Questioni di sistema

Startup BtoB o BtoC? Il dilemma dello sviluppo

Le startup possono e devono essere un motore di innovazione anche in questo ambito. Cioè con un approccio BtoB (Business to Business), a supporto delle imprese consolidate. Alcuni imprenditori illuminati l’hanno capito e ci stanno investendo. Con un mix di mecenatismo e di business.

Pubblicato il 23 Giu 2013

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Federico Barilli, Segretario Generale di Italia Startup

Il mondo delle startup è in pieno fermento. L’iniziativa politica del Ministro Passera ha dato luce, nel 2012, a un fenomeno che, sotto traccia, stava già sviluppandosi in modo importante. Chi è stato alla recente Fiera delle Startup promossa dal Sole 24 Ore a Milano se ne è reso conto in maniera evidente: le nuove imprese innovative sono una realtà emergente e significativa del nostro Paese. Ci stanno provando in tanti. Soprattutto giovani che faticano a trovare sbocchi di lavoro. Ma anche molti ex manager o ex imprenditori di settori maturi che si avventurano nella strada della nuova impresa ad alta innovazione.

È il futuro del nostro sistema. È la dimostrazione concreta che dalla crisi possono scaturire nuove energie positive. Il digitale, il mondo applicativo e della rete la fanno da padroni. I costi di avvio infatti sono, generalmente, più contenuti. Le possibilità di crescita, se il mercato reagisce positivamente, possono essere rilevanti.

Ma anche i rischi sono alti, nel senso che gran parte dei progetti in quest’ambito rispondono a un approccio BtoC (Business to Consumer), cioè sono rivolti ai consumatori finali. In tale ambito il mercato è il mondo e quindi la competizione è molto più dura. Il nostro, come sappiamo, è il paestra i modellie del Made in Italy. È il secondo produttore di manufatti europeo e il quinto nel mondo. Pasta, moda, arredo e design. Ma anche meccatronica, strumenti di precisione, occhiali e oreficeria.

Un mix straordinario di artigianato e di industrializzazione di alta qualità, con una presenza capillare nei mercati di tutto il mondo. Le startup possono e devono essere un motore di innovazione anche (e mi verrebbe da dire soprattutto) in questo ambito. Cioè con un approccio BtoB (Business to Business), a supporto delle imprese consolidate. Alcuni imprenditori illuminati, ancora troppo pochi, l’hanno capito e ci stanno investendo. Con un mix di mecenatismo e di business. Per aiutare i giovani a trovare nuovi sbocchi, ma con una giusta attenzione agli sviluppi imprenditoriali e industriali che ne possono scaturire. In una logica sia di innovazione di prodotto che di processo.

Chi si avventura in una nuova impresa dovrebbe aver presente questo indirizzo strategico e puntare su progetti che siano di sostegno, fin dalla genesi, all’industria del made in Italy. Con costi di avvio probabilmente più rilevanti, ma con una più alta possibilità di successo.

La parola chiave è contaminazione. Di modelli, di prodotti e di processi. La strada non è quella che l’impresa “matura” insegni a quella giovane come si deve fare. Né viceversa. Il giusto modello è quello di contaminare i modelli. Il rinnovamento e il rilancio del nostro sistema industriale passa molto da qui. Da un’integrazione tra modelli industriali consolidati e modelli imprenditoriali innovativi.

Viva tutte le startup, anche quelle BtoC. l’Italia ha bisogno di nuovi champion, come quelli nati negli anni 60/70′. Ma viva soprattutto le startup che aiutano l’industria italiana a rilanciarsi, così come le imprese che sanno valorizzare e farsi contaminare dalle startup più smart.

Federico Barilli è il Segretario Generale di Italia StartUp

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