Nel Global Risks Report 2025 del World Economic Forum (WEF), i rischi ambientali dominano l’orizzonte a 10 anni (eventi estremi, perdita di biodiversità, stress sugli ecosistemi), mentre disinformazione e conflitti amplificano vulnerabilità e ritardi nell’azione. Tradotto in linguaggio d’impresa: la sostenibilità non è “nice to have”, è gestione del rischio e continuità operativa.
Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, con una temperatura media globale stimata a +1,55 °C rispetto all’età pre‑industriale. Non è solo un dato fisico: è un costo economico crescente che colpisce catene del valore, assicurazioni, infrastrutture. Il rapporto State of the Global Climate 2024 dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO, World Meteorological Organization) collega il record termico a indicatori “spia” – livello del mare e calore oceanico – ormai su massimi storici.
Gli effetti si cominciano a sentire: secondo Munich Re, i disastri naturali del 2024 hanno generato 320 miliardi di dollari di perdite economiche globali, di cui 140 miliardi assicurati, terzo anno più costoso per il settore. Aon conferma l’ampliarsi del “protection gap” (differenza fra danni totali e quota assicurata), soprattutto per le alluvioni.
Indice degli argomenti
Sviluppo sostenibile: ecco quali sono le normative da rispettare
La CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), la nuova direttiva UE, impone in modo graduale rendicontazione di sostenibilità “in doppia materialità” (impatto dell’impresa su ambiente e società e impatti finanziari di ambiente e società sull’impresa) secondo gli ESRS (European Sustainability Reporting Standards). Le prime imprese hanno rendicontato nel 2025 sui dati 2024. La Commissione ha anche varato un “stop‑the‑clock” per alleggerire i carichi delle ondate successive, senza però toccare il principio cardine della doppia materialità.
Poi ci sono gli standard ISSB (International Sustainability Standards Board): gli standard globali IFRS S1 (requisiti generali) e IFRS S2 (clima), che valgono per le imprese avviate dal 1° gennaio 2024, creano un baseline internazionale d’informativa finanziaria di sostenibilità. ISSB ed EFRAG hanno pubblicato guide di interoperabilità per ridurre le duplicazioni tra ISSB ed ESRS: un’azienda può soddisfare entrambi con percorsi coordinati.
NZIA (Net‑Zero Industry Act): la nuova regolazione industriale UE fissa l’obiettivo‑benchmark che entro il 2030 la capacità manifatturiera europea copra almeno il 40% del fabbisogno annuale di tecnologie “net‑zero” (per esempio fotovoltaico, eolico, batterie, pompe di calore, elettrolizzatori, componenti rete, CCUS = Carbon Capture, Utilisation and Storage).
CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism): il “dazio sul carbonio” in frontiera entra a regime nel 2026 dopo una fase transitoria (2023‑2025). Obiettivo: prezzo equo della CO₂ incorporata in beni importati ad alta intensità (cemento, acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità, idrogeno), contrastando la carbon leakage (delocalizzazione delle emissioni) e creando domanda per prodotti low‑carbon.
Nature Restoration Law: la UE introduce obiettivi vincolanti di ripristino degli ecosistemi, coprendo almeno il 20% di terre e mari al 2030 e tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050. È un segnale diretto per il rischio fisico e per i business che dipendono dal capitale naturale.
Che cosa dicono a un CEO tutte queste norme? Anticipare questi standard riduce rischio regolatorio, migliora l’accesso a capitali (debito ed equity) e apre nuove opportunità di ricavo.
I numeri dell’innovazione verde: investimenti, costi e ritorni
Secondo IEA (International Energy Agency), nel 2025 gli investimenti energetici globali toccano 3,3 trilioni di dollari, la maggioranza diretta verso energia pulita. L’inerzia non è un’opzione: alla COP28 oltre 130 Paesi hanno aderito all’impegno per triplicare la capacità rinnovabile entro il 2030 (≈ 11 TW) e raddoppiare il tasso di efficienza energetica. Sono target che orientano aste, procurement e capex privati.
Sul fronte macro-settori, sempre l’IEA evidenzia che la crescita della domanda è trainata da veicoli elettrici (EV), data center e elettrolizzatori per l’idrogeno, con implicazioni dirette per reti e flessibilità.
