Sta arrivando la nuova ondata della Physical AI. I robot che possono “prendere decisioni”, invece di limitarsi a eseguire comandi pre-programmati, stanno diventando realtà. L’ambizione è chiara: portare l’intelligenza artificiale fuori dagli schermi e dentro il mondo fisico.
Questo fenomeno innovativo, che scaturisce dalla convergenza tra Generative AI, autonomous agents e mondo reale, apre a un ventaglio quasi illimitato di applicazioni industriali. Con decine di miliardi di dollari già confluiti nel settore, la Physical AI porta con sé la promessa di rivoluzionare la manifattura. Se il trend continuerà, la Silicon Valley potrebbe trovarsi al centro di nuova rivoluzione: dal pensiero delle macchine (Generative AI) all’azione delle macchine (Physical AI).
È la fase successiva dell’evoluzione dell’intelligenza artificiale: non più solo algoritmi che generano testi, immagini o codice, ma sistemi che percepiscono, ragionano e agiscono nel mondo fisico attraverso robot, sensori e macchine autonome. È in questo contesto che si inserisce il maxi-round da 70 milioni di euro raccolto da Generative Bionics, spin-off dell’Istituto Italiano di Tecnologia dedicato ai robot umanoidi intelligenti, che porta l’Italia al centro della corsa globale ai nuovi “corpi” dell’AI.
Ma vediamo tutti i particolari di questo fenomeno che caratterizzerà il mondo dell’innovazione nel 2026.
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Physical AI, la nuova frontiera dei robot intelligenti: cos’è e perché è il trend del momento
Grandi player come NVIDIA, Amazon Web Services e Deloitte descrivono la Physical AI come il complemento “nel mondo reale” dell’AI generativa: sistemi capaci di percepire un ambiente, capire cosa sta succedendo, pianificare un’azione e poi eseguirla in modo sicuro e adattivo.
Ma che cosa distingue davvero la Physical AI dalle ondate precedenti di automazione? A differenza dei tradizionali robot industriali, confinati in gabbie e programmati per ripetere all’infinito gli stessi movimenti, i sistemi di Physical AI sono progettati per gestire ambienti dinamici, incerti e condivisi con le persone.
Questo significa integrare visione artificiale, sensori tattili, mappe 3D, modelli predittivi e capacità di apprendimento continuo. Secondo la definizione proposta da NVIDIA e ripresa da diversi operatori del settore, la Physical AI permette a robot, veicoli autonomi e macchine connesse di percepire, comprendere, ragionare e orchestrare azioni complesse nel mondo fisico, spesso partendo da lunghe fasi di addestramento in simulazioni fisiche ad alta fedeltà.
In altre parole, i robot non si limitano a seguire un copione: imparano, si adattano, collaborano con gli esseri umani.
I fattori alla base della Physical AI
Negli ultimi anni questa visione si è consolidata grazie a tre fattori principali. Il primo è la maturazione dell’AI per la percezione, con reti neurali in grado di riconoscere oggetti, persone, gesti e contesti in tempo reale.
Il secondo è lo sviluppo di simulatori fisici e digital twin molto realistici, in cui addestrare i robot prima di farli uscire nel mondo, riducendo rischi e costi.
Il terzo è la disponibilità di hardware specializzato, dai chip ottimizzati per l’AI ai sensori sempre più compatti e accessibili. Report recenti di Deloitte e del World Economic Forum parlano esplicitamente di una “nuova era della Physical AI” in cui robot intelligenti ridisegnano catene del valore in settori come manifattura, logistica e costruzioni, spinti anche dalla carenza di manodopera e dalla pressione a migliorare produttività e sicurezza.
L’“intelligenza incarnata” dei robot grazie ai materiali morbidi
Allo stesso tempo, la ricerca accademica ha iniziato a usare il termine Physical AI in modo più ampio, includendo non solo il software ma anche la co-progettazione di materiali, attuatori e strutture. Alcuni gruppi parlano di Physical AI come dell’“intelligenza incarnata” che emerge dalla combinazione di nuovi materiali morbidi, attuatori che imitano i muscoli, sistemi sensoriali distribuiti e algoritmi di controllo di nuova generazione. È una visione che guarda oltre il classico robot rigido da fabbrica e si avvicina a macchine che si muovono e reagiscono in modo più naturale, potenzialmente più sicuro e intuitivo anche per chi deve condividere con loro lo stesso spazio di lavoro.
