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Che cosa c’è oltre le assicurazioni: innovazione fa rima con integrazione e diversificazione

Le compagnie sono sotto attacco. Per innovare costruiscono piattaforme di servizio che vanno oltre le assicurazioni. Ecco che cos’ha fatto e che cosa sta facendo Unipol SAI, raccontato dal manager a cui è stata affidata la missione: Giacomo Lovati, Chief Beyond Insurance Officer

Pubblicato il 21 Nov 2023

assicurazioni

Le compagnie sono sotto attacco e devono innovare, andare oltre le…assicurazioni: c’è un mondo di business oltre le polizze (e i vetusti rami).

Dall’osservazione dei principali player internazionali, vedo come l’innovazione sia spesso associata alla costruzione di piattaforme per l’ingresso su nuovi mercati: mobilità, salute, casa. Il trend è quello di passare da assicuratore a (anche) erogatore di prestazioni.

Un’azienda con cui lavoro da tanti anni che si sta muovendo con decisione “along those lines“ è UnipolSai. Per questo ho invitato Giacomo Lovati che è il Chief Beyond Insurance Officer del gruppo (ossia si occupa di tutto quello che non è assicurazione) alla puntata di Innovation Weekly della scorsa settimana. Suggerisco caldamente di ascoltarlo (è un master condensato di strategia applicata all’ambito assicurativo). Qui il link.

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Per chi non avesse tempo ho appuntato alcuni passaggi salienti.

Andare oltre la polizza

Il cliente ha bisogni che vanno oltre la polizza. Noi stiamo cercando di soddisfare i suoi bisogni attraverso un approccio per ecosistemi (Mobility, Health & Welfare, Property). A volte assicurazione e servizi sono inscindibili e questi ultimi sono ancillari alla polizza (è il caso della scatola nera); dall’altro lato, il noleggio a lungo termine è un’auto con dentro una polizza, ove questa è una derivata seconda, manco considerata dal cliente”

Come costruire una piattaforma di servizi?

Bisogna avere una visione pragmatico-cinica. Costruire da zero un’azienda che gestisce l’acquisto di milioni di pezzi di ricambio, li consegna in meno di 72 ore a 2700 carrozzerie, ha creato 220 punti di riparazione e sostituzione cristalli all’anno, fa 650mila traini all’anno… non è investimento banale. Eppure, deve fare un investimento enorme e aspettare molto prima di raggiungere il break-even. Noi queste infrastrutture le spesiamo molto più rapidamente perché partiamo dal mondo captive. Il milione di sinistri che noi abbiamo sono soldi cui qualcuno ambisce. Farli gestire alla nostra rete ci consente di andare a break-even in modo molto più rapido, con costi di marketing pari a zero. Ovviamente poi hai una piattaforma che puoi mettere a mercato con costo marginale minimo

Perché comprare Santagostino?

C’è una massa di prestazioni sanitarie che va verso il mercato privato. Questo è un trend fortissimo, che è destinato ad accelerare. Noi abbiamo UniSalute che assicura 10 milioni di persone e ogni anno spende, ad esempio, 90 milioni per esami del sangue perché all’interno delle polizze è previsto il rimborso. Perché farli finire nelle casse di un concorrente quando potrei erogarli direttamente? Anche in questo caso si tratta di mettere insieme domanda e offerta. Ovviamente non si può sopravvivere solo con il mercato captive ma con il 15-20% del fatturato generato quasi automaticamente si fa meno fatica. Noi avevamo già creato un’azienda a Bologna che si chiama Diadea e che ha 7 poliambulatori nella città, con Santagostino ne aggiungiamo 35 in Lombardia (più 3 appena autorizzati su Roma). L’obiettivo è crescere nelle prime 10-12 città italiane arrivando nel giro di 4-5 anni a un centinaio di strutture per diventare di fatto il primo HMO italiano (Health Maintenance Organization, sul modello di Kaiser Permanente).”

Il copia e incolla

Siamo grandi esperti di copia e incolla. Parliamo di ecosistemi con diversi livelli di maturità. L’auto (mobility in genere) è super matura (quest’anno chiudiamo con un fatturato di 1.3 miliardi di euro), il welfare sta crescendo tantissimo, il property è quello meno maturo. Qui abbiamo avviato due iniziative meno di un anno fa replicando la stessa logica (ti riparo l’auto comprando io il pezzo; ti si rompe un tubo in casa, non ti mando un indennizzo un mese dopo, ma te lo riparo). Abbiamo creato un’azienda che ha già 700 partner convenzionati (imprese multiservizi, elettricisti, idraulici, fabbri, muratori, …) partendo dal mercato captive (1.7 milioni di assicurazioni casa, 300mila tubi rotti all’anno). A questo abbiamo aggiunto il canale dei condomini, dove abbiamo comprato una piccola azienda di gestione degli amministratori di condominio (il modello è la francese Foncia)

Chi sta attaccando il mercato delle assicurazioni?

Onestamente mi aspettavo molto di più dal settore delle Telco visto che hanno clienti e tecnologia, ma sono rimasti indietro. Anche le Automotive che, tecnicamente hanno un asset importante, mi sembrano ancora molto concentrate a vendere ferro, per quanto arricchito con servizi. Le Utilities stanno facendo bene, supportate dal trend dell’elettrico. Per loro, come per noi assicuratori, la mobilità serve a vendere il loro prodotto core

Mai comprare il 100% di una startup

Quando compriamo startup, l’errore peggiore è comprarla al 100%. C’è il rischio concreto che i cervelli che l’hanno costruita se ne vadano. Noi entriamo in maggioranza con l’obiettivo di farli ricchi in 4-5 anni”

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Alberto Onetti
Alberto Onetti

Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.

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