GREEN ECONOMY

Che cos’è la “EU Taxonomy” che cataloga le attività economiche in base alla sostenibilità

La tassonomia è una classificazione condivisa a livello dell’Unione che cataloga le attività economiche in base al loro grado di sostenibilità. Ecco i sei obiettivi in campo climatico e perché questa strategia naturale porta a una naturale combinazione di modalità fintech e sostenibilità.

Pubblicato il 08 Mar 2022

EU Taxonomy

L’Unione Europea ha posto la transizione verde dell’economia al centro delle proprie strategie di sviluppo economico. Si tratta di una vasta serie di interventi, che culminano nel vasto progetto del Green Deal. Sul versante della regolamentazione, questa strategia ruota soprattutto attorno alla ormai famosa “Tassonomia UE”. La tassonomia è una classificazione condivisa a livello dell’Unione che cataloga le attività economiche in base al loro grado di sostenibilità, permettendo così di indirizzare le scelte delle imprese e degli investitori.

EU Taxonomy: cosa stabilisce il Regolamento

La Taxonomy Regulation è entrata ufficialmente in vigore il 12 luglio 2020 (Regolamento 2020/852). Il regolamento stabilisce sei obiettivi in campo climatico:

  1. mitigazione del cambiamento climatico;
  2. adattamento al cambiamento climatico;
  3. uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine;
  4. transizione verso l’economia circolare, con riferimento anche a riduzione e riciclo dei rifiuti;
  5. prevenzione e controllo dell’inquinamento;
  6. protezione della biodiversità e della salute degli eco-sistemi.

Sempre il regolamento stabilisce che un’attività economica può essere considerata positiva nel senso della sostenibilità se contribuisce ad almeno uno di questi obiettivi senza produrre ricadute negative su nessuno degli altri. Le dettagliate specifiche tecniche per ogni settore e prodotto aiutano a fornire linee guida precise per lo sviluppo della transizione.

La strategia dell’UE sembra determinare una naturale combinazione di modalità fintech e sostenibilità. Sebbene la strategia sulla finanza digitale e il piano connesso alla finanza sostenibile non siano stati esplicitamente connessi, sicuramente hanno obiettivi e caratteristiche comuni. La pandemia da Covid-19 ha reso questo legame ancor più evidente, costringendo all’utilizzo di modalità esclusivamente digitali per alcuni servizi finanziari dal giorno alla notte.

Il ruolo delle norme europee può essere importante. Creando un unico mercato, sia sotto il profilo delle regole che dell’effettiva contendibilità, l’UE può ampliare fortemente l’interesse ad investire in questo settore, perché le soluzioni fintech e sostenibili acquisiscono un ambito di applicazione continentale. Questo aiuterà anche la nascita di competitor in grado di affrontare seriamente la sfida fintech internazionale, considerando che gli Stati Uniti e la Cina costituiscono già mercati enormi in questi settori.

In terzo luogo, proprio l’importanza che l’UE conferisce al tema della sostenibilità potrebbe creare degli standard regolamentari che fungerebbero da esempio per altri paesi, come è successo nel caso della direttiva sui pagamenti (PSD2) o sulla protezione dei dati (con il GDPR). Anche le supervisory authority europee, come l’EBA e l’ESMA, stanno fornendo supporto tecnico a questi lavori delle istituzioni dell’Unione per aiutare una transizione che passa inevitabilmente per il tema digitale.

La proposta UE: un’etichetta verde per i prodotti finanziari

Un aspetto di grande rilevanza è quello della disclosure. L’articolo 8 della Taxonomy Regulation dispone la necessità che le aziende valutino se le loro strategie sono allineate con le finalità della Tassonomia dell’Unione, collegandosi alla normativa sulla rendicontazione non finanziaria (la Non-Financial Reporting Directive). In questo modo, le aziende più virtuose sul tema della sostenibilità potranno anche servirsi di questa disclosure per comunicare al mercato, agli investitori, ai risparmiatori questa strategia. L’Unione Europea, dal canto suo, ha proposto una “etichetta verde” che certifichi l’effettiva natura green di alcuni prodotti finanziari. L’auspicio è che a livello di aziende finanziate, delle banche dirette finanziatrici e degli intermediari che creano prodotti di risparmio gestito, si ampli il flusso di risorse verso i progetti di sostenibilità. Il grado di dettaglio della Tassonomia, anche in questo caso, è un aiuto concreto: da un lato evita fenomeni di greenwashing, dove la sostenibilità è usata solo per fini di marketing; dall’altro permette di costruire una strategia concreta in ogni settore economico per la trasformazione sostenibile del proprio modello di business.

Che buona parte dei progetti che, partendo dalla Tassonomia UE, si orientano a decarbonizzare le attività produttive sia connessa ad aspetti digitali è scontato. Un esempio lo fa proprio il Regolamento discutendo del settore ICT (informazione e comunicazione) che ha un’importanza crescente nell’economia ma che ha visto crescere anche le proprie emissioni inquinanti. L’UE riconosce il potenziale del settore nel mitigare i cambiamenti climatici proprio indirizzando le azioni di imprese e famiglie basate su un flusso sempre maggiore di informazioni sul piano quantitativo e qualitativo. Nuove tecnologie digitali, sia hardware che software, potrebbero contribuire a una significativa riduzione delle emissioni del settore sia direttamente, sia soprattutto per effetto delle informazioni che affluiscono in modo più efficiente ai diversi settori e attori economici. Dal canto suo, il regolamento sulla Tassonomia riserva alle istituzioni pubbliche la valutazione dei criteri di vaglio tecnico di questa dinamica.

Non va nascosto il fatto che questo sforzo serve anche a colmare il gap che in alcuni settori l’Unione Europea presenta verso Stati Uniti e Cina. Se, ad esempio, prendiamo il settore chiave delle applicazioni dell’intelligenza artificiale, gli investimenti sono molto più bassi in Europa rispetto alle altre due principali potenze economiche (si parla di una cifra vicina alla metà rispetto a quella cinese e un sesto di quella americana); si nota inoltre un disarmante ordine sparso dei 27 paesi dell’Unione, in cui ognuno pare sviluppare una propria strategia e in pochi casi questa è connessa ai temi della sostenibilità (l’Italia, per una volta, è tra i pochi stati membri virtuosi).

Il potenziale delle applicazioni dell’IA è immenso e riguarda pressoché ogni settore e attività dell’economia. Il Green Deal europeo si è dato ambiziosi obiettivi ambientali che richiedono, tra l’altro, profonde trasformazioni economiche e sociali legate a un’applicazione di questa tecnologia. Il “marchio” europeo dovrebbe proprio essere lo sviluppo dell’intelligenza artificiale come leva per una crescita sostenibile sociale ed economica.

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Lorenzo Esposito
Lorenzo Esposito

Lorenzo Esposito lavora da oltre vent’anni nell’ambito della vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia; è professore a contratto di Economia Monetaria presso la “Cattolica” di Milano. Si occupa di stabilità finanziaria, globalizzazione, finanza sostenibile e fintech. (Le opinioni espresse dall’autore sono personali e non impegnano l’Istituto d’appartenenza)

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