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Cloud computing: come ridurne l’impatto ambientale in nome della sostenibilità



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Il cloud computing è un motore essenziale per la trasformazione digitale, ma il suo impatto ambientale cresce in modo preoccupante, soprattutto con l’espansione della GenAI. Ecco le principali criticità ambientali e le pratiche adottabili per ridurre le emissioni

Pubblicato il 22 mag 2025



sostenibilità cloud computing

L’accelerazione digitale degli ultimi anni ha reso il cloud computing una componente imprescindibile per l’innovazione aziendale. Tuttavia, dietro la promessa di efficienza e scalabilità si nasconde un prezzo spesso trascurato: il rapporto tra cloud e sostenibilità. Alimentare i data center, gestire carichi di lavoro AI e sostenere infrastrutture globali comporta consumi energetici e idrici crescenti. In questo scenario, la sostenibilità non può più essere un valore accessorio. Diventa una necessità strategica.

Cloud computing e sostenibilità: due obiettivi in tensione

Nel dibattito sulla transizione digitale e sulla sostenibilità, il cloud computing occupa una posizione ambivalente. Da un lato, è il motore dell’innovazione tecnologica e della trasformazione aziendale; dall’altro, pone interrogativi urgenti sul suo impatto ambientale.

Ogni clic, ogni algoritmo, ogni processo automatizzato nel cloud ha un costo ecologico. I data center richiedono enormi quantità di energia per alimentare server ad alte prestazioni e mantenerli raffreddati. Non solo: l’uso di risorse idriche per il raffreddamento e le emissioni legate alla catena di fornitura (Scope 3) contribuiscono a rendere il footprint ambientale del cloud ben più esteso di quanto si immagini.

Mentre i principali hyperscaler si sono impegnati pubblicamente in obiettivi di neutralità carbonica, permane una significativa variabilità tra regioni e provider, spesso mascherata da strategie di comunicazione che non riflettono la realtà operativa.

L’impatto della GenAI sulla sostenibilità nel cloud computing

Il 2023 è stato l’anno della consacrazione della Generative AI (GenAI), ma il suo successo ha accelerato una nuova crisi ambientale silenziosa. L’addestramento di grandi modelli linguistici (LLM), l’inferenza in tempo reale e l’archiviazione dei dataset comportano un consumo energetico tutt’altro che indifferente. Secondo i report Gartner, l’adozione diffusa della GenAI ha già compromesso i progressi in sostenibilità di alcuni cloud provider, a causa dell’impennata nei consumi elettrici e nella costruzione di nuovi data center.

In particolare, l’uso intensivo di risorse di calcolo, memoria e banda ha alzato la soglia energetica minima per essere competitivi sul mercato, esacerbando il dilemma tra progresso tecnologico e sostenibilità.

Emerge quindi una verità scomoda: la GenAI rischia di trasformare il cloud in una tecnologia meno green di quanto promesso, a meno di un cambio di paradigma nell’approccio alla progettazione e gestione delle risorse cloud.

Strategie per un cloud più green

Nel mare magnum dell’offerta cloud, non tutti i provider sono uguali quando si parla di sostenibilità. Se da un lato molti dichiarano di alimentare i propri data center con energie rinnovabili, la realtà è spesso più complessa. L’uso di certificati energetici (RECs) non sempre corrisponde a un consumo effettivo di energia green: molte aziende si “compensano” acquistando RECs scollegati dalla localizzazione reale dei consumi.

La sostenibilità di un cloud provider deve essere valutata su basi oggettive. Tra gli elementi chiave da considerare:

  • Trasparenza sui consumi e sulle fonti energetiche per area geografica.
  • Disponibilità di strumenti di monitoraggio del cloud per l’impatto ambientale dei servizi utilizzati.
  • Impegni vincolanti su Scope 2 e Scope 3, non solo dichiarazioni generiche.
  • Adozione di pratiche di economia circolare, come la gestione dei rifiuti elettronici e il riuso delle apparecchiature.

