Questo articolo è parte di una serie di cinque approfondimenti che esplorano i cinque problemi di business che le aziende consolidate possono affrontare grazie al Platform Thinking. I cinque problemi e i rispettivi ambiti di applicazione — dai processi interni alle interazioni con clienti esterni — sono descritti nel libro The Digital Phoenix Effect: Come le aziende consolidate possono abbracciare la rivoluzione delle piattaforme senza ridursi in cenere di Daniel Trabucchi e Tommaso Buganza. Maggiori approfondimenti sul libro sono presenti nel precedente articolo qui).
Indice degli argomenti
Transazioni lente, frammentate o assenti: un problema invisibile ma sistemico
Nel 1937, l’economista Ronald Coase propose un’intuizione destinata a cambiare il modo in cui interpretiamo le organizzazioni: le imprese esistono per ridurre i costi di transazione. In un mercato aperto, ogni scambio comporta costi (di ricerca, negoziazione, coordinamento) e l’azienda nasce come struttura capace di semplificare queste interazioni, internalizzando attività per generare efficienza.
Oggi però, molte organizzazioni si trovano di fronte a un paradosso: alcune transazioni, pur essendo teoricamente possibili e desiderabili, risultano lente, inefficienti o addirittura inesistenti. I motivi sono molteplici: silos organizzativi, sistemi IT non integrati, logiche di controllo che centralizzano decisioni e informazioni. Questo vale sia per transazioni esterne (tra clienti e fornitori, tra partner e affiliati), sia per quelle interne (tra funzioni aziendali, reparti, team).
Pensiamo, ad esempio, al rapporto tra i buyer di una grande impresa e i fornitori: il processo d’acquisto può essere rigido, costoso, eccessivamente burocratizzato, rendendo difficile e inefficiente uno scambio che dovrebbe essere rapido ed efficace. Oppure immaginiamo un cliente che entra in un negozio di un marchio di fast fashion molto diffuso abbigliamento di una catena: la transazione tra lui e il singolo franchisee avviene, ma non è ottimizzata. L’esperienza può essere poco personalizzata, scollegata da dati e preferenze precedentemente condivise con un’altro negozio della stessa catena.
Allo stesso modo, all’interno delle imprese, moltissime interazioni tra team potrebbero essere migliorate o attivate. Talvolta l’innovazione genera contenuti preziosi che non raggiungono mai le vendite. Altre volte il customer service raccoglie dati fondamentali per il marketing, che però rimangono inutilizzati.
In tutti questi casi, la linearità dei processi si dimostra un limite. Le imprese si affidano a modelli tradizionali, sequenziali, nei quali ogni passaggio è controllato, misurato, autorizzato. Ma questi modelli fanno fatica ad adattarsi a contesti fluidi, dinamici, con scambi frequenti e attori eterogenei.
Non si tratta solo di essere più efficienti: si tratta di sbloccare valore potenziale. Ogni transazione mancata o inefficiente è un’opportunità sprecata. Il compito dell’innovazione, oggi, è riconoscere questi punti ciechi e progettare soluzioni che li trasformino in interazioni ad alto valore.
Kroger’s Supplier Hub: quando i fornitori diventano clienti e le transazioni si moltiplicano
Nel 2018, Kroger, una delle più grandi catene di supermercati degli Stati Uniti, si trovava di fronte a una sfida strategica nel cuore della propria attività: la gestione degli acquisti. Con migliaia di fornitori e centinaia di buyer interni dislocati tra reparti, categorie e punti vendita, le transazioni tra queste due componenti già presenti nell’ecosistema erano numerose, ma spesso lente, frammentate e inefficienti.
Il problema non era creare qualcosa di nuovo, ma migliorare drasticamente qualcosa che già esisteva: lo scambio di informazioni, dati di conformità, documenti, performance. Queste transazioni avvenivano attraverso processi burocratici, e-mail non tracciate, sistemi eterogenei e duplicazioni che generavano costi, errori e ritardi.
La risposta di Kroger fu la creazione della Supplier Hub, una piattaforma transazionale che ha trasformato la funzione procurement da un’attività di supporto lineare in un ecosistema digitale. La piattaforma collega due attori già presenti: da un lato i buyer interni, responsabili degli acquisti e della compliance; dall’altro i fornitori esterni, che riforniscono i punti vendita con beni e servizi.
