L'OSSERVATORIO

Startup e imprese 2021: in Italia l’81% delle grandi aziende fa open innovation

Il 69% delle imprese italiane ha collaborato con università e centri di ricerca, il 47% ha fatto startup intelligence. Una grande azienda su 2 già collabora con startup. Ma le PMI restano indietro. Andrea Rangone (Osservatorio Startup Intelligence): “Startup fondamentali per lo sviluppo dell’innovazione”. Qui tutti i dati

Pubblicato il 30 Nov 2021

Open innovation 2021 - I dati dell'Osservatorio del Polimi

L’81% delle grandi aziende fa open innovation e la metà collabora con le startup. Lo evidenzia della ricerca degli Osservatori Startup Intelligence e Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano, presentata martedì 30 novembre al convegno “Startup e imprese nella trasformazione digitale: open innovation per accelerare la ripresa”.

Nel contesto di incertezza legata alla pandemia le imprese italiane hanno compreso come l’Innovazione Digitale sia una leva fondamentale per la competitività e la crescita: nel 2022 quasi la metà delle grandi imprese e PMI italiane aumenterà il budget ICT e si prevede una crescita superiore al 4% negli investimenti, riprendendo il trend pre-pandemia, dopo il rallentamento registrato nel 2021 (+0,9%). Cresce l’adozione dell’open innovation, un approccio che si è dimostrato vincente per rispondere in modo rapido alle nuove esigenze e oggi è già praticato dall’81% delle grandi aziende. In particolare, quasi metà (il 49%) ha avviato collaborazioni con le startup, diventate attori sempre più rilevanti nell’economia.

L’indagine, basata su survey, interviste dirette e workshop, ha coinvolto oltre 1800 tra Chief Innovation Officer e Chief Information Officer, Amministratori Delegati e C-level di PMI, fondatori di startup italiane, Innovation Manager e responsabili R&D.

“Oggi startup, imprese e pubbliche amministrazioni stanno affrontano la nuova normalità portando con sé due lezioni apprese dalla crisi – afferma Alessandra Luksch, Direttore degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence del Politecnico di Milano –. La prima è che l’innovazione digitale non è un bene di lusso, ma una leva fondamentale per il progresso del business, per la sopravvivenza nei contesti competitivi e per la transizione ecologica. La seconda è che nessuno può salvarsi da solo: in un periodo di forte crisi e discontinuità, l’esigenza di innovare ha portato molte imprese a guardare a stimoli provenienti dall’esterno”.

Alessandra Luksch
“L’open innovation oggi è una chiave per accelerare la ripresa – dice Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Intelligence -. Le imprese stanno ampliando sempre più anche ad attori non tradizionali il loro ecosistema esterno di innovazione. E le startup sono diventate un attore fondamentale per stimolare lo sviluppo di innovazione anche nelle imprese consolidate, per instaurare partnership, esplorare nuovi trend, nuove tecnologie e nuove opportunità di business”.

Andrea Rangone

Ripresa e investimenti digitali: previsto il 4% in più nel 2022

Tornano a crescere a un ritmo sostenuto gli investimenti in innovazione digitale. Dopo la previsione di crescita del +2,6 del 2019 e del + 2,8% del 2020, nel 2021 la spesa ICT aveva segnato un +0,9%, per poi superare il +4% nelle previsioni 2022. Ma si conferma la propensione a dedicare dei budget per l’innovazione digitale anche in altre funzioni esterne alla Direzione ICT (lo fa il 59% delle grandi imprese), segnale di una spinta a uno sviluppo diffuso dell’innovazione nelle organizzazioni.

Gli investimenti ICT delle grandi imprese nel 2022 si concentreranno soprattutto su sistemi di Information Security e su sistemi di Business Intelligence, Big Data e Analytics, mentre saranno meno prioritarie le aree eCommerce e Smart Working su cui le imprese hanno lavorato molto negli scorsi mesi per rispondere alla pandemia. Anche per le PMI gli investimenti in Information Security sono la priorità, ma sono seguiti da applicazioni di Industria 4.0.