La due diligence ambientale diventa quindi parte integrante della strategia IT, e non un semplice esercizio reputazionale.

Ottimizzare le operazioni cloud

Una volta scelto il provider giusto, il secondo passo è imparare a usare il cloud in modo intelligente. L’efficienza non è solo un tema di costi, ma anche di impatto ambientale. Sfruttare le capacità del cloud senza ottimizzazione equivale a sprecare risorse e aumentare emissioni.

Secondo Gartner (Gartner, Using Cloud AI Without Compromising Sustainability), ci sono pratiche ormai indispensabili:

  • Schedulare i workload intensivi durante le fasce orarie con minore carico sulla rete o quando l’energia è più pulita.
  • Ottimizzare i modelli AI con tecniche di pruning, quantizzazione e riaddestramento mirato.
  • Evitare l’overprovisioning, ovvero riservare risorse non utilizzate.
  • Gestire intelligentemente lo storage su cloud eliminando dati ridondanti o inattivi.

Anche il concetto di “AI-augmented CloudOps” si inserisce in questa logica: l’uso dell’intelligenza artificiale per ottimizzare dinamicamente configurazioni, consumi e performance è una leva potente per ridurre sia i costi che il carbon footprint.

Utilizzo di strumenti e metriche

Non si può migliorare ciò che non si misura. Per questo motivo, sempre più organizzazioni stanno adottando strumenti di monitoraggio del carbonio specifici per ambienti cloud. Tra le metriche emergenti:

  • Il cost-to-carbon ratio, che confronta il costo operativo di un’applicazione con le emissioni generate.
  • L’efficienza energetica per workload, utile per confrontare modelli AI o configurazioni alternative.
  • Il carbon intensity score, che tiene conto della fonte energetica impiegata in tempo reale nel data center selezionato.

Alcuni provider stanno già integrando questi strumenti nei propri portali di gestione, ma resta cruciale una valutazione indipendente, ad esempio attraverso strumenti open-source come Cloud Carbon Footprint.

Le tecnologie emergenti e il futuro della sostenibilità del cloud

Il futuro del cloud sostenibile si giocherà sulla capacità di coniugare prestazioni estreme con efficienza ambientale. In prima linea troviamo le architetture hyperscale per l’intelligenza artificiale, ovvero sistemi infrastrutturali progettati specificamente per supportare carichi di lavoro AI su scala massiva.

L’adozione di AI processors, AI Ethernet fabrics e AI supercomputing permette di aumentare l’efficienza energetica per unità di calcolo, riducendo il dispendio per operazioni complesse come l’addestramento di modelli GenAI.

Queste tecnologie, nate per rispondere a esigenze computazionali sempre più sofisticate, stanno mostrando un potenziale ecologico concreto, grazie a:

  • Componenti hardware ad alta efficienza energetica.
  • Ottimizzazione del traffico di rete per ridurre la perdita di pacchetti e il consumo energetico.
  • Integrazione verticale tra chip, reti e storage per eliminare colli di bottiglia e sprechi.

Tuttavia, la sfida resta aperta: queste infrastrutture richiedono data center con elevato consumo energetico, e solo una reale alimentazione da fonti rinnovabili potrà rendere sostenibile il loro utilizzo su larga scala.

Cloud distribuito e multicloud sostenibile

Una delle tendenze più promettenti per la sostenibilità è il passaggio da un cloud centralizzato a un cloud distribuito e federato. In questo modello, i carichi di lavoro vengono eseguiti dove ha più senso dal punto di vista energetico, geografico o normativo, riducendo gli sprechi e migliorando l’efficienza complessiva del sistema.

Il cloud distribuito consente, ad esempio:

  • Di avvicinare l’elaborazione ai luoghi dove vengono generati i dati, riducendo la latenza e i costi energetici di trasporto.
  • Di scegliere dinamicamente il provider o la regione con il miglior profilo di sostenibilità in base a dati real-time sull’intensità carbonica.
  • Di sfruttare architetture multi-cloud intelligenti, capaci di bilanciare carichi su diversi provider in funzione dell’impatto ambientale.

