Dopo il voto

Brexit, e adesso sarà più difficile trovare investitori nel Regno Unito

L’uscita dall’Unione europea preoccupa anche chi opera nel mercato dei capitali destinati all’innovazione. EconomyUp ha intervistato tre venture capitalist e un business angel per capire come potrebbe cambiare lo scenario dei finanziamenti in Europa. Ecco cosa hanno detto

Pubblicato il 24 Giu 2016

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Tanto tuonò che piovve. Il Regno Unito dice addio all’Unione Europea. Il referendum a cui sono stati chiamati a votare 46,5 milioni di cittadini ha emesso il suo verdetto: con 51,9% dei voti contro 48,1% il «Leave» ha prevalso sul «Remain». La notizia ha generato un vero e proprio terremoto sui mercati mondiali. Alla chiusura al ribasso delle borse asiatiche ha fatto seguito un’apertura shock per quelle europee, a cui si è unito il tracollo della sterlina scesa ai minimi storici da 30 anni a questa parte.

Nel mondo dell’innovazione, particolarmente attento alle dinamiche europee, serpeggia già qualche preoccupazione riguardo ai possibili effetti della Brexit e, anche se è presto per fare previsioni (il processo di abbandono del Regno Unito dall’Unione europea durerà circa un paio di anni), non mancano opinioni e prese di posizione interessanti sul tema. Sul fronte degli investitori il dibattito è già aperto. EconomyUp ha intervistato tre venture capitalist e un business angel per capire come potrebbe cambiare lo scenario dei finanziamenti in Europa.

Ivan Farneti - Expert in residence di Seedcamp

Ivan Farneti (SeedCamp): “Con Brexit gli investitori saranno più scettici”
«Sono sorpreso e frustrato per l’esito del referendum, credo che l’orgoglio dei cittadini britannici abbia prevalso sul buon senso. Da sempre innovazione e creazione di valore beneficiano di mercati larghi e stabili dove le risorse si possono allocare in modo fluido. Brexit ha cambiato le carte. I mercati liquidi hanno iniziato a rispondere alla notizia durante il corso della notte. Il venture capital ha dinamiche un po’ diverse, ed essendo un mercato meno liquido per definizione, credo che ci vorranno molti mesi prima che gli effetti diretti dell’uscita dall’Europa si manifesteranno. Questo vale anche in generale per il mondo dei fondi e delle startup in Gran Bretagna. Tuttavia per chi ha pianificato di fare fundraising nei prossimi mesi (come startup o come fondo), dovrà aspettarsi maggiore scrutinio, scetticismo, e lentezza da parte di investitori»

Lorenzo Franchini, ideatore di ScaleIt

Lorenzo Franchini: (ScaleIT) “Berlino diventerà la nuova patria delle startup”
«
Da investitore sono sicuramente preoccupato. L’Europa ha bisogno di uniformità nella tassazione e soprattuto di un mercato unico. Per chi investe in capitale di rischio il mercato di riferimento è unico, anche se le regole tra Paese e Paese sono diverse. Con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea penso che la leadership londinese verrà messa fortemente in discussione, chi ha deciso di spostare l’operatività lì adesso dovrà rivedere le proprie strategie. A trarne vantaggio saranno altre capitali dell’innovazione come Parigi e Stoccolma. Anche se io scommetto su Berlino, una realtà in cui ho riscontrato personalmente alti tassi di apertura all’innovazione e costi bassi di gestione per chi opera lì. All’Italia assegnerei un ruolo di satellite più che di nuovo hub europeo, ovvero un centro di connessione attivo con il resto dell’ecosistema europeo»

Claudio Giuliano, founder e CEO di Innogest

Claudio Giuliano (Innogest Sgr): “La Brexit potrebbe limitare l’appetito degli investitori”
«Il clima di instabilità che si è venuto a creare ci preoccupa un po’, soprattutto per il crollo delle borse. In generale, tutto ciò potrebbe portare a limitare l’appetito degli investitori, i quali saranno meno incentivati a immettere denaro nell’economia reale. Stesso discorso potrebbe valere per le startup, con minore facilità di flusso e gestione dei capitali insieme si verificherà un effetto disincentivante per chi pensa di trasferirsi nel Regno Unito. Tuttavia, nonostante la notizia sia nel complesso negativa, di buono c’è che si romperà il monopolio di Londra sia in tema di finanziamenti – e penso al fondo europeo degli investimenti che potrebbe magari allocare le proprie risorse altrove – che di risorse umane, con un fisiologico abbassamento della concentrazione di talenti in quella zona»

Andrea Di Camillo, managing partner di P101

Andrea Di Camillo (P101): “La sterlina che si svaluta avrà un impatto negativo sugli economics delle startup”
«Da investitore italiano non sono preoccupato dalla Brexit, perché penso porterà un maggiore afflusso di capitali nel resto d’Europa. Discorso diverso invece per le startup che operano in Inghilterra, una svalutazione così netta della sterlina avrà certamente un impatto determinante e potenzialmente negativo sugli economics dell’azienda. Insomma se fossi uno startupper non andrei a Londra domattina. Per quanto riguarda gli investitori, è ancora presto per dire cosa succederà. C’è capire quale sarà l’impatto sulla loro operatività, e come si relazioneranno con gli investitori del resto d’Europa sui quali per forza di cose si concentrerà l’interesse dell’ecosistema. In ogni caso prevedo un impatto leggero sui fondi di Venture Capital, essendo una asset class che tradizionalmente operana sul medio-lungo periodo»

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