Ben il 63% delle grandi imprese italiane ritiene che l’esperienza della pandemia abbia accelerato i progetti di digitalizzazione. Ed è positivo il giudizio sul PNRR, di cui buona parte dei fondi (49,2 miliardi di euro) sarà destinata ad investimenti in innovazione digitale: il 69% delle grandi aziende ritiene che il PNRR sia utile per la propria organizzazione e l’80% che lo sia in generale per supportare il Paese.

L’organizzazione: il 39% delle imprese vuole una Direzione Innovazione

L’aumento di investimenti in Innovazione Digitale da parte delle imprese italiane porta la necessità di definire una Governance efficace, strutturando adeguati modelli organizzativi per diffondere il processo di innovazione e una “cultura digitale” in tutta l’azienda. A questo scopo, il 39% delle grandi imprese ha deciso di strutturare una “Direzione Innovazione” o un singolo ruolo dedicato, mentre nelle PMI sono ancora molto rari i ruoli dedicati. Nel 44% delle grandi aziende, oltre alla Direzione Innovazione, sono presenti figure provenienti da altre linee di business incaricate di favorire la gestione e la diffusione di innovazione.

È sempre più diffusa la Corporate Entrepreneurship, l’attività volta a creare stimoli imprenditoriali nella popolazione aziendale. Nella maggioranza dei casi si traduce in formazione su competenze digitali e imprenditoriali (47%) e azioni sul management per introdurre stili di leadership indirizzati al change management (46%).

“In un contesto sempre più sfidante e competitivo, in cui le minacce e le possibili fonti di innovazione sono sempre più dinamiche ed eterogenee, le imprese devono trovare un equilibrio tra l’apertura alla sperimentazione aperta ed esplorativa ed il focus  sul conseguimento degli obiettivi di business” afferma Mariano Corso, Responsabile Scientifico della Digital Transformation Academy. “Per far questo, è necessario fornire un chiaro indirizzo e senso di direzione da parte dei vertici aziendali e contemporaneamente sviluppare una “cultura diffusa dell’innovazione” in azienda, superando gli ostacoli, che sembrano essere soprattutto la difficoltà ad accettare il fallimento come parte integrante del percorso di apprendimento, una ridotta propensione a dedicare spazio e tempo a queste attività e la limitata abitudine ad agire con pensiero creativo”.

L’ Open Innovation nel 2021: adottata dalle grandi aziende, meno dalla PMI

Cresce per le imprese la necessità di individuare meccanismi per stimolare l’ecosistema esterno di innovazione e oggi l’81% delle grandi aziende italiane adotta azioni di open innovation. L’ecosistema di attori da cui le imprese traggono stimoli e spunti di innovazione è sempre più ampio e vario, e sono fondamentali anche attori meno tradizionali: il 69% delle imprese ha realizzato collaborazioni con università e centri di ricerca, il 47% azioni di startup intelligence, il 39% partner scouting con imprese consolidate. Le startup sono un attore fondamentale per stimolare l’innovazione anche in imprese consolidate. Il 49% delle grandi imprese già collabora attivamente con startup, mentre per le PMI è un approccio ancora poco diffuso.

“L’adozione di approcci di open innovation è una pratica sempre più diffusa all’interno delle imprese italiane, soprattutto in quelle di grande dimensione – dice Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Intelligence – con una predilezione per gli approcci ‘inbound’ che puntano a stimolare e sfruttare opportunità provenienti dall’esterno. In particolare, spiccano le collaborazioni con enti di formazione e ricerca, la ricerca di startup e la definizione di partnership con altre imprese. Sta altresì crescendo l’attenzione ad integrare questi spunti con le iniziative interne volte a favorire una cultura interna d’innovazione più esplicita e pervasiva”.

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