DRIVERLESS CAR

Guida autonoma e robotaxi, Stellantis e Uber accelerano: le cose da sapere



Indirizzo copiato

L’alleanza tra Stellantis, Nvidia, Foxconn e Uber per lo sviluppo di veicoli a guida autonoma, insieme al ritorno di Uber nella corsa ai robotaxi con il progetto di San Francisco, segna un nuovo passaggio nella storia della mobilità. I vantaggi, le criticità, le conseguenze

Pubblicato il 29 ott 2025



Stellantis per la guida autonoma
Stellantis per la guida autonoma,, i robotaxi di Uber

La mobilità autonoma, e in particolare i servizi di robotaxi – veicoli senza conducente che operano su richiesta – stanno rapidamente entrando nella fase cruciale della commercializzazione. Due notizie emerse in questi giorni segnano un’accelerazione significativa: da un lato Stellantis annuncia una nuova alleanza industriale con Foxconn, Nvidia e Uber per lo sviluppo di veicoli a guida autonoma; dall’altro, Uber rilancia in prima persona un servizio di robotaxi premium nella Bay Area, il territorio tradizionalmente dominato da Waymo.
Insieme, questi due annunci delineano un quadro chiaro: la guida autonoma non è più un esperimento, ma un business in rapido avvicinamento al mercato. In questa analisi approfondiamo che cosa sta succedendo, quali sono le implicazioni industriali e tecnologiche e quali nodi restano ancora da sciogliere.


L’alleanza Stellantis-Foxconn-Nvidia-Uber

Alla fine di ottobre 2025, Stellantis ha ufficializzato una partnership strategica con Foxconn Technology Group, Nvidia Corporation e Uber Technologies Inc. per lo sviluppo congiunto di veicoli autonomi di livello 4, destinati a diventare veri e propri robotaxi.
L’obiettivo dell’accordo è mettere in comune competenze complementari: Nvidia fornirà le piattaforme hardware e software per la guida autonoma (in particolare l’architettura “Hyperion”), Foxconn garantirà la produzione elettronica e l’integrazione dei sistemi, mentre Stellantis metterà a disposizione le proprie architetture software di nuova generazione, come la “STLA Brain”, e la capacità produttiva automobilistica.
Uber, dal canto suo, rappresenterà la piattaforma operativa che consentirà di integrare questi veicoli nel proprio ecosistema di mobilità on-demand. Le prime flotte sono previste entro il 2028, con un lotto iniziale di 5.000 veicoli destinati a operare in città statunitensi selezionate.
L’accordo riflette un passaggio cruciale: la collaborazione tra un grande costruttore automobilistico, due giganti tecnologici e una piattaforma globale di ride-hailing segna la nascita di un modello di filiera integrata che supera la tradizionale distinzione tra industria automotive e industria del software.


Il rilancio dei robotaxi Uber a San Francisco

In parallelo, Uber ha annunciato il lancio nel 2026 di un servizio di robotaxi premium a San Francisco, cuore della Silicon Valley e territorio simbolico della mobilità autonoma. L’iniziativa, rivelata da TechCrunch e Business Insider, si basa su una nuova alleanza con Lucid Motors e Nuro Inc.: la prima fornirà i SUV elettrici Lucid Gravity, mentre la seconda metterà a disposizione il proprio sistema di guida autonoma.
Uber ha investito circa 300 milioni di dollari nel progetto, con l’obiettivo di schierare una flotta di oltre 20.000 veicoli autonomi entro sei anni e di estendere gradualmente il servizio ad altre metropoli americane. San Francisco è stata scelta come primo mercato non solo per la densità tecnologica dell’area, ma anche perché è già il principale banco di prova per aziende come Waymo, che da tempo opera nella regione con servizi di mobilità autonoma.
La concorrenza, dunque, si fa più accesa: Uber torna nel terreno della guida autonoma dopo la cessione nel 2020 della sua divisione ATG (Advanced Technologies Group), segnalando un cambio di rotta strategico e la volontà di riappropriarsi del ruolo di innovatore nella mobilità urbana.


