Tecnologia vuol dire produttività, ma l’innovazione è un’altra cosa

Le aziende che investono in tecnologia creano più valore, dice l’ISTAT. Ma servono anche visione e cultura. L’ecommerce continua a crescere, gli accessi da mobile superano per la prima volta quelli da desktop ma c’è chi affronta il digitale a metà. Come, ad esempio, Esselunga o Carrefour

Pubblicato il 19 Mag 2017

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La tecnologia fa crescere la produttività. L’ultima conferma arriva dal Rapporto Annuale 2017 dell’ISTAT : le aziende che investono in tecnologia creano più valore di quanto non facciano quelle che, ad esempio, puntano solo all’efficienza (leggi contenimento dei costi e tagli). Visto che tra il 2000 al 2014 la produttività in Italia è calata del 6,2%, ricorda sempre l’Istituto centrale di statistica, vuol dire che da oltre 10 anni le imprese italiane investono poco o punto sulla tecnologia e sull’innovazione. Questo spiega il gap di competitività rispetto ad altri Paesi europei ma anche la schizofrenia di tante aziende in questi ultimi mesi: eccitate nella comunicazione, molto caute nell’azione.

La questione non riguarda solo la quantità degli investimenti in tecnologia. La trasformazione digitale non è certo una partita che si vince comprando qualche macchina o qualche software in più: non basta avere un buon centravanti se manca il regista a centrocampo. Il ritardo tecnologico ha creato un oggettivo ritardo culturale nella comprensione dei fenomeni, anche sociali, indotti dalle tecnologie digitali ma anche delle opportunità che le stesse offrono per creare nuove relazioni e nuovo valore.

Se siamo a questo punto è perché per troppi anni il sistema delle imprese ha rimosso quel che gli stava accadendo intorno per autogiustificare la propria inerzia. Bastava continuare a parlare di “nuove tecnologie” per convincersi che si poteva attendere, che il mercato non era maturo, che non c’erano ancora ritorni, etc. etc. etc. Nel frattempo la tecnologia correva ma soprattutto il tempo passava. Alcuni processi hanno ormai una dimensione che possiamo definire storica: il primo ecommerce risale agli anni 70, Internet in Italia ha già superato il quarto di secolo, gli smartphone sono sul mercato da 15 anni. Eppure c’è chi ancora aspetta, valuta, fa un passo ma non completa il cammino, nonostante i dati, nonostante l’evidenza della realtà. Non è mai facile introdurre cambiamenti nelle organizzazioni complesse, ma diventa ancora più difficile quando manca una visione chiara, una strategia, un piano.

L’ecommerce continua a crescere, ci ha confermato Netcomm2017, e non potrebbe essere diversamente visto il ritardo che abbiamo accumulato, non tanto rispetto agli Stati Uniti ma anche verso l’Europa: + 16% nel 2017 per un valore di circa 23 miliardi. Nel frattempo ComScore ci fa sapere che per la prima volta in marzo gli utenti mobile-only superano quelli desktop-only. Non dovremmo sorprenderci visto che da anni si annuncia il sorpasso degli smartphone sui computer. Quali sono i mercati con più alti accessi da mobile? News e retail, l’80% dell’audience. Significa che solo 20 persone su 100 si collegano a Internet dal computer per leggere una notizia o comprare qualcosa.

Dovrebbe essere naturale, quindi, per chi opera nel commercio muoversi secondo una logica “mobile first”. Come ha fatto Amazone con PrimeNow, tanto per intenderci: prima è arrivata l’app, solo dopo è stata data la possibilità di fare la spesa anche da desktop. I nostri grandi player della grande distribuzione, invece, sembrano muoversi ancora in senso contrario. Se vuoi fare la spesa on line con lo smartphone (o un tablet) da Esseleunga, tanto per fare un esempio, entri nell’app e scopri tra i “servizi utili” una voce chiara: “spesa on line”. Clicchi e ti viene comunicato che “stai entrando nel sito di spesa on line di Esselunga”. E qui ci fermiamo alle scomodità di navigazione e di ricerca dei prodotti senza entrare nel costo del servizio di consegna e soprattutto nei tempi di consegna che sono ben diversi da quelli garantiti da Amazon. Ma logistica e customer care sono un altro discorso. Per restare nell’ecommerce un altro bell’esempio di “innovazione interrotta” è quella di Carrefour Italia, che ha messo a punto un originale sistema che fa leva sui suoi punti vendita fisici. Benissimo. Anche in questo dall’app vai al sito ma il colpo di scena arriva quando ti suonano alla porta: il gentile fattorino ti consegna le tue buste e poi tira fuori 4foglidicarta4 da firmare come ricevuta. E allora capisci perchè Amazon continuerà a farla da padrone per molto tempo ma capisci anche che c’è ancora tanto da fare e tante opportunità per chi avrà voglia, startup comprese, di dare la sveglia alle aziende.

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