Physical AI in numeri: mercato e investimenti
Se guardiamo ai numeri, è chiaro perché la Physical AI sia considerata uno dei trend più caldi del 2026. Il mercato dell’AI nella robotica valeva circa 12,8 miliardi di dollari nel 2023 e potrebbe superare i 124 miliardi entro il 2030, con una crescita media annua vicina al 40%.
In parallelo, il segmento più specifico dell’embodied AI – cioè i sistemi di intelligenza artificiale integrati in robot e macchine autonome – è stimato a 4,4 miliardi di dollari nel 2025 e a oltre 23 miliardi nel 2030.
Ancora più impressionanti le previsioni sui robot umanoidi: tra fiere internazionali e report degli analisti si parla di decine di migliaia di unità vendute già nel 2026, oltre 1,1 milioni entro il 2031 e un mercato potenziale che potrebbe arrivare a 5.000 miliardi di dollari nel 2050, trasformando gli umanoidi in una vera e propria nuova infrastruttura produttiva globale.
Perché il 2026 è l’anno di svolta per la Physical AI
Molti indicatori puntano al 2026 come anno di sblocco commerciale per la Physical AI. Gli analisti prevedono che le vendite di robot umanoidi possano raggiungere circa 50.000 unità già nel 2026, per poi crescere rapidamente oltre il milione di pezzi nel decennio successivo. In parallelo, governi come quello statunitense stanno preparando nuove iniziative per la robotica a partire dal 2026, nel tentativo di colmare il gap con la Cina, che già oggi concentra oltre la metà delle installazioni robotiche globali.
Physical AI: le applicazioni
Se la definizione appare ormai condivisa, è sul piano delle applicazioni concrete che la Physical AI sta iniziando a lasciare il segno.
Nella manifattura avanzata, robot mobili e bracci collaborativi dotati di AI vengono usati per gestire linee di produzione flessibili, effettuare controlli qualità visivi e adattarsi rapidamente a nuovi lotti e configurazioni.
Nella logistica, veicoli autonomi percorrono magazzini e centri di distribuzione, riconoscendo colli, scaffali e percorsi ottimali, mentre droni e robot da magazzino coordinano prelievo e stoccaggio in tempo reale.
Nel mondo delle costruzioni, macchine semiautonome si occupano di attività ripetitive o pericolose, come movimentare materiali pesanti o monitorare cantieri 24 ore su 24.
Non meno significativa è l’applicazione della Physical AI in sanità, retail e servizi alla persona. Robot umanoidi o semi-umanoidi vengono sperimentati per assistere operatori sanitari nella movimentazione dei pazienti, per svolgere attività logistiche all’interno degli ospedali o per supportare persone fragili nella vita quotidiana.
Nel retail, piattaforme robotiche dotate di AI sono usate per verificare la disposizione dei prodotti sugli scaffali, monitorare le scorte e interagire con i clienti in negozio.
In tutti questi casi, il salto di qualità non è solo nella meccanica, ma nella capacità del sistema di capire il contesto, riconoscere situazioni anomale e adeguare il comportamento senza intervento umano continuo.
Physical AI nel mondo: la corsa delle aziende
La corsa alla Physical AI vede in prima linea un mix di big tech, startup e fornitori di hardware specializzato. Negli Stati Uniti, la startup Physical Intelligence – sostenuta da investitori come Amazon, OpenAI, Thrive Capital e Lux Capital – lavora a software per robot in grado di interpretare e replicare il movimento umano con maggiore fluidità e autonomia, con una valutazione nell’ordine di miliardi di dollari.
Sul fronte dei chip, aziende come SiMa.ai stanno costruendo piattaforme hardware-software pensate specificamente per la Physical AI, con round di finanziamento da decine di milioni di dollari per scalare a livello globale.
Grandi fornitori cloud come AWS, infine, presentano la Physical AI come un processo continuo in cui sensori, modelli e attuatori alimentano un “flywheel” di autonomia: ogni nuova esperienza dei robot alimenta dati, che rendono migliore il modello, che a sua volta migliora le prestazioni sul campo.
Le startup e le scaleup
Nel 2025, le scaleup del settore hanno già raccolto oltre 16 miliardi di dollari in appena nove mesi. Guidano la corsa il maxi-investimento di Meta in Scale AI, specializzata in training data per applicazioni reali in autonomous mobility, AR/VR e robotics, e i round di Figure AI (675 milioni per humanoid robotics) e Neuralink (650 milioni per i brain computer interfaces).
La strategia europea
L’Unione Europea, dal canto suo, prova a partecipare alla corsa.
