LA GUIDA
Startup studio (o venture builder): che cosa sono, come funzionano e quali sono in Italia
Uno startup studio, o venture builder, parte dall’analisi del mercato per creare un portafoglio di giovani società innovative di qualità e a basso rischio. Numeri, protagonisti, case study
di Stefano Casini
Pubblicato il 23 Mar 2022
Gli startup studio stanno sempre più germogliando anche alle nostre latitudini. A settembre 2021 è stata annunciata a Torino la nascita di Vento, “il primo startup studio non-profit italiano che aiuta i giovani a creare da zero aziende disruptive”. E poco prima sempre a Torino, Mamazen, nato nel 2018, ha presentato la sua nuova holding IH1.
A livello internazionale, negli ultimi anni il numero di startup studio – o venture builder, o anche company builder – è cresciuto in modo esponenziale, e anche in Italia c’è grande fermento. Nomi e protagonisti nuovi, che aumentano a buon ritmo soprattutto nell’ultimo anno, e che si vanno ad aggiungere a realtà già consolidate come Nana bianca (a Firenze), Startup Bakery (Milano), Wda (Web digital advisor, a Roma), Kitzanos (Cagliari), Broxlab (Potenza), Cantieri Digital MedTech (italo-tedesca), e altri ancora.
Startup studio, una definizione
Uno startup studio è una sorta di fabbrica di startup, un generatore di nuovo business, che parte dall’analisi del mercato e delle sue tendenze più promettenti, e procede da una domanda potenziale e anche latente, a cui dare una risposta nuova e specifica. Un modello incentrato sulla scalabilità veloce di un numero selezionato di progetti, che permette la creazione da zero di un portafoglio di startup di qualità e a basso rischio. Proprio perché ben studiate e pianificate a tavolino, le ‘creature’ di una company builder hanno in genere un tasso di crescita maggiore e un go-to-market più rapido rispetto alla media.
Gli Startup studio nel mondo
A oggi esistono circa 600 startup studio in tutto il mondo. Secondo i report realizzati da Gssn nel 2020 e Studiohub nel 2021, le due principali community internazionali del settore, il tasso di successo delle startup prodotte da un venture builder si muove in un range tra il 35% ed il 70% del totale, mentre le startup ‘tradizionali’ secondo Forbes falliscono nel 90% dei casi.
Capostipite di questo modello di sviluppo imprenditoriale è stata la californiana Idealab, guidata dal visionario Bill Gross, che dalla metà degli Anni ’90 ha dato vita a oltre 150 startup e 47 exit, di cui 35 Ipo in Borsa. Altri ‘pesi massimi’ del settore sono ad esempio Expa, creata a San Francisco da uno dei fondatori di Uber, e in Europa Betaworks e la berlinese Rocket Internet.
“Una startup nasce in genere dall’idea iniziale e originale di un fondatore. Che comincia, da un lato, a testarla e a costruirci un modello di Business e, dall’altro, a proporla a degli investitori”, rileva Alessandra Luksch, direttrice degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence del Politecnico di Milano. Che fa notare: “il punto debole di questo approccio e percorso sta nel fatto che il founder spesso, o quasi sempre, si ‘innamora’ della propria idea e del proprio progetto”, e li porta avanti anche se non incontra i giusti riscontri dal mercato. Fino a scontrarsi con la realtà dei fatti, fino al fallimento di un un’iniziativa che poi non regge al confronto con la domanda di consumo.
Come funziona uno Startup studio
Uno startup studio procede, invece, non da un’idea originale e suggestiva, ma da un’analisi metodologica e accurata del mercato e dei suoi trend più promettenti. Imposta quindi il relativo modello di business, e costruisce la ‘squadra’ necessaria per farlo funzionare. Lo startup studio, in genere, ci mette anche i capitali necessari, sceglie e incarica la figura che guiderà la nuova startup, mette a disposizione tutte le risorse per crescere e scalare velocemente. “Partendo da un bisogno e da una domanda del mercato, e non dall’idea di qualcuno, ciò aumenta la probabilità che la startup abbia effettivamente successo”, rimarca Luksch: “Questo approccio, meno visionario ma più concreto e analitico, è tale per cui un venture builder crea nuove startup con un tasso di successo maggiore rispetto alle altre: si può passare da percentuali di successo di una su dieci, a numeri che raddoppiano e a volte triplicano questa media”.