Perché queste mosse contano

L’alleanza tra Stellantis e Uber e il lancio del servizio robotaxi nella Bay Area rappresentano due lati della stessa trasformazione. Da un lato, l’industria automotive entra in una nuova fase, in cui la collaborazione tra costruttori, fornitori tecnologici e piattaforme di servizi diventa la condizione necessaria per sviluppare veicoli realmente autonomi e connessi. Dall’altro, le piattaforme di mobilità come Uber puntano a ridurre la propria dipendenza dai conducenti umani, uno dei principali costi operativi, e a migliorare la scalabilità del modello di business.
Per Uber, avere una flotta di robotaxi significa poter offrire servizi attivi 24 ore su 24, ridurre i costi per miglio e aprire la strada a modelli di pricing differenziati, dal premium alla corsa low-cost. Per Stellantis e i partner tecnologici, la posta in gioco è industriale: la possibilità di posizionarsi al centro della futura catena del valore della mobilità, dove la combinazione di AI, cloud e sensoristica determinerà la competitività più del motore o del design.
Nel contesto europeo, tuttavia, la corsa sarà più lenta. Normative più stringenti e infrastrutture urbane ancora poco digitalizzate rallenteranno la diffusione della guida autonoma di livello 4, anche se le iniziative americane creano una pressione crescente sui regolatori e sugli operatori del Vecchio Continente.


Tecnologia, sicurezza e modelli di business

L’autonomia di livello 4 promette un veicolo capace di operare senza intervento umano in condizioni specifiche, ma la diffusione su strade pubbliche resta complessa. Le sfide principali riguardano la sicurezza, l’affidabilità dei sistemi, la mappatura ad alta definizione e la gestione delle variabili urbane come pedoni, ciclisti o condizioni meteo estreme. Gli incidenti avvenuti in passato nei test di altre aziende, come Waymo o Cruise, hanno dimostrato quanto la fiducia del pubblico sia fragile e quanto il consenso sociale sia determinante per il successo della tecnologia.
Anche il modello economico presenta incognite. Il costo dei sensori, dei software e dell’infrastruttura cloud rende oggi i veicoli autonomi più costosi rispetto a quelli tradizionali. Uber dovrà dimostrare che il risparmio generato dall’eliminazione del conducente compensa l’investimento tecnologico e che esiste una domanda sufficiente per un servizio robotaxi “premium”.
Al tempo stesso, la questione occupazionale rimane aperta. La transizione verso flotte autonome solleva interrogativi sul futuro dei conducenti umani, che potrebbero essere reimpiegati in ruoli di manutenzione, supervisione o assistenza clienti, ma con numeri e condizioni completamente diverse.


Il nodo regolatorio e l’impatto urbano

Negli Stati Uniti, città come San Francisco, Los Angeles e Phoenix stanno diventando laboratori a cielo aperto per i robotaxi, con regolamentazioni locali più flessibili e politiche favorevoli alla sperimentazione. In Europa, invece, ogni Paese – e spesso ogni città – ha proprie regole, il che rende difficile un rollout uniforme.
Il tema non è solo tecnologico, ma anche urbano e sociale. La coesistenza tra taxi tradizionali, servizi di ride-hailing e veicoli autonomi genera interrogativi su traffico, sicurezza, occupazione e sostenibilità. In Italia, in particolare, le autorità dovranno bilanciare innovazione e tutela dei lavoratori, evitando che la nuova mobilità crei squilibri nel mercato o nelle infrastrutture.


Cosa significa per l’Italia e per i manager ICT

Per i professionisti dell’innovazione e della tecnologia, queste evoluzioni offrono spunti concreti. La mobilità autonoma richiede un ecosistema fatto di software di controllo, sensoristica avanzata, edge computing, connettività 5G e sicurezza informatica: tutti ambiti in cui le aziende ICT italiane possono giocare un ruolo attivo.
Il paradigma della mobility as a service sta sostituendo il concetto di possesso dell’auto con quello di accesso al servizio. Per le imprese di trasporto, logistica e flotte aziendali si aprono prospettive radicalmente nuove: veicoli operativi 24 ore su 24, tempi di utilizzo massimizzati e una gestione dei dati sempre più strategica.
Resta infine la dimensione della governance: per accelerare, serviranno modelli di regolazione chiari, infrastrutture digitali adeguate e una collaborazione stretta tra pubblico e privato. La sfida per l’Europa, e per l’Italia, è non restare spettatori mentre l’asse della mobilità autonoma si sposta oltreoceano.


Conclusione

L’alleanza tra Stellantis, Nvidia, Foxconn e Uber, insieme al ritorno di Uber nella corsa ai robotaxi con il progetto di San Francisco, segna un passaggio di fase nella storia della mobilità. La guida autonoma non è più un sogno futuristico: è un settore in via di industrializzazione, dove tecnologia, produzione e piattaforme digitali convergono.
Restano aperti i nodi di sicurezza, sostenibilità economica e regolazione, ma il percorso è tracciato. Per l’Europa si tratta di cogliere l’occasione per definire un modello alternativo, fondato su valori di sicurezza, interoperabilità e inclusione. Per i manager ICT italiani, la domanda è già sul tavolo: come contribuire a costruire l’ecosistema tecnologico della mobilità autonoma prima che altri lo impongano?

guest

0 Commenti
Più recenti Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati

0
Lascia un commento, la tua opinione conta.x