Lettera aperta

UberPop, il diritto e il mercato: qualche pacata riflessione

La coordinatrice del Master di Diritto dell’Informatica dell’Università La Sapienza di Roma torna sulle questioni poste dal servizio proposto dall’app americana anche in Italia e contestata dai tassisti. «La configurazione legale attuale è vantaggiosa, quella economica rischia di non esserlo più»

Pubblicato il 19 Giu 2014

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Dopo l‘intervista pubblicata su EconomyUp qualche giorno fa Irene Sigismondi torna sulle questioni poste dal servizio UberPop con questa lettera aperta

Anzitutto preciso che lo spirito con cui ho raccolto le idee con riferimento a questo problema era di porre in luce alcuni aspetti evolutivi della società dell’informazione e dell’economia digitale e mettere in evidenza i problemi giuridici collegati. È vero che il tema specifico è estremamente delicato ed il riassunto appare semplificato, riduttivo ed impreciso, tuttavia la finalità è proporre un inquadramento giuridico classico di partenza, per far intravedere le possibili linee di evoluzione del diritto in relazione alle sfide dell’economia digitale. Dunque il riferimento al servizio UberPop è un’occasione per riflessioni più ampie, ma il caso in sé resta ancora controverso. Evidentemente, come in ogni situazione, si può leggere più di quel che ho effettivamente inteso mettere in luce.

Vedo però che vi sono stati diversi commenti, alcuni molto puntuali ed anche giustamente critici,  e di questo ringrazio tutti i lettori, perché sono spunti utili per qualche ulteriore riflessione, senza, ovviamente, pretesa di conclusività, dato che si tratta di tematiche in continuo fermento.  Ho dato atto del regime autorizzatorio/concessorio attualmente vigente e dei vantaggi che comporta (tariffe minime e massime, orari prefissati, una certa sicurezza, etc. ), precisando che, in sostanza, l’utente è protetto, almeno come struttura dell’ordinamento (non penso ai singoli casi di disservizio).

Ho aggiunto, però che, se la configurazione legale è vantaggiosa, quella economica rischia di non esserlo più.
Il servizio di taxi non è incluso in quelli immediatamente liberalizzati.  Ciò deriva dalla funzione di garanzia che l’ordinamento deve assicurare  mediante le normative di regolazione che prevedono presupposti e requisiti inderogabili, primo tra tutti il ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea, presso le Camere di commercio, o le caratteristiche delle autovetture. Il regime concessorio ed il numero esiguo delle licenze sembra però eccessivamente pesante rispetto alla esigenze da tutelare (non proporzionato, secondo la terminologia del diritto europeo). Sul punto non a caso si sono succeduti interventi normativi orientati a garantire una più aperta concorrenza (si veda ad es. le previsioni di ampliamento delle licenze, a titolo gratuito o oneroso di cui all’art. 6 D.L. n. 223/06 conv. con modif. in L. 248/06 ed ) o una diversa “configurazione”  tramite gli strumenti della regolazione (si pensi al tentativo del governo Monti con il D.L. n. 1/2012, conv. con modif. in L.  n. 27/2012).

Resta allora, come è emerso anche dai diversi commenti dei lettori, il dilemma se il diritto debba davvero fare dietro-front e far venir meno quelle garanzie di un regime concessorio/autorizzatorio e lasciare al mercato ogni forma di auto-regolazione, oppure, con molta prudenza e cautela, modificare la normativa, non soltanto però avendo a mente una innovazione dei “contenuti”, ma anche dei “modi” con cui si può intervenire, modificando la prospettiva in senso partecipativo.

Infatti,  proprio questo è oggetto di approfondimento al Master in Diritto dell’Informatica e Teoria e Tecnica della Normazione, diretto dalla prof.ssa Luisa Avitabile, in cui svolgo il servizio di coordinamento didattico insieme all’avv. Paolo Galdieri. Si tratta di un Master di II livello, che presenta gli aspetti tecnico-giuridici delle sfide della società dell’informazione, dell’economia digitale e dell’e-commerce e l’evoluzione della teoria e tecnica della normazione, anche con riferimento alla c.d. smart regulation. Personalmente non sono professore di ruolo, sono avvocato, specializzato nel settore i informatico ed in questa veste offro supporto al coordinamento didattico del Master, proprio per fa sì che queste materie e queste problematiche siano introdotte nel curriculum di studi per la preparazione dei giuristi di domani.

* Irene Sigismondi è coordinatrice del Master di Diritto dell’Informatica dell’Università La Sapienza di Roma

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Irene Sigismondi

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