TECNOLOGIA SOLIDALE

“Al lavoro 4.0”: così il digitale può creare opportunità di accesso alle nuove professioni

“Al lavoro 4.0″ è l’inizio di un progetto più ampio per aiutare giovani in stato di vulnerabilità o con fragilità di diversa natura ad entrare nel mondo del lavoro”, racconta Andrea Rangone, presidente di Digital360 che ha lanciato l’iniziativa con Caritas Ambrosiana e Fondazione San Carlo

Pubblicato il 14 Mag 2021

Andrea Rangone, fondatore e presidente di Digital360

“Sono stati incontri toccanti. Quando dicevo ai ragazzi che sarebbero stati formati da professori del Politecnico sbarravano gli occhi. Quando poi gli dicevo che anch’io lo sono, restavano di sasso. In effetti non ho il look né l’aplomb del tipico prof”.

Ha l’entusiasmo di un ragazzo Andrea Rangone, mentre mi racconta “Al lavoro 4.0”, il nuovo progetto di responsabilità sociale lanciato da Digital360 in collaborazione con Caritas Ambrosiana e Fondazione San Carlo.

Andrea, sgombriamo subito il campo da equivoci. Tu sei il presidente di Digital360 e dunque l’editore di economyup.it, la testata che ospita questo blog dedicato alla Tecnologia solidale.

“E tu mi hai proposto di parlare qui di “Al lavoro 4.0″, dopo che te lo avevo raccontato perché in questi anni ho imparato a conoscere e ad apprezzare la tua sensibilità per questi temi e volevo sentire cosa ne pensi. Siamo pari.”

Pari e patta. Allora, perché hai pensato a questo progetto destinato a giovani dai 18 ai 25 anni che non lavorano né studiano?

“Al lavoro 4.0 nasce dalla volontà di dare ad alcuni giovani che non hanno ancora trovato una via formativa e, men che meno, una vera occupazione l’opportunità di accesso alle nuove professioni che il digitale crea. Ero stufo di leggere le statistiche sui Neet, i giovani che non studiano né lavorano, senza fare niente.”

L’iniziativa nasce in partnership con Caritas Ambrosiana e con la Fondazione San Carlo. Perché?

“Non conoscevo il mondo Caritas, ma ho pensato che loro potessero identificare molto meglio di noi i giovani interessabili al progetto, attraverso la loro rete capillare di centri di assistenza e di ascolto. Così è stato. Tramite i centri Caritas abbiamo avuto 55 candidature e, con colloqui individuali, abbiamo individuato i quindici ragazzi che saranno in aula dal 17 maggio.”

Immagino non sia stato facile scegliere.

“Non lo è stato. Abbiamo puntato su coloro i quali avevano un minimo di caratteristiche di base per farcela. Mi consola il fatto di sapere che gli altri non sono abbandonati a loro stessi, perché spesso hanno intorno a sé una rete di supporto e assistenza che a partire dalla Caritas, coinvolge parrocchie e comunità locale, una volta “irrobustiti” a livello di formazione di base, potranno accedere alle future annualità del progetto.”

Come è composta la classe?

“I ragazzi hanno un’età media di 21 anni e appartengono a diverse nazionalità che restituiscono una fotografia multietnica del nostro territorio. Sanno che dovranno impegnarsi a seguire attivamente 400 ore di formazione teorica e pratica su Industria 4.0 e partecipare a un tirocinio in azienda di 300 ore. I corsi – che prevedono un’indennità di frequenza per le giornate di formazione e per il tirocinio – sono tenuti da docenti universitari, professionisti specializzati e manager di impresa, la maggior parte dipendenti o collaboratori di Digital360 o delle aziende partner.”

Questo del tirocinio è un aspetto importante, per dare concretezza e una speranza di essere apprezzati e quindi trovare lavoro.

“Per questo lo abbiamo chiamato “Al lavoro 4.0″! Siamo riusciti a coinvolgere – e le ringrazio – alcune importanti realtà manifatturiere del territorio lombardo che, condividendo appieno lo spirito del progetto, hanno messo a disposizione tirocini e, soprattutto, una concreta possibilità di assunzione alla fine del percorso. L’obiettivo finale è il l’inserimento nelle aziende con diversi profili, come: addetto al montaggio e procedure di qualità, addetto alle lavorazioni meccaniche, operatore controllo qualità e misure, addetto logistica interna.”

Arrivati al traguardo, torniamo al punto di partenza. Da molti anni sostengo che in questo nostro tempo siamo tutti chiamati a un “di più di responsabilità”, ciascuno laddove si trova – media, politica, impresa – e per quello che gli compete, perché ci sono troppe persone che rischiano di rimanere indietro. Per questo quando ci sono iniziative così ne parlo anche qui nel blog. Nel caso delle imprese, dove è possibile, occorre ampliare il concetto di profitto…

“È così! Ci pensavo da parecchio tempo e ora che ci siamo assestati ho ritenuto fosse venuto il momento di passare all’azione. Dentro questo percorso di “di più di responsabilità” si situa anche il passaggio a Società Benefit, che il CdA ha recentemente proposto, così come il fatto che “Al lavoro 4.0″ è l’inizio di un progetto più ampio per aiutare giovani in stato di vulnerabilità o con fragilità di diversa natura (culturale, sociale, etnica, ecc.) ad entrare nel mondo del lavoro. Come mi diceva Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, i giovani hanno spesso potenzialità che si rivelano sorprendenti quando sono messe alla prova. Ecco, abbiamo voluto dare loro la possibilità di mettersi in gioco.”

Una possibilità di mettersi in gioco la può dare solo chi a sua volta sa mettersi in gioco…e non è solo un gioco di parole.

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Antonio Palmieri
Antonio Palmieri

Antonio Palmieri, fondatore e presidente di Fondazione Pensiero Solido. Sposato, due figli, milanese, interista. Dal 1988 si occupa di comunicazione, comunicazione politica, formazione, innovazione digitale e sociale. Già deputato di Forza Italia

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