La crescente complessità competitiva e tecnologica spinge le organizzazioni a interrogarsi non su cosa innovare, ma su come farlo davvero. Questo è uno dei temi al centro dell’intervento di Alex Osterwalder, founder & CEO di Strategyzer, esperto mondiale di modelli di business e ideatore del Business Model Canvas, tenutosi il 29 aprile 2025 al Reinvention Summit 2025. In quell’occasione Osterwalder ha illustrato un modello strutturato per gestire l’innovazione su larga scala, chiarendo i limiti delle pratiche tradizionali e il ruolo di processi fondati sulle evidenze. “Non abbiamo una crisi di visione, abbiamo una crisi di azione”, afferma Osterwalder, sottolineando che la tecnologia non è il problema ma l’opportunità, mentre la sfida risiede nella leadership e nella governance capaci di trasformare sperimentazioni e idee in risultati tangibili.
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Chi è Alexander Osterwalder
Alexander Osterwalder (San Gallo, 1974) è un teorico del business, imprenditore, autore e speaker svizzero, considerato uno dei maggiori esperti mondiali di modelli di business.
Si laurea in Scienze politiche e ottiene un PhD in Management Information Systems all’Università di Losanna, con una tesi che getta le basi del concetto di “Business Model Ontology”.
Nel 1999 co-fonda la sua prima startup, Netfinance.ch, dedicata all’educazione finanziaria, e lavora anche come giornalista economico per la rivista svizzera BILANZ.
Tra il 2000 e il 2005 è Senior Research Fellow a Losanna, dove approfondisce lo studio dei modelli di business digitali.
Nel 2006 lancia BusinessModelDesign.com e nel 2010 co-fonda Strategyzer, società di consulenza e piattaforma che aiuta aziende globali a gestire in modo sistematico innovazione e crescita.
È l’inventore del Business Model Canvas, il framework visuale in un’unica pagina oggi usato da milioni di imprenditori e manager per progettare e innovare il modello di business. Con Yves Pigneur sviluppa anche il Value Proposition Canvas e altri strumenti per la strategia e l’innovazione aziendale. Come autore è noto per libri diventati bestseller globali, tra cui Business Model Generation, Value Proposition Design, Testing Business Ideas, The Invincible Company e High Impact Tools for Teams.
È visiting professor all’IMD Business School e advisor di grandi corporate su innovazione, portfolio di business model e cultura dell’innovazione.
Figura di riferimento anche nei ranking internazionali (Thinkers50), dedica il suo lavoro a “insegnare ai leader come costruire aziende invincibili”, semplificando temi complessi con strumenti pratici.
Idee ovunque, risultati pochi: perché l’innovazione aziendale fallisce
Nonostante l’innovazione aziendale sia un obiettivo dichiarato dalla quasi totalità delle imprese, i numeri mostrano una distanza evidente tra intenzione e capacità reale. Osterwalder cita una statistica significativa: l’80% delle aziende considera l’innovazione una priorità, ma solo il 3% raggiunge risultati soddisfacenti. La differenza non dipende dalla capacità di generare idee, “che sono gratis”, ma dalla difficoltà nel trasformarle in proposte di valore scalabili e sostenibili.
L’autore insiste sul fatto che l’innovazione non è frenata da vincoli tecnologici. Nel suo intervento mostra persino un video generato in pochi minuti con un “gemello digitale”, evidenziando come strumenti avanzati siano ormai accessibili a chiunque. Il limite, ribadisce, è nel modo in cui le organizzazioni prendono decisioni, investono e valutano i progressi dei team.
La leadership gioca un ruolo centrale: secondo Osterwalder, l’innovazione non può essere solo bottom-up né solo top-down. Senza un supporto strutturato da parte dei vertici, i team restano intrappolati in ciò che definisce “angolo della follia”, lavorando su idee che non hanno prospettive concrete ma che nessuno ha il coraggio o il processo formale per fermare.
Il dual mindset: gestire e reinventare allo stesso tempo
Explore ed Exploit come due mondi distinti ma complementari
Per affrontare la complessità dell’innovazione, Osterwalder introduce il concetto di dual mindset, una distinzione fra due logiche operative: l’esplorazione (explore) e lo sfruttamento (exploit). L’esplorazione riguarda la ricerca di nuove value proposition, modelli di business e opportunità. Lo sfruttamento, invece, riguarda la gestione di attività già validate, con un livello di prevedibilità sufficiente a giustificare pianificazioni e forecast.
La differenza fra i due mondi è netta e rappresenta uno dei motivi ricorrenti di fallimento: “I KPI che usiamo per gestire un’azienda sono la pena di morte per l’innovazione”. Mentre la gestione richiede efficienza, rispetto del budget e previsione, l’esplorazione richiede sperimentazione, apprendimento e la possibilità di scartare un’idea non supportata dalle prove.
