Intelligenza collettiva

Open innovation, come usare (con profitto) il crowdsourcing

Molte aziende creano piattaforme collaborative attraverso le quali chiedono a community più o meno estese un aiuto per risolvere ogni tipo di problema. Una soluzione che offre opportunità ma presenta anche rischi. Per questo va gestita seguendo alcune regole

Pubblicato il 04 Nov 2016

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Molte aziende hanno approcciato o stanno approcciando il paradigma dell’Open Innovation utilizzando anche le metodologie del crowdsourcing. Il termine, coniato nel lontano 2006 da Howe (1), si riferisce ad una pratica che non è altro che un break down del lavoro che viene fatto tipicamente in una azienda dato in outsourcing a molteplici soggetti. Questi ultimi ne eseguono solo piccoli tasks, che vanno a comporre il bene o servizio finale. Nell’evoluzione del concetto, molte aziende hanno pensato di creare quelle che sono conosciute come “piattaforme collaborative” attraverso le quali le aziende chiedono a delle community più o meno estese, più o meno specifiche, un aiuto per risolvere ogni sorta di problema che per vari motivi con le risorse aziendali non si è riuscito a risolvere.

Detto ciò, una domanda potrebbe sorgere spontanea: ma dopo aver trovato la soluzione al mio problema, come faccio ad introdurla nella mia azienda? Questo fa appunto parte del retroscena che vorremmo affrontare in questo breve articolo, ovvero cosa c’è dopo il crowdsourcing?

Secondo la nostra esperienza, la maggior parte delle aziende che avviano delle campagne di crowdsourcing, spesso come risultato si trovano con delle idee interessanti ma non riescono a “scaricarle a terra”, per utilizzare un gergo comune. Ovvero una volta che hanno capito quale sia il problema e trovato come affrontarlo con il crowdsourcing, spesso non riescono ad implementare la soluzione. Infatti uno dei rischi di questa pratica, se non opportunamente supportata da professionisti e intermediari del settore, può appunto essere quello di avere delle soluzioni che l’azienda non riesce a sviluppare. Quindi la soluzione è là ma l’azienda non ha i mezzi, le finanze, i processi o il personale adatti a implementarla.

Prendiamo il caso di una azienda che stia cercando una soluzione ad un problema di rilevamento di micro-bolle in un prodotto ceramico con utilizzi di nicchia (leggasi prodotto costoso e con alto valore aggiunto). Microbolle di tal genere creano problemi non indifferenti nel momento dell’utilizzo del prodotto, causandone cricche e potenziali rotture. Pertanto rilevare tali impurità sarebbe utile e necessario prima che il prodotto venga commercializzato. Identificato questo problema, l’azienda decide di lanciare una campagna di crowdsourcing, cercando per esempio il supporto di alcuni ricercatori specializzati in materiali avanzanti. Da questa community arrivano proposte dettagliate per risolvere il problema, tra le quali una particolarmente efficace nella rilevazione delle impurità utilizzando delle interessanti tecnologie a ultrasuoni, quindi non invasive e non distruttive,

A questo punto la campagna di crowdsourcing potrebbe considerarsi conclusa, e addirittura si potrebbe decretare un vincitore. Ma una volta ottenuta la soluzione e le indicazioni della tecnologia, si presenta un ulteriore problema: trovare chi fa questi macchinari; se sono commercializzati; se si possono installare in linea di produzione; e soprattutto quali benefici avrebbe l’azienda nell’installazione di questo macchinario.

Ecco che qui entra in gioco l’incognita e il rischio, del crowdsourcing. Si tratta infatti di recuperare tutta un’altra serie di informazioni per effettuare valutazioni e prendere decisioni in merito all’ implementazione della soluzione. Si possono verificare casi in cui analisi e valutazioni ad ampio spettro concernenti problematiche simili, non abbiano individuato fornitori ed una supply chain affidabile.

Come evitare questi rischi allora? Qui alcune possibili risposte:

Affidarsi ad esperti
Certamente l’affidarsi a consulenti con esperienza, e che hanno affrontato queste tematiche in passato. Inoltre chi offre il servizio deve essere capace di orientare l’azienda nelle scelte migliori per massimizzare gli esiti della campagna, evidenziandone i potenziali rischi operativi e di mercato.

Approcciare la campagna di crowdsourcing conoscendone i rischi
Conoscere i rischi è fondamentale, anche per gestire le aspettative dell’azienda e del team di progetto. Una campagna di crowdsourcing va approcciata sapendo che non si possono ottenere risultati certi, o immediatamente quantificabili, dato che sempre di innovazione di tratta, quindi con dei rischi impliciti. Sapere che il crowdsouricng e queste piattaforme non sono il Santo Graal e la soluzione sicura al problema, deve essere ben chiaro sin dall’inizio.

– Servizi di “follow up”
Gli esperti del settore a cui vi affidate dovrebbero anche essere in grado di offrire dei servizi adeguati, per far sì che l’azienda non si trovi nella situazione poc’anzi descritta, e che quindi riesca a capire se e come la soluzione trovata tramite il crowd, sia appunto utilizzabile, implementabile e soprattutto quali siano i costi/benefici nell’attuarla. Nella gestione dei rischi questi servizi di follow up possono fare la differenza. L’azienda dovrebbe essere supportata ulteriormente nella fase di scouting e valutazione della tecnologia, se già commercializzata o meno, se fosse disponibile il licensing, o qualsiasi altra opportunità da valutare anticipatamente, per ottimizzare gli steps successivi.

– Allocare le risorse anche per il prosieguo
Affrontare una campagna fine a se stessa non ha senso. A meno che non si vogliano solo cercare idee, sarebbe opportuno avere chiaro quale sia l’investimento da fare anche successivamente. Ovvero, quante risorse del team devo dedicare al follow up? Che budget allocare? Quanto tempo potrebbe volerci per trovare/attuare tale soluzione? Sono tutte domande che sarebbe bene porsi anticipatamente, individuando con un certo grado di confidenza gli impatti dei rischi realizzativi, poiché il vero impegno e la vera innovazione vengono a valle della campagna. Molte aziende, come appena detto, si trovano a dover affrontare queste problematiche complesse con una scarsa preparazione, spesso non riuscendo a concretizzare ed a cogliere i benefici delle soluzioni scelte.

Inoltre nell’ era dell’Industry 4.0 vanno attentamente valutati gli impatti trasformativi e pervasivi derivanti dall’introduzione delle nuove tecnologie, che involgono aspetti organizzativi e gestionali, processi, ruoli, professionalità e comportamenti.

Questi i consigli essenziali che speriamo di possano aiutare imprenditori e innovatori a ben calibrare le loro campagne di crowdsourcing e l’utilizzo del sapere che viene dall’ esterno della loro azienda. Come ogni approccio e prassi che si rispetti, ci sono sempre i pro e i contro, ma è appunto il sapere come affrontarli che fa la differenza.

*Adriano La Vopa, Innovation Strategist, Innoventually. Innoventually si pone quale one-stop source per l’assistenza nella creazione, gestione, protezione, promozione, valorizzazione e monetizzazione delle tue soluzioni innovative.

(1) Jeff Howe, 06.01.06.
- Wired- The Rise of Crowdsourcing

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