Buona visione a tutti

Se neanche gli innovatori accolgono lo straniero

“L’Europa ha bisogno di talenti, da qualunque parte vengono”, ha detto il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker. Che cosa sta facendo l’ecosistema italiano delle startup? Non sta neanche approfittando degli strumenti a disposizione, come lo Startup Visa

Pubblicato il 11 Set 2015

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Non ci sono più alibi ormai. Solo chi ama nascondere la testa nella sabbia non si rende conto dell’eccezionalità di quanto sta accadendo alle frontiere e nelle stazioni di tanti Paesi europei. Eccezionale è la pressione ma, dovrebbe essere chiaro, che non si tratta di un’emergenza destinata a rientrare in poche settimane. Se l’immagine del piccolo Aylin sulla spiagga turca ha colpito i cuori, a portare le menti sulla retta via dovrebbero aver contribuito le parole del Papa e le previsioni della Nato: il fenomeno è destinato a durare almeno 20 anni. E se il Pontefice deve essere buono e universale per ruolo, i signori dell’Alleanza Atlantica, che non sono abitualmente di cuore tenero, si preoccupano dei futuri equilibri geopolitici, destinati a cambiare.

Nessuno a questo punto può sentirsi estraneo a questa vicenda. E non solo, appunto, per questioni umanitarie. Pochi sanno quale sarà il vero impatto di questa nuova migrazione, che cosa produrrà l’incontro-sconto di culture, fedi e speranze. Ma certamente poco resterà come prima. Anche chi fa impresa, soprattutto nuova impresa, deve quindi interrogarsi su quanto sta accadendo e su che cosa potrebbe fare. L’ecosistema delle startup non sembra però ancora di avere un’idea su come poter e dover reagire. Eppure sono le imprese che più dovrebbero preoccuparsi del futuro prossimo e possibile.

“L’Europa ha bisogno di talenti, da qualsiasi parte vengano”, ha detto il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, presentando il piano di accoglienza della UE. Il professore Umberto Cherubini si è spinto a scrivere che tra gli immigrati di oggi ci sono gli imprenditori del futuro. Difficile saperlo oggi ma è certo che fra quelle migliaia di uomini e donne disposte a fare centinaia di chilometri a piedi pur di raggiungere l’obiettivo c’è più determinazione e capacità di sacrificio che fra i nostri giovani universitari cresciuti nel benessere.

Le startup in Italia aumentano, alcune crescono ma l’ecosistema non sembra ancora aver preso coscienza del proprio ruolo nelle dinamiche economiche del Paese. Qualcuno sta pensando a un’iniziativa finalizzata a dare una chance di qualità ai più intraprendenti fra i migranti? Apertura e accoglienza dovrebbero essere parole ovvie fra chi traffica con l’innovazione. Ma i fatti dicono altro. Un anno fa veniva lanciato con enfasi ed entusiasmo ItaliaStartupVisa, una nuova procedura che semplifica i visti per chi vuole venire in Italia a fondare una startup. Al Ministero dello Sviluppo economico si aspettavano un centinaio di richieste. Non ci sono dati ufficiali, ma non sarebbero neanche la metà. Avrebbero potuto approfittarne aceleratori, incubatori, abilitatori e tanti altri che fanno a gara a chi ce l’ha più innovativo. Ma non lo hanno fatto. Che cosa non ha funzionato? Non sembra essere andata molto meglio del resto per lo Startup Hub, pensato per facilitare la permanenza di stranieri che sono già in Italia e vogliono fermarsi per fare impresa. Quando si tratta di accogliere e contaminarsi anche la meglio gioventù d’inizio secolo fa ancora fatica.

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