In parallelo, i concetti di digital sovereignty e data residency spingono verso l’adozione di architetture locali e ibride, in cui la sostenibilità non è solo un’opzione, ma un vincolo da rispettare.

Oltre il greenwashing: sfide e raccomandazioni

Uno dei principali ostacoli verso un cloud sostenibile è rappresentato dal divario tra le dichiarazioni pubbliche dei provider e le loro pratiche effettive. È sempre più frequente imbattersi in slogan ambientali e promesse di “carbon neutrality” entro il 2030, ma la realtà è spesso molto più sfumata.

Alcuni provider si affidano a strumenti come i certificati di energia rinnovabile (RECs) per “verdeggiare” il proprio profilo energetico, senza però garantire che l’energia consumata nei loro data center provenga effettivamente da fonti pulite.

Questo fenomeno di greenwashing può generare una pericolosa illusione di sostenibilità, inducendo le aziende a scegliere soluzioni apparentemente ecologiche che, nei fatti, non riducono l’impatto ambientale.

È quindi fondamentale che i responsabili IT e i CIO richiedano ai fornitori non solo report ambientali generici, ma dati specifici, verificabili e aggiornati per ogni regione cloud in cui operano. La trasparenza deve essere concreta e misurabile, non un esercizio di branding.

I rischi da evitare

Oltre al greenwashing, esistono altri rischi operativi e strategici. Uno dei più sottovalutati è la rigidità contrattuale. Molte aziende sottoscrivono accordi pluriennali con provider che, seppur oggi sembrano allineati ai valori ESG, potrebbero non esserlo più tra tre o cinque anni, quando cambieranno le priorità di business, le normative o le tecnologie. Questo può portare a una dipendenza insostenibile da partner non coerenti con gli obiettivi ambientali dell’organizzazione.

Un altro rischio, più tecnico ma altrettanto critico, riguarda la carenza di competenze. L’adozione di strumenti AI per la gestione del cloud — come il GenAI applicato alle CloudOps — può produrre più danni che benefici se non è accompagnata da competenze adeguate. Automatizzare senza comprendere può portare a sprechi, errori e decisioni controproducenti.

Infine, c’è una sfida culturale: la sostenibilità deve diventare parte integrante della governance tecnologica. Non può più essere relegata a un’area separata o a un progetto pilota. Deve permeare ogni fase del ciclo di vita del cloud, dalla progettazione all’implementazione, fino al monitoraggio.

Verso un cloud veramente sostenibile

Il cloud computing è diventato l’infrastruttura invisibile del nostro tempo: sostiene innovazione, automazione e intelligenza artificiale. Ma questa potenza tecnologica ha un rovescio della medaglia: un’impronta ambientale in crescita costante, alimentata dall’escalation dei consumi energetici e dalla complessità delle nuove architetture AI.

Nel percorso verso la sostenibilità, non esistono scorciatoie. Affidarsi a dichiarazioni generiche di “green cloud” non basta più. Serve un cambio di mentalità e di prassi: scegliere consapevolmente i provider in base a criteri ambientali verificabili, adottare strumenti di ottimizzazione intelligenti, incorporare metriche ambientali nei processi decisionali e progettare architetture distribuite e flessibili.

Ma il passaggio cruciale è culturale: la sostenibilità deve smettere di essere una voce a margine e diventare un criterio strategico nella governance IT. Non si tratta di rinunciare all’innovazione, ma di governarla in modo responsabile, affinché il progresso digitale non sia ottenuto a scapito del pianeta.

In questo scenario, i CIO, i responsabili della sostenibilità e le direzioni IT hanno un ruolo centrale: trasformare il cloud da potenziale problema a parte della soluzione. Perché un futuro digitale sostenibile è possibile — ma va progettato oggi, con scelte informate e coraggiose.

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