Sul piano delle politiche pubbliche, il 2026 sarà anche l’anno in cui inizieremo a vedere gli effetti concreti dell’AI Act europeo sui progetti di Physical AI in fabbrica, in logistica e nei servizi. Accanto al quadro regolatorio, Bruxelles sta spingendo sul lato degli incentivi: con l’iniziativa GenAI4EU, la Commissione ha portato i fondi disponibili per l’adozione di soluzioni di intelligenza artificiale generativa (anche integrate in robot e macchine autonome) a circa 700 milioni di euro, tra Horizon Europe, Digital Europe Programme ed European Innovation Council.
In parallelo, la roadmap GenAI & Robotics 4EU elaborata dall’associazione Adra indica come priorità la combinazione di modelli generativi, robotica e edge computing per sviluppare una Physical AI affidabile, a bassa latenza ed energeticamente sostenibile, in linea con i valori europei su etica e diritti fondamentali.
Il ruolo dell’ITT in Italia con Generative Bionics
In questo quadro globale, l’Italia si ritaglia un ruolo non banale grazie alla lunga tradizione nella robotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), da cui è nata Generative Bionics. Lo spin-off, costituito nel 2024 a Genova, mette a frutto circa vent’anni di ricerca su robot umanoidi come iCub, ergoCub e iRonCub, trasformandoli in un vero progetto industriale basato sulla Physical AI. Al centro c’è l’idea di sviluppare robot umanoidi intelligenti “Made in Italy”, curati tanto nella parte di AI e sensoristica quanto nel design e nell’integrazione con le persone. La recente operazione da 70 milioni di euro, tra i round più rilevanti in Europa nel deep tech dedicato alla robotica umanoide, è guidata dal Fondo Artificial Intelligence di CDP Venture Capital e vede la partecipazione di investitori come AMD Ventures, Duferco, Eni Next, RoboIT e Tether.
Physical AI e futuro: cosa succederà
La prospettiva di lungo periodo è che la Physical AI diventi una infrastruttura pervasiva, tanto quanto oggi lo sono il cloud o gli smartphone. In fabbrica potremmo vedere linee di produzione in cui robot intelligenti riorganizzano autonomamente la disposizione delle macchine per ottimizzare i flussi; nei magazzini, flotte di robot mobili che collaborano con gli operatori umani; negli ospedali, assistenti robotici che sollevano pazienti, trasportano farmaci e supportano il personale in carenza cronica. In casa, robot generalisti potrebbero occuparsi di faccende domestiche, assistenza a persone anziane o con disabilità, integrazione con dispositivi IoT e sistemi di domotica avanzata.
Physical AI, lavoro e nuove competenze
La domanda chiave per il 2026 non è solo quanti robot vedremo in fabbrica, ma che tipo di lavoro costruiremo attorno alla Physical AI. Le analisi sui piani di robotica negli Stati Uniti e in Cina sottolineano come l’automazione avanzata possa, da un lato, sostituire alcune mansioni ripetitive, ma dall’altro aumentare produttività e sicurezza, aprendo spazi per ruoli ad alto valore aggiunto nella supervisione, manutenzione e programmazione dei sistemi autonomi.
Non a caso, alcune grandi università cinesi stanno introducendo corsi di laurea in “embodied intelligence”, che combinano robotica, AI, percezione multimodale e interazione uomo-macchina per formare i futuri specialisti della Physical AI.
Per l’Europa e per l’Italia questo significa investire non solo in tecnologia, ma anche in reskilling di tecnici, ingegneri e operatori, altrimenti il rischio è avere robot avanzati ma pochi professionisti in grado di progettarli, integrarli e gestirli.
Perché questo scenario si concretizzi, però, servirà affrontare alcune sfide cruciali: dal tema della sicurezza fisica alla regolamentazione, dalla tutela dei lavoratori all’impatto occupazionale, fino alle questioni etiche legate a robot sempre più autonomi e presenti in spazi pubblici e privati. Qui l’Europa, con il suo impianto normativo e il focus sui diritti fondamentali, può giocare una partita importante, a condizione di non rimanere indietro sul piano industriale.
(Nota di trasparenza. Questo articolo è stato sviluppato in collaborazione con l’intelligenza artificiale per ampliare le capacità dell’autore nel reperire fonti, analizzarle e organizzarle. L’AI ha affiancato, senza mai sostituirle, le scelte creative e argomentative, che restano pienamente umane)






