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Co-creare con l’AI: così l’intelligenza artificiale aiuta le PMI a collaborare meglio con clienti e corporate



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La co-creazione AI trasforma il design thinking nelle PMI: l’intelligenza artificiale diventa un agente del team, capace di generare prototipi, idee e soluzioni in tempo reale. Così collaborano meglio con le grandi imprese. Lo spiega Lucio Ciabattoni, CEO della PMI Revolt

Pubblicato il 5 nov 2025



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La diffusione dell’intelligenza artificiale ha ridefinito il modo in cui le imprese generano idee, progettano prodotti e collaborano tra loro. Nelle PMI, in particolare, la co-creazione AI non è più un concetto teorico ma una pratica quotidiana che modifica tempi, ruoli e linguaggi dell’innovazione.

Nel contesto dell’Open Innovation Summit 2025, organizzato da Il Sole 24 Ore il 24 ottobre 2025, Lucio Ciabattoni, CEO della PMI Revolt, ha raccontato come l’AI sia diventata parte integrante del processo di design thinking, trasformandosi da strumento di supporto a membro attivo del team creativo.

L’intelligenza artificiale entra nel processo creativo

Da quando siamo nati, l’open innovation è stato un driver fondamentale per poter collaborare con i grandi player”, ha spiegato Ciabattoni, ricordando come le startup e le piccole imprese innovative abbiano da sempre usato la collaborazione esterna come leva per crescere. Ma oggi, rispetto al passato, c’è un alleato in più: l’intelligenza artificiale.

Secondo il manager, il passaggio è avvenuto in modo quasi naturale. “Prima del 2022, quando cercavi di convincere qualcuno a sposare la tua causa o a fare un progetto con te, preparavi una presentazione PowerPoint che richiedeva settimane di lavoro. Oggi, con l’AI, in poche ore puoi sostituire quella fase e creare subito impatto e connessione”, ha raccontato.

L’intelligenza artificiale ha quindi accorciato le distanze tra ideazione e presentazione, eliminando molte delle fasi intermedie che prima rallentavano la comunicazione tra startup e corporate. La capacità dei modelli generativi di sintetizzare concetti complessi in testi, immagini o prototipi immediati ha reso possibile un nuovo ritmo dell’innovazione, fatto di iterazioni veloci e feedback continui.

Dall’assistente all’agente: l’AI come parte del team

La co-creazione AI non si limita a velocizzare i processi, ma li trasforma nella loro struttura.

Come ha spiegato Ciabattoni, l’intelligenza artificiale non è più un semplice supporto operativo: “Il processo di design thinking talvolta può addirittura includere l’AI stessa. È un agente del team, un agente al tavolo, insieme a noi.”

Si tratta di un cambio di paradigma significativo. Se in passato la tecnologia era vista come uno strumento esterno al pensiero progettuale, oggi diventa interlocutore attivo, capace di generare alternative, suggerire soluzioni e validare ipotesi in tempo reale.

Questo approccio consente alle PMI di raggiungere livelli di efficienza e creatività prima riservati alle grandi corporate. I modelli linguistici e generativi permettono di simulare scenari, testare messaggi o visualizzare concetti senza attendere settimane di sviluppo.

La collaborazione uomo–macchina diventa così una forma di co-design aumentato, in cui la macchina non sostituisce l’intuizione umana, ma la amplifica.

Le nuove regole dell’ingaggio tra pmi e corporate

L’introduzione dell’intelligenza artificiale nei processi di co-creazione ha cambiato anche le regole di ingaggio tra PMI e grandi imprese.

Secondo Ciabattoni, “ci sono tantissime call dedicate all’AI. È il tema più caldo del momento e gli ecosistemi di innovazione si stanno riorganizzando intorno a questa tecnologia”.

Eventi come SMAU e altri network di open innovation, spiega, hanno moltiplicato i programmi specifici incentrati sull’AI, creando canali verticali di collaborazione tra startup e corporate.

Per le piccole imprese, questo significa due cose: da un lato, maggiore accesso a opportunità di sperimentazione; dall’altro, la necessità di sviluppare competenze specifiche per dialogare con le grandi organizzazioni.