E la redditività? Una meta‑analisi NYU Stern Center for Sustainable Business su 1.000+ studi mostra che migliori performance ESG (Environmental, Social, Governance) sono associate a performance finanziarie pari o superiori nelle ricerche corporate e che l’investimento ESG performa in media in linea o meglio del tradizionale. La letteratura non è monolitica, ma il “premio” per management e processi solidi emerge con coerenza.
Dove innovare davvero: quattro cantieri con impatto (e ROI)
Energia pulita e flessibilità
Le aziende possono abbattere costi e volatilità con autoproduzione (fotovoltaico, eolico on‑site), PPAs (contratti a lungo termine per l’energia, Power Purchase Agreements, spiegati come accordi tra produttore e consumatore per un prezzo fisso) e demand response (adattare i consumi ai segnali di rete). L’impegno COP28 su rinnovabili/efficienza e i segnali di prezzo 2025 rendono questa leva la più matura.
Industria “hard‑to‑abate”
Acciaio, cemento, chimica di base, aviazione e shipping sono settori difficili da decarbonizzare (hard‑to‑abate). L’IEA stima un pipeline in crescita di progetti per idrogeno a basse emissioni (elettrolizzatori annunciati ≈ 520 GW al 2030) ma sottolinea la necessità di politiche spinte dalla domanda (appalti verdi, standard di prodotto).
Economia circolare
Il mondo è solo per il 6,9% “circolare” (quota di materiali riutilizzati sul totale estratto), in calo rispetto a pochi anni fa. Ampliare riuso, remanufacturing e riciclo è un bacino di valore sottoutilizzato che riduce Scope 3 (emissioni indirette lungo la catena del valore) e aumenta resilienza agli shock di fornitura.
Transizione 5.0 in Italia
Il piano nazionale Transizione 5.0 sostiene nel biennio 2024‑2025 investimenti per l’efficientamento energetico e la digitalizzazione dei processi (credito d’imposta condizionato a riduzioni dei consumi di almeno 3% a livello di sito o 5% per processo). Dotazione: 12,7 miliardi di euro. È un moltiplicatore per progetti “green‑digital” ad alto ritorno operativo.
Metriche, governance e dati: cosa misurare (e come dirlo bene al mercato)
Scope 1, 2, 3
Secondo il GHG Protocol (Greenhouse Gas Protocol, lo standard contabile più usato per le emissioni), Scope 1 sono emissioni dirette (caldaie, fumi di processo, flotte), Scope 2 le indirette da elettricità/calore acquistati, Scope 3 tutte le altre lungo la catena a monte e a valle (materie prime, logistica, uso e fine vita dei prodotti). Definizioni coerenti con US EPA. (GHG Protocol, US EPA)
Doppia materialità: richiesta da CSRD/ESRS, unisce la materialità di impatto (inside‑out: cosa l’impresa causa a persone/ambiente) e la materialità finanziaria (outside‑in: come i fattori ESG impattano su performance e rischi). ISSB‑EFRAG hanno pubblicato linee guida di interoperabilità per aiutare le aziende con doppio perimetro (UE e mercati globali). (IFRS Foundation)
EU Taxonomy KPI: le imprese devono divulgare la percentuale di ricavi, CapEx e OpEx allineati alla tassonomia UE(classificazione di attività “ambientalmente sostenibili”). È un indicatore “duro” della direzione strategica (oggi e domani). (EUR-Lex)
CBAM & domanda verde: dal 2026, il CBAM sposterà la domanda verso acciaio, alluminio, fertilizzanti, cemento, ecc. a basse emissioni; chi è pronto con prodotti “low‑carbon” avrà premi di mercato e minori frizioni doganali. (Taxation and Customs Union)
Dalla teoria al piano d’azione: una roadmap essenziale
Entro 90 giorni
- Baseline emissioni Scope 1‑2‑3 e analisi di doppia materialità (impatti, rischi, opportunità). Integrare i dati nei sistemi finance/controlling per evitare “report paralleli”. (GHG Protocol, IFRS Foundation)
Entro 180 giorni
- Target e capex plan coerenti con gli standard ISSB/ESRS; avvio procurement verde e contratti PPA; candidatura a incentivi (es. Transizione 5.0 per imprese italiane). (IFRS Foundation, Finance, MIMIT)
Entro 12 mesi
- Progetti faro su efficienza/rinnovabili, iniziative circolari su 2‑3 classi di materiali critici, pilota idrogeno/CCUSdove rilevante (hard‑to‑abate), e data strategy per garantire tracciabilità e assurance dei dati (audit readiness). (Mission Possible Partnership)
Domande frequenti dei board
“L’innovazione verde costa: il ROI dov’è?”