Ciò che rende il caso esemplare è il cambio di prospettiva: i fornitori non sono più solo “parte della supply chain”, ma diventano clienti della piattaforma. Il Supplier Hub è stato progettato esplicitamente per rispondere alle loro esigenze: offre strumenti, video tutorial, job aid, e un team dedicato di supporto. Questo approccio ha aumentato il livello di adozione, facilitato la compliance e migliorato la qualità dei dati condivisi.
Ma non è tutto. L’efficacia del sistema è cresciuta grazie a esternalità di rete bidirezionali: più fornitori attivi significano più dati e varietà per i buyer; più buyer attivi aumentano la visibilità e l’efficienza per i fornitori. Ogni nuova interazione rafforza l’intero ecosistema, creando un circolo virtuoso che una soluzione lineare non avrebbe potuto abilitare con la stessa agilità.
La forza dell’iniziativa risiede anche nella sua trasparenza: il cliente finale del supermercato non vede la piattaforma, ma ne beneficia indirettamente grazie a una supply chain più veloce, affidabile e reattiva. Kroger ha potuto lanciare la piattaforma con successo perché ha attinto a asset dormienti: relazioni esistenti con fornitori, fiducia consolidata, e una rete interna pronta a essere potenziata.
Il Supplier Hub è un esempio potente di come Platform Thinking possa trasformare un’attività di supporto in una leva strategica, risolvendo un problema ricorrente: transazioni esistenti ma inefficienti tra attori che già operano all’interno dell’organizzazione.
Perché il Platform Thinking ha funzionato meglio di un approccio lineare
Se Kroger avesse seguito un approccio tradizionale e lineare, avrebbe probabilmente investito in un ampliamento della struttura interna: più personale per gestire i fornitori, sistemi verticali per tracciare la conformità, strumenti specifici per ciascun dipartimento. Ogni miglioramento operativo avrebbe richiesto nuove risorse, creando un legame diretto tra performance e costi.
Inoltre, tale soluzione avrebbe generato complessità crescente: dati frammentati tra sistemi, ridondanze nei processi, difficoltà nel mantenere una visione unificata. In un contesto in cui flessibilità e velocità sono fondamentali, questo modello si sarebbe dimostrato rigido e poco reattivo.
Il Platform Thinking ha invece permesso di disaccoppiare il miglioramento delle performance dalla crescita dei costi, sfruttando asset già esistenti. Kroger non ha costruito tutto da zero, ma ha valorizzato relazioni e fiducia consolidate per attivare un sistema collaborativo.
Questo è uno dei vantaggi distintivi delle imprese consolidate: posseggono asset che sarebbe difficilissimo costruire da zero. Le relazioni storiche con fornitori, la fiducia reciproca maturata nel tempo, i processi rodati e le competenze distribuite sono risorse che una startup non può replicare rapidamente. Iniziative come il Supplier Hub funzionano perché si innestano su una base solida, fatta di legami preesistenti e capitale relazionale.
Inoltre, la logica della piattaforma ha introdotto esternalità di rete in un ambito dove normalmente non ci si aspetta: il procurement. Più fornitori attivi e ingaggiati generano più dati e qualità per i buyer interni; più buyer attivi creano nuove opportunità per i fornitori. Questo scambio reciproco potenzia l’intero ecosistema.
Ma il cambiamento più profondo è stato quello di prospettiva: i fornitori non sono più solo “parte del processo”, ma clienti di un servizio digitale. Questo ha modificato il livello di coinvolgimento, aumentando l’adozione e migliorando la qualità dello scambio.
Infine, la piattaforma ha portato non solo efficienza, ma anche efficacia. Non si è trattato solo di accelerare i processi, ma di renderli più intelligenti, tracciabili, trasparenti. Il risultato è un procurement più agile, affidabile e orientato al valore. Una soluzione lineare non avrebbe potuto ottenere lo stesso impatto senza un aumento significativo di complessità e costi.
Questo caso mostra come una transazione esistente, ma inefficiente, possa diventare il punto di partenza per una rigenerazione profonda. Le imprese consolidate, come Kroger, possono rinascere come fenici proprio grazie agli asset spesso dimenticati: relazioni, dati e fiducia. Riconoscere e affrontare il problema delle transazioni latenti o frammentate — ovvero scambi che potrebbero avvenire più rapidamente, più facilmente o addirittura in modo nuovo — è il primo passo per trasformare un limite invisibile in una leva strategica concreta.
Il Platform Thinking non chiede di partire da zero, ma di ripensare l’esistente: proprio le imprese consolidate, spesso considerate troppo lente o rigide, possiedono le condizioni ideali per creare valore dalle inefficienze. Come la fenice, possono rinascere non nonostante le ceneri, ma grazie ad esse.