È proprio il primo periodo di avviamento quello più critico e che alza il tasso di mortalità delle startup, mentre quelle generate da un venture builder con presupposti e prospettive migliori oltre a essere più resilienti danno anche performance operative migliori. I modelli di business da seguire possono essere diversi: c’è chi punta a ottenere profitti importanti dall’attività avviata, ma la strategia più comune vuole far crescere la ‘creatura’ per poi guadagnarci con la sua Exit.
Venture builder: cosa leggere, cosa guardare
Questo mondo in forte evoluzione è anche descritto e raccontato in diversi libri e pubblicazioni, come ‘Startup Studio Playbook’, stampato in Italia da Intraprendere Edizioni e scritto da Attila Szigeti, massimo esperto internazionale del settore. Che rimarca: “l’Italia ha imprenditori che sognano in grande e per iniziare c’è sufficiente potenziale di mercato locale”, ma allo stesso tempo sottolinea l’importanza di “metodi e mentalità necessari per prosperare, sia livello locale che globale”.
Su YouTube si trovano video come ‘Cosa è uno startup studio?’, realizzato da Mamazen, e anche Alessandro Arrigo, amministratore delegato e co-fondatore di Startup Bakery racconta il modello di questi venture builder. Sottolinea: “ci sono almeno 9 differenze nel fare startup in uno startup studio. Ad esempio, la collegialità dello startup studio, la presenza di una governance e l’attività stessa di gestione di un portafoglio di startup tende a eliminare, o almeno riduce fortemente, il bias individuale. Se un’idea non va, lo Startup Studio ha l’interesse a dirottare risorse su altre idee e altre startup all’interno del proprio piano di investimenti”.
Un altro libro interessante è poi ‘Creare modelli di business’ di Alexander Osterwalder, che detta i fondamenti del Business Model Canvas, lo schema più potente per sviluppare business innovativi. Un vero e proprio manuale operativo, una guida pratica per startupper seriali.
Startupper che diventano venture builder
Un venture builder è tipicamente creato da startupper seriali, imprenditori e manager che in precedenza hanno già fondato diverse startup, accumulando in questo modo esperienze, conoscenze, anche errori, capacità operative e di sviluppo. È il caso, ad esempio, di innovatori come Enrico Pandian – già fondatore di startup di successo come Supermercato24, poi diventata Everli, e anche di Checkout technologies e FrescoFrigo – che tra Verona e Milano ha dato vita alla company builder StartupGym. Non a caso, ha come slogan “We build companies”, per togliere ogni dubbio.
È anche il percorso di Roberto Macina, fondatore dieci anni fa di Qurami e UFirst, che ha poi forgiato lo startup studio Wda. Il modello di business in questo caso è un po’ diverso dal solito: con Wda non si parte dall’analisi dei trend di mercato, ma si accolgono startup già avviate e che abbiano già raccolto almeno un primo finanziamento. In pratica, non si parte proprio da zero, ma si scelgono realtà che abbiano fatto i primi passi con le proprie gambe, per poi farle salire a bordo del venture builder e accelerarne la corsa.
Startup studio in Italia
In Italia ci sono diversi startup studio già avviati e affermati da tempo, e altri di recente e recentissima formazione.
Mamazen
Il già citato Mamazen è stato tra i primi a nascere in Italia, appena 3 anni fa, e ha come obiettivo quello di creare una o due startup di successo ogni anno, puntando su imprese digitali con un impatto sociale positivo. Ora alla sua attività affianca la holding IH1, che nei prossimi anni investirà 10 milioni di euro, di cui 3 milioni in Mamazen e 7 milioni nelle migliori dieci startup che lo studio lancerà. Ecco come creano nuove startup ambiziose: lo Studio genera oltre 100 idee e ne misura l’interesse attraverso la customer discovery. Si passa poi a una fase di testing che ha l’obiettivo di restringere il cerchio a 50, poi a 10 e infine a un numero da 1 a 3 idee, da lanciare sul mercato. A marzo 2022 IH1 ha annunciato il primo closing da 1 milione e 650mila euro, che si aggiungono ai 750 mila raccolti in precedenza da Mamazen. Totale: 2,4 milioni che verranno investiti per dar vita a nuove startup. Con l’operazione è entrato nel Gruppo il primo investitore internazionale, il Fondo di investimento colombiano Asiri.