Il capex “green” riduce Opex (energia) e rischio regolatorio (CBAM/CSRD), migliora l’accesso ai capitali e difende quote di mercato dove i clienti impongono standard low‑carbon. Le meta‑analisi su ESG e performance indicano che, in media, non c’è penalità di rendimento e spesso c’è un premio. (Stern School of Business)
“Meglio seguire CSRD o ISSB?”
Se operi in UE, CSRD/ESRS è obbligatoria; ISSB (IFRS S1‑S2) è il baseline globale. L’interoperabilità pubblicata congiuntamente riduce gli oneri di doppio reporting: progetta una sola architettura dati a prova di entrambi. (IFRS Foundation)
“Qual è il rischio di arrivare tardi?”
Oltre a sanzioni e costi doganali (CBAM), paghi un premio sul capitale e rischi di uscire dai vendor list dei clienti che richiedono prodotti allineati a standard ambientali. I rischi fisici (eventi estremi) stanno già impattando supply chain e assicurazioni. (Taxation and Customs Union, Munich Re)
Glossario
WMO (World Meteorological Organization): agenzia ONU che coordina meteorologia e climatologia a livello globale.
Protection gap: quota di danni economici da disastri non coperta da assicurazione.
CSRD/ESRS: direttiva UE e relativi standard tecnici che obbligano grandi imprese e quotate a rendicontare impatti, rischi e opportunità ESG con criteri comuni e verificabili.
Doppia materialità: combinazione di materialità di impatto (inside-out) e materialità finanziaria (outside-in).
ISSB – IFRS S1/S2: standard globali di disclosure sulla sostenibilità (S1) e sul clima (S2), efficaci dal 2024.
NZIA (Net-Zero Industry Act): regolamento UE per espandere la produzione interna di tecnologie net-zero; 40% del fabbisogno UE entro il 2030 è il benchmark.
CBAM: meccanismo europeo di adeguamento del carbonio alla frontiera, a regime dal 2026.
IEA (International Energy Agency): organismo intergovernativo che pubblica analisi e scenari energetici globali.
COP28: 28ª Conferenza ONU sul clima (Dubai, 2023), dove è stato lanciato l’impegno per triplicare le rinnovabili entro il 2030 e raddoppiare l’efficienza.
Hard-to-abate: settori difficili da decarbonizzare per processi o calori di processo (acciaio, cemento, chimica, aviazione, shipping).
Idrogeno a basse emissioni: idrogeno prodotto con elettrolisi alimentata da rinnovabili o da fonti fossili con CCUS; capacità annunciata di elettrolizzatori ≈ 520 GW al 2030.
Scope 1/2/3: categorie GHG Protocol per classificare le emissioni di gas serra di un’impresa (dirette; energia acquistata; restante catena del valore).
EU Taxonomy KPI: percentuali di ricavi/CapEx/OpEx allineati alla Tassonomia UE, da riportare nei bilanci di sostenibilità.
Transizione 5.0: piano italiano di incentivi 2024-25 per innovazione digitale ed energetica (credito d’imposta condizionato a riduzioni di consumo), 12,7 mld €.
Conclusione: la sostenibilità come “operating system” della crescita
La sostenibilità non è un capitolo di CSR, è il nuovo sistema operativo della crescita: riduce rischi, taglia costi, apre mercati. Chi integra da subito standard di reporting (CSRD/ISSB), metriche dure (Taxonomy KPI, Scope 1‑2‑3), innovazione tecnologica (energia, efficienza, circolarità, idrogeno/CCUS) e policy intelligenti (sfruttando incentivi come Transizione 5.0) costruisce vantaggio competitivo in un contesto in cui clima e natura sono diventati variabili economiche “di primo ordine”. Gli investimenti stanno già convergendo lì; le regole pure. La domanda, per i board, non è se farlo: è quanto velocemente riuscire a farlo meglio dei concorrenti. (IEA, Taxation and Customs Union).




