La storia

GIPSTech, una start up che è nata (e resta) in Calabria

La prima idea del progetto che ha vinto il TechCrunchItaly 2013 è di tre dottorandi che hanno incontrato sulla loro strada Matteo Faggin. Che in questa intervista racconta come funziona la gelocalizzazione in ambienti chiusi. E perché potrebbe essere rivoluzionaria. Se funzionerà

Pubblicato il 03 Ott 2013

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Se funzionerà, sarà una tecnologia in grado di rivoluzionare il concetto stesso di geolocalizzazione. Ci hanno creduto tre dottorandi calabresi, che hanno speso notti insonni per metterla a punto, ci ha creduto il manager padovano che li ha scoperti e voluti come soci ma soprattutto ci ha creduto la giuria di Tech Crunch Italy, che ha fatto loro vincere la Start Up Competition da 50.000 euro in occasione dell’ evento (26 e 27 settembre a Roma) dedicato alle neo-imprese. Il progetto si chiama GIPSTech ed è un innovativo sistema di geolocalizzazione che consente di farsi guidare all’interno di un sistema chiuso senza bisogno di alcuna infrastruttura dedicata tipo wi-fi, ma usando il campo geo-magnetico esistente in natura. “Abbiamo fatto i primi test e ha funzionato” spiega a EconomyUp Matteo Faggin, co-founder di quella che, in effetti, non è ancora ufficialmente un’impresa ma solo un piccolo gruppo di 35/40enni con elevate competenze e desiderio di mettere in piedi un loro business. “Siamo ancora in fase iniziale – prosegue – ma entro l’anno contiamo di trovare investitori e costituirci come impresa. Investire in noi, non lo nascondiamo, è un potenziale rischio. Ma lo è, sempre, investire in innovazione”.

Come è nato il vostro team?
Tutto parte da tre dottorandi dell’Università della Calabria: Gaetano D’Aquila, Giuseppe Fedele e un terzo socio che lavora per un’azienda estera e per il momento non vuole avere visibilità. Sono tutti laureati in Ingegneria informatica con varie specializzazioni. Io sono di Padova, anche se da 10 anni non vivo più in Veneto, e ho un Mba in Business administration alla University of Maryland. Ci siamo incontrati perché, nel mio lavoro “diurno”, collaboro con un fondo di investimento che investe anche in start up. Per anni i miei soci attuali avevano lavorato la sera e nei fine settimana allo sviluppo di questa tecnologia per la geolocalizzazione funzionante anche all’interno degli edifici, dove il Gps non arriva, fino ad arrivare ad un prototipo funzionante nella primavera del 2013. A quel punto i tre si erano rivolti al fondo per cui lavoravo. La cosa non è andata avanti, ma l’iniziativa ha suscitato il mio interesse e abbiamo deciso di unire le forze: competenze tecniche e know how manageriale.

Il cuore di GipsTech è calabrese. Quindi non è vero che al Sud ci sono meno opportunità per fare impresa?
In realtà l’Università della Calabria ha un ottimo centro per la formazione in informatica e per la creazione di start up. C’è l’incubatore TechNest. Insomma un po’ di ecosistema si è creato. E poi sono territori in cui c’è poco lavoro e quindi bisogna rimboccarsi le maniche e inventarselo.

Avete già investitori interessati al progetto?
Al momento offerte concrete sul tavolo non ce ne sono ma siamo in fase avanzata di colloqui con alcuni investors e intendiamo chiudere le trattative entro l’anno. Sempre prima della fine del 2013 ci costituiremo in start up.

Quale sede sceglierete?
Ne abbiamo già una di Ricerca e Sviluppo presso l’Università della Calabria e resterà lì. Per la parte commerciale dovremo essere presenti a livello internazionale. I nostri clienti sono sviluppatori, perciò penso a Berlino, Londra, Shangai, Stati Uniti. Ma naturalmente dovremo prima raccogliere i finanziamenti necessari.

Perché a Tech Crunch Italy avete vinto proprio voi? Cosa avevate di diverso dagli altri rispetto agli altri 7 finalisti (scelti tra 200 idee d’impresa)?
Tutti i progetti erano molto interessanti. Ma noi proponiamo una tecnologia che, una volta collaudata, sarà rivoluzionaria. Parlo in termini ipotetici perché c’è sempre un elemento di rischio: va detto che abbiamo fatto i necessari test e ne abbiamo verificato il funzionamento in ambienti di dimensioni limitate. La scommessa ora è farla funzionare su più larga scala. In sostanza la nostra tecnologia permette di usare il segnale geo-magnetico in maniera molto avanzata. In pratica in futuro il cliente di un supermercato che cerca, per esempio, il sale, non dovrà far altro che chiederlo ad una app, la quale “interpreterà” questo segnale “connaturato” all’edificio e lo indirizzerà nel posto giusto.

Prevedete anche sviluppi per i non vedenti?
Certamente: c’è un vasto spazio d’azione per iniziative dedicate ai diversamente abili. Per esempio una persona in carrozzina all’interno di un palazzo potrà verificare il percorso che le consenta di identificare, e quindi superare, le barriere architettoniche.

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