Lo scorso anno fotografavamo un panorama imprenditoriale segnato da fragilità strutturale e crescente inquietudine. A dodici mesi di distanza possiamo constatare che l’unica vera costante resta l’assenza di stabilità! Come sulle montagne russe, ogni giorno aziende e cittadini sono travolti da notizie di nuove crisi e delle rispettive soluzioni, eventi in grado di influenzare profondamente la vita quotidiana e il futuro della società. In questo contesto è tutt’altro che semplice, per le imprese, pianificare gli investimenti o, ancor di più, avviare quei progetti di digitalizzazione profonda che richiederebbero una visione di lungo periodo e un forte coinvolgimento delle persone.
Proprio per questo assume un significato particolare guardare oggi, mentre si decidono i budget per il 2026, alle intenzioni di investimento nel digitale per i prossimi anni, analizzati dalle ricerche degli Osservatori Digital Startup Thinking e Digital Transformation Academy.
A questo tema è stata dedicata la tavola rotonda “Quali investimenti in tecnologie guideranno il 2026”, in occasione del Convegno del 2 dicembre u.s. “Digital & Open Innovation 2026: cosa serve a imprese e startup per un cambio di passo”, che ha visto la partecipazione di casi di eccellenza portati da Silvia Celani, Partnership & Alliance di Open Fiber; Alessandro Di Pasquali, Chief Technical Officer di FPZ; Paolo Magni, Innovation & ESG Manager di Gruppo Enercom; Paolo Perego, Chief Technology Officer di Svicom.
La tavola è stata aperta da Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Digital Transformation Academy e Full Professor del Politecnico di Milano, che ha sintetizzato i risultati delle ricerche degli Osservatori, e co-moderata da Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Thinking. (nella foto un momento del convegno)

Indice degli argomenti
Cresce la spesa digitale, ma senza accelerazioni
Dai dati raccolti emerge che solo il 6% delle aziende prevede di ridurre la spesa in digitale, mentre il 46% intende incrementarla. Analizzando la media dei diversi comparti dimensionali, sono le medie imprese a trainare la crescita (+5,2%), seguite dalle piccole (3,3%) e, infine, dalle grandi (1,8%). A frenare la crescita le grandissime, la cui dinamica di spesa resta comunque in terreno positivo (1,5%). Si tratta di un andamento che potrebbe riflettere l’effetto di misure come il PNRR, che hanno stimolato la digitalizzazione nella PA e nelle PMI, ma inciso meno sulle grandi aziende.
Il trend di crescita degli investimenti osservato negli scorsi anni prosegue dunque, passando dall’1,5% del 2025 all’1,8% nelle intenzioni per il 2026.
Ma come interpretare questo dato? Un incremento reale o solo una stabilizzazione?
Bisogna ricordare che queste cifre vanno confrontate con le stime di crescita del PIL italiano, ferme tra lo 0,7% e lo 0,8% secondo l’OCSE, e con un tasso d’inflazione previsto tra l’1,8% e il 2,1%. In termini reali, la crescita della spesa digitale non è entusiasmante e, di fatto, non segnala quel cambio di passo tanto atteso che il PNRR sembrava poter innescare e che in qualche caso si è verificato.
“FPZ progetta, produce e commercializza da oltre 50 anni prodotti di largo uso industriale come le soffianti a canale laterale” racconta Alessandro di Pasquali, Chief Technical Officer di FPZ. “Per i prossimi due anni abbiamo a piano di investire circa il 10% del fatturato in innovazione, in ricerca e sviluppo per migliorare i nostri prodotti, i nostri processi e per la flessibilità della catena produttiva che ci deve distinguere dai competitor. Per questi motivi lavoriamo a stretto contatto con clienti e fornitori, portando loro quelle che sono le nostre logiche di innovazione e digitalizzando la fabbrica in maniera tale da avere sempre più controllo sulla qualità del prodotto. Tutto ciò non dimenticando la cybersecurity e la sicurezza delle persone, che rimangono comunque al centro, così come la sostenibilità e l’efficientamento energetico”.
Spesa digitale e PIL: un rapporto ancora modesto
Il rapporto tra spesa digitale e PIL si attesta al 2,7%, un dato superiore al periodo pre-pandemico (intorno al 2%), ma ancora lontano dagli obiettivi auspicabili. Vale la pena sottolineare che questa percentuale riguarda solo la spesa delle Direzioni ICT: il 62% delle aziende, infatti, dispone di budget per il digitale anche al di fuori della Direzione ICT, anche esso fortunatamente con un trend di crescita per il 2026, principalmente detenuto nelle aree Innovazione, R&D e Tecnica.
