovazione “dal campo” e corporate entrepreneurship.
È fondatrice della piattaforma di innovazione Valize e conduce il podcast/newsletter “Thought Sparks”, attraverso cui diffonde regolarmente analisi su strategia e trasformazione digitale.

Perché l’innovazione episodica non basta più

McGrath osserva che in molte organizzazioni la spinta innovativa compare soltanto quando emerge un senso di urgenza interna, spesso innescato da figure apicali. Come racconta, “in troppe organizzazioni l’innovazione è qualcosa che definirei episodica”. Descrive situazioni in cui un dirigente annuncia la necessità di innovare, avvia una struttura dedicata e ottiene qualche risultato per un periodo limitato, “fino a quando quella persona cambia ruolo o il contesto interno cambia, e allora tutto scompare”.

Il problema, spiega, è che questo modello non crea competenze durature. Per competere in contesti soggetti a rapidi spostamenti, l’innovazione dovrebbe essere trattata “con la stessa sistematicità dei processi di qualità o di progettazione”. Una funzione aziendale stabile, dotata di responsabilità chiare, budget, ritualità, procedure di raccolta e selezione delle idee, percorsi di incubazione e criteri per l’allocazione dei fondi.

Secondo McGrath, molte aziende ignorano inoltre un elemento fondamentale: esiste già molto sapere codificato su cosa renda efficace un processo di innovazione, ma “le aziende continuano a reinventarlo da zero”, spesso senza competenze specifiche o senza strutture dedicate.

Leadership e apprendimento continuo: il ruolo della discovery-driven strategy

Nella prospettiva della studiosa, il cuore dell’innovazione aziendale continua non è tanto l’invenzione in sé, quanto la capacità di apprendere in modo sistematico. McGrath descrive una trasformazione necessaria nei modelli di leadership, destinati a passare “dal bisogno di dimostrare di avere ragione a un approccio guidato dalla scoperta”. Significa che i leader efficaci devono essere disposti ad accogliere nuove evidenze, ad aggiornare le ipotesi di partenza e a modificare i piani sulla base di ciò che viene appreso lungo il percorso.

La strategia, in questa visione, non consiste nel raggiungere rigidamente gli obiettivi iniziali, ma nel “procedere per tappe, imparando ciò che serve per arrivare alla fase successiva e accettando eventuali cambi di direzione”. Questo metodo assicura alle organizzazioni una maggiore adattabilità: se il contesto cambia, il processo decisionale può aggiornarsi senza che il cambiamento venga percepito come una crisi.

McGrath sottolinea che questa mentalità è ancora poco diffusa, perché molte aziende continuano a premiare la prevedibilità, la fedeltà ai piani e la stabilità dei risultati. Tuttavia, tali metriche funzionano solo quando il contesto è lineare. Nelle fasi in cui un vantaggio competitivo si erode rapidamente, la capacità di apprendimento conta più della fedeltà alle previsioni.

Dalle competenze individuali alle competenze di rete: un nuovo paradigma per i team

Un altro elemento rilevante nel ragionamento della studiosa riguarda l’evoluzione delle competenze e dei modelli organizzativi. McGrath descrive il caso di una giovane analista che completa un progetto in una settimana anziché in due mesi, organizzando spontaneamente un team virtuale di persone con competenze complementari. “Ha assemblato un team virtuale di dieci persone appartenenti a diverse organizzazioni, ognuna delle quali ha portato il proprio talento”. La stratega interpreta questo comportamento come segnale di un cambiamento profondo: le reti professionali diventano più importanti delle strutture interne, e la capacità di attivare rapidamente relazioni di valore contribuisce direttamente ai risultati.

Per McGrath, questa dinamica anticipa modelli di carriera più fluidi. Le persone che riescono a rimanere occupabili saranno quelle che sapranno apprendere rapidamente, costruire connessioni solide e spostarsi fra progetti diversi. L’azienda, di conseguenza, deve diventare un luogo dove le competenze evolvono costantemente. Come nota, “molti giovani scelgono un’azienda solo se credono di essere più occupabili quando la lasceranno rispetto a quando vi sono entrati”.

Questa impostazione rimette al centro la necessità di ambienti capaci di sostenere la crescita professionale continua, anche attraverso investimenti rilevanti in formazione, sviluppo e cultura organizzativa. Le organizzazioni citate da McGrath — come le grandi società di consulenza — funzionano già in questo modo, combinando stabilità dei valori e fluidità dei ruoli.

Come si costruisce un processo di innovazione: i casi Brambles, John Deere e Cognizant

Per illustrare cosa significhi strutturare un processo di innovazione aziendale continua, McGrath porta l’esempio di Brambles, azienda australiana attiva nella produzione di pallet. Un settore apparentemente privo di elementi di differenziazione, dove l’innovazione potrebbe sembrare marginale. Invece, spiega che il nuovo CEO ha istituito una struttura formale dedicata: “ha assunto un direttore dell’innovazione, creato un processo di governance con finanziamenti e sviluppato una procedura di screening e incubazione delle idee”.

L’aspetto più rilevante riguarda però la gestione degli incentivi: se un progetto innovativo non funziona, “la responsabilità ricade sul corporate, mentre i risultati negativi non impattano sui numeri dei manager di linea”. Se invece funziona, “tutto il merito va al manager”. Un meccanismo progettato per rimuovere le barriere culturali che spesso frenano l’adozione di soluzioni nuove.

Anche John Deere è citata come esempio di un modello avanzato, in cui l’innovazione non è un’attività collaterale ma parte integrante del ruolo dei dirigenti: “tutti gli executive hanno compiti specifici legati all’innovazione ed è un elemento valutato sistematicamente”.

Nel campo dei servizi IT, McGrath menziona Cognizant, che utilizza un sistema software per monitorare e gestire il flusso dell’innovazione. L’adozione di strumenti dedicati consente di collegare i processi interni con quelli dei clienti, trasformando l’innovazione in un asset ripetibile e documentabile.

Innovazione come infrastruttura: una sintesi senza slogan

Le osservazioni di McGrath mostrano come l’innovazione, per essere davvero continua, debba diventare una capacità organizzativa fondata su processi strutturati, leadership orientata all’apprendimento e reti di competenze capaci di superare i confini formali dell’azienda. È una prospettiva che non enfatizza formule eroiche o visioni salvifiche, ma che richiama l’attenzione su aspetti concreti: sistemi di governance, incentivi, cultura della trasparenza, meccanismi di apprendimento e collaborazione. Elementi che, secondo la studiosa, determinano la possibilità di costruire — e mantenere — la capacità di innovare nel tempo.

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