Il nuovo equilibrio passa attraverso una comprensione più profonda dei bisogni delle corporate e un uso strategico dell’AI come linguaggio comune. Le startup che riescono a integrare l’AI nei loro processi non solo diventano più competitive, ma anche più “leggibili” dai grandi gruppi, che possono valutarne il potenziale con maggiore rapidità e precisione.

Dalla velocità all’empatia: la nuova dimensione della co-creazione

Ridurre i tempi di produzione e migliorare la qualità delle presentazioni non è l’unico beneficio dell’AI nella co-creazione.

Il vero vantaggio, spiega Ciabattoni, è la possibilità di costruire un dialogo più empatico tra attori diversi, grazie alla capacità dell’intelligenza artificiale di generare prototipi visivi, storie e concept condivisibili.

In un contesto dove le PMI devono spesso “convincere” partner più grandi, l’AI diventa un traduttore universale in grado di rendere visibili idee e intuizioni.

Un progetto che prima richiedeva settimane di lavoro per essere illustrato oggi può essere sintetizzato in visual, storyboard o pitch interattivi generati in poche ore. Ciò consente di creare connessioni più immediate con innovation manager e investitori, spostando il focus dalla forma alla sostanza delle idee.

È una democratizzazione della creatività: la tecnologia riduce le barriere di accesso all’innovazione, offrendo anche alle realtà più piccole strumenti per competere su scala globale.

L’AI come motore del design thinking

Nel design thinking tradizionale, la fase di ideazione era fortemente basata sulla collaborazione umana e sull’intuizione collettiva. Con l’intelligenza artificiale, questo processo viene potenziato attraverso l’analisi dei dati e la generazione di insight in tempo reale.

Ciabattoni osserva che oggi l’AI può essere integrata in ogni fase del ciclo creativo, dalla definizione del problema alla validazione delle soluzioni.

I modelli generativi aiutano a “stimolare” la creatività, proponendo combinazioni inedite di elementi o simulando le reazioni del pubblico. Questo non riduce il ruolo umano, ma ne amplia le possibilità, trasformando la sessione di brainstorming in un vero dialogo con la macchina.

In molte startup, la figura del designer o del project manager si sta evolvendo verso una nuova identità: quella del facilitatore algoritmico, capace di interagire con i modelli AI per estrarre valore dalle loro risposte.

La creatività diventa così un processo ibrido e iterativo, dove intuizione e calcolo convivono.

L’impatto sull’ecosistema dell’innovazione italiana

L’esperienza di Revolt riflette un fenomeno più ampio che interessa l’intero tessuto industriale italiano.

La co-creazione AI non riguarda solo le startup digitali, ma anche settori tradizionali come l’energia, la manifattura o i servizi, dove le PMI stanno iniziando a sperimentare con strumenti di generative design, analisi semantica e simulazioni di processo.

Questa tendenza è favorita da un crescente numero di programmi pubblici e privati di accelerazione e incubazione, ma anche dalla disponibilità di modelli open source e piattaforme accessibili.

L’Italia, caratterizzata da una base produttiva diffusa e frammentata, può trarre particolare vantaggio da questo tipo di innovazione.

La collaborazione uomo–AI consente infatti di superare i limiti dimensionali delle piccole imprese, offrendo loro la possibilità di accedere a capacità progettuali, di analisi e di comunicazione prima riservate alle grandi strutture.

Si tratta di un cambio culturale profondo: le PMI imparano non solo a usare l’intelligenza artificiale, ma a collaborare con essa, rendendola parte integrante del proprio processo creativo.

Verso una nuova cultura dell’innovazione collaborativa

Le parole di Ciabattoni restituiscono un’immagine dell’AI lontana dalle retoriche futuristiche e molto più concreta.

La co-creazione AI non è un esercizio teorico, ma un metodo per migliorare la qualità e la rapidità dell’innovazione.

L’AI diventa un interlocutore capace di dialogare con l’intuizione umana, portando nei processi creativi la stessa logica di iterazione e sperimentazione che ha caratterizzato il software negli ultimi anni.

Il punto di arrivo non è la sostituzione del pensiero umano, ma la sua estensione. L’intelligenza artificiale, nelle parole del CEO di Revolt, è “un agente del team”, una presenza che collabora e apprende insieme alle persone.

Un nuovo modello di progettazione condivisa, che ridefinisce il rapporto tra individuo, impresa e tecnologia, e che segna l’inizio di una stagione di innovazione più accessibile, partecipativa e aperta.

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