Priorità d’investimento: difesa e innovazione viaggiano a due velocità
Analizzando le scelte di investimento, emergono chiare differenze tra grandi imprese e PMI. Per le prime, le priorità sono Cybersecurity, Compliance e Risk Management (65% delle preferenze): una spesa “difensiva”, volta a proteggere l’esistente più che a innovare, che figura tra le priorità assolute per due aziende su tre. Subito dopo si posiziona, in forte crescita, l’intelligenza artificiale (AI), indicata come prioritaria dal 57% delle grandi aziende con una forte crescita rispetto al 2024, seguita da Big Data (49%), Cloud (35%, in ascesa) e sistemi ERP (34%).
“Le nostre priorità di investimento per il 2026 – commenta Paolo Magni, Innovation & ESG Manager del Gruppo Enercom – saranno ERP, Cybersecurity e AI, su cui stiamo investendo anche per il mondo dello sviluppo degli applicativi e della verifica della sicurezza dei prodotti. Ma ne facciamo anche uso per sperimentazioni legate alla produttività individuale. Nel mio caso, come anche ESG manager, ho creato un ESG assistant allenato con tutta la knowledge base legata alla sostenibilità del gruppo, quindi tutti i documenti a uso pubblico, che possa fare le mie veci h24 a uso interno, già disponibile su Teams in azienda”.
Per le PMI, che sono il comparto trainante in termini di crescita percentuale, si confermano in cima alle priorità sempre Cybersecurity, Compliance e Risk Management (45%), ma immediatamente dopo emerge la spesa in soluzioni di Industry 4.0 (37%), specchio della natura manifatturiera delle imprese italiane di minori dimensioni. Seguono investimenti in Cloud (32%), ERP (30%) e sistemi di connettività e 5G (27%). L’AI rimane invece nelle retrovie, considerata prioritaria da meno di una PMI su cinque, segno probabilmente di una certa diffidenza o di scarsa familiarità con queste soluzioni.
“Ci stiamo muovendo – afferma Silvia Celani, Partnership & Alliance di Open Fiber – verso quella che definiamo innovazione di mercato, ovvero un’innovazione sempre più vicina al business. Per sviluppare partnership e progettualità con imprese, start up e università, utilizziamo strumenti di finanza agevolata come: bandi internazionali, nazionali e regionali. Inoltre, l’obiettivo di Open Fiber, ora che la rete in fibra ottica è quasi completata nel Paese, è quello di incentivarne l’adozione da parte di cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione. Solo con una connessione ultraveloce, si può accedere ai servizi digitali di ultima generazione ormai indispensabili”.
L’AI come strumento di innovazione
Un dato particolarmente interessante riguarda l’intelligenza artificiale nelle grandi imprese: il 34% di queste dichiara di impiegare soluzioni AI non solo come obiettivo degli sforzi innovativi, ma come componente attiva dei processi di innovazione, per migliorarne le performance. L’AI, dunque, assume sempre più il ruolo di tecnologia abilitante, capace di trasformare il modo stesso in cui si fa innovazione.
“Svicom è una PropTech accreditata dal Politecnico di Milano, risultato di un percorso di trasformazione avviato da diversi anni. In Svicom la trasformazione digitale non è un obiettivo futuro, ma un percorso integrato e continuo all’interno dei nostri processi e che rappresenta un fattore competitivo fondamentale. Nel 2025 abbiamo dato ulteriore impulso a questo percorso, aumentando sensibilmente il budget per gli investimenti in tecnologia, affinando la nostra metodologia di lavoro grazie all’approccio lean e completando la digitalizzazione di tutte le linee di business. Il 2026, proseguendo il trend 2025, vedrà particolare focus e investimenti su AI, cybersecurity, big data e ottimizzazione dei processi” – ha commentato Paolo Perego, Chief Technology Officer di Svicom.
L’innovazione “essenziale”, tra pragmatismo e concretezza
Di che innovazione stiamo parlando, dunque? L’impressione è che ci si stia muovendo verso un’innovazione “essenziale”, digital no frills, dove il pragmatismo e la concretezza stanno guidando la sperimentazione e la visione. Se da un lato questo approccio aiuta a concentrare le risorse su ciò che serve davvero, dall’altro è necessario mantenere spazio per le idee radicali, proprio ora che lo sviluppo tecnologico offre le condizioni eccezionali per dare forma a innovazioni fuori dagli schemi.
Nel frangente attuale il ritmo della digitalizzazione in Italia c’è, ma serve un cambio di passo. Occorrono scelte coraggiose, come quelle testimoniate in questo articolo, e una prospettiva di lungo periodo per imprimere quella svolta che, ancora oggi, sembra faticare