Osterwalder cita Steve Blank per sintetizzare il rapporto tra i due approcci: lo sfruttamento “paga gli stipendi”, l’esplorazione “paga la pensione”. Entrambi sono necessari, ma devono essere governati con regole diverse.
Il costo della mancanza di metriche adeguate
Quando le aziende applicano metriche gestionali all’innovazione, i progetti diventano inevitabilmente orientati alla sicurezza. I team optano per soluzioni incrementali, perché rischiare può comportare implicazioni di carriera. È qui che nasce il fenomeno degli investimenti su iniziative che tutti sanno essere deboli, ma che nessuno interrompe per timore di conseguenze reputazionali.
Osterwalder descrive due comportamenti frequenti quando un team non può fallire: chi è in posizione di leadership tende a prolungare artificialmente l’apparente successo del progetto, mentre chi è operativo evita di assumersi rischi e si rifugia in innovazioni marginali. Per questo considera essenziale introdurre meccanismi che permettano di interrompere rapidamente nove progetti su dieci, concentrando i fondi solo sulle iniziative che mostrano segnali reali.
Il processo di innovazione: progettare, sperimentare, apprendere
Dal Business Model Canvas ai test sul campo
Osterwalder dedica gran parte del suo intervento al processo, precisando che imparare concetti sulla carta non basta se non vengono applicati immediatamente. Propone un modello basato su cicli brevi, che alternano progettazione e sperimentazione. Un’idea viene prima modellata attraverso strumenti come il Business Model Canvas o il Value Proposition Canvas, con attività di design che dovrebbero durare “massimo una mattinata”.
Il passo successivo è il contatto diretto con i clienti, nel pomeriggio dello stesso giorno. Qui viene inserita una delle sue osservazioni più rilevanti: senza sperimentazione, l’analisi si trasforma in paralisi da analisi. La riduzione del rischio non dipende dalla quantità di fogli di calcolo, ma dal numero di interazioni che producono dati concreti.
I team multidisciplinari — unendo R&D e business — sono incoraggiati a osservare direttamente i job-to-be-done, i pain e i gain dei clienti prima ancora di discutere di fattibilità tecnologica. Questo approccio, spiega, riduce l’errore più frequente delle aziende: costruire prodotti troppo presto e senza prove.
La cultura dell’evidenza
Nel sistema illustrato da Osterwalder, la presentazione finale non riguarda l’idea ma le evidenze raccolte. La valutazione dei leader deve concentrarsi sui dati, non sulla capacità retorica del team. In questo passaggio Osterwalder cita l’esperienza di Bosch, che ha adottato un processo basato su sprint trimestrali: 240 team hanno iniziato un percorso in cui l’unico obiettivo della prima fase era raccogliere prove dei bisogni reali dei clienti.
Il risultato è significativo: circa il 70% delle idee è stato abbandonato nelle fasi iniziali, senza investimenti in prodotti. Solo i team in grado di dimostrare evidenze hanno ricevuto fondi per costruire un Minimum Viable Product. Presso Bosch il 74% dei progetti complessivi è stato interrotto, a conferma del fatto che l’evidenza è la leva strutturale su cui si basa il modello.
Investire dove ci sono prove: i casi Bosch e Ping An
Il riferimento a Bosch mette in luce un elemento chiave dell’innovazione aziendale: solo attraverso portafogli diversificati e criteri di investimento progressivi è possibile evitare sprechi e orientare le risorse verso opportunità con reale potenziale. Osterwalder contrappone questo approccio al caso di Forward Health, una startup che ha bruciato 650 milioni di dollari sviluppando cliniche tecnologiche prima, e care pods poi, senza mai registrare segnali concreti di interesse da parte dei pazienti.
Il racconto prosegue con Ping An, gruppo cinese tradizionalmente attivo nei servizi finanziari. Il fondatore Peter Ma ha dichiarato che senza una trasformazione verso modelli tecnologici il gruppo sarebbe stato superato da competitor come Tencent o Alibaba. Secondo la ricostruzione di Osterwalder, l’azienda ha lavorato su tre livelli simultanei: miglioramento dell’efficienza interna tramite sistemi di IA per la valutazione dei prestiti, nuove proposizioni di valore come la piattaforma Ping An Good Doctor — che oggi serve 1,2 milioni di medici e 400 milioni di pazienti — e modelli di business dirompenti come OneConnect, creato sotto la guida di Jessica Tan.
Innovare significa progetto, governance e capacità di apprendere
Osterwalder conclude il suo intervento invitando le aziende a progettare programmi chiari in cui creatività e processo convivono. Perché l’innovazione, afferma, non è un atto spontaneo ma una pratica disciplinata che richiede strutture bottom-up e governance top-down. Solo così le organizzazioni possono passare dalle intenzioni alle evidenze e, dalle evidenze, ai risultati.