Startup Bakery
La company builder milanese Startup Bakery lavora aggregando un team misto di professionisti, composto da risorse interne ed esterne, tutte abituate a fare startup. In questo modo può replicare la gemmazione e lo sviluppo delle iniziative con efficienza sempre maggiore (dal 2022 creeranno una startup ogni 4 mesi) e di recente hanno chiuso con successo un round di investimento da 750mila euro, che consentirà di operare con l’obiettivo di realizzare le exit delle startup avviate.
Nana Bianca
Nana Bianca è lo startup studio fiorentino i cui fondatori, Alessandro Sordi, Paolo Barberis e Jacopo Marello, sono gli stessi che diedero vita a Dada, l’internet company nata nel 1995 poi fusa con Register. La loro filosofia oggi è di accompagnare le startup valorizzando il più possibile il capitale umano, che secondo loro è più rilevante del capitale finanziario.
FoolFarm
FoolFarm è nata a luglio 2020, già a dicembre scorso avevano ricevuto l’adesione di 30 nuovi soci, raccogliendo un capitale complessivo di 2,1 milioni di euro e registrando due brevetti. Si propone come un innovation hub, sviluppando startup sia partendo da progetti interni, applicando il modello dello startup studio, sia in modalità as-a-service per conto di aziende che sono alla ricerca di specifiche innovazioni. Con una particolarità in più: si concentra esclusivamente su soluzioni basate sull’intelligenza artificiale.
First Bite
First Bite è invece il primo startup studio in Italia per il settore foodtech: attraverso sinergie con aziende e investitori, guida le imprese fino all’inserimento nel mercato e nell’ecosistema che unisce alimentazione e tecnologie. First Bite studia costantemente i trend internazionali del settore, cercando nuovi business innovativi, modelli di business di successo in Asia o Usa e ancora assenti in Europa, e nuove tecnologie legate al food e agrifood tech provenienti dai laboratori di ricerca. Al termine del programma di sviluppo di una nuova impresa innovativa, si passa al passaggio di presentazione di fronte a venture capitalist, investitori privati e aziende, con l’obiettivo di chiudere i primi finanziamenti per lanciare la propria idea.
Vento
Il nuovo venture builder Vento, presentato appena pochi giorni fa – con il sostegno di Exor e in partnership con Talent Garden, OGR Torino e Compagnia di San Paolo – aiuterà ogni anno 10 team a portare sul mercato aziende tech scalabili che rispondono a sfide lanciate da grandi imprese, come per esempio Telepass, Reply e UniCredit. A differenza di altri modelli già esistenti, Vento non prevede alcuna acquisizione di equity delle startup create, né success fee di alcun tipo: nasce infatti con il sostegno di Exor, holding company impegnata nella costruzione di grandi imprese, che tramite Vento si impegna a sostenere i progetti imprenditoriali di giovani talenti nell’ambito di strategie Esg e per lo sviluppo sostenibile.
La comunità internazionale: Studio Hub
A novembre 2021 la community di Studio Hub si è costituita, a tre anni dalla sua nascita, nella prima associazione riconosciuta a livello internazionale per riunire gli Startup Studio del mondo in un unico grande gruppo di contaminazioni e scambi reciproci.
La community di Studio Hub nasce nel 2018 da un’idea di Farhad Alessandro Mohammadi, oggi Ceo di Mamazen – il già citato primo Startup Studio fondato in Italia – e da Attila Szigeti, massimo esperto internazionale del settore e autore del libro “Startup Studio Playbook” (Intraprendere Edizioni, marzo 2021), l’unico al mondo che accompagna la teoria del modello degli Startup Studio a con pratiche collaudate e storie di venture builder di successo tra cui Mamazen, che ne ha curato la versione italiana.
(Articolo aggiornato al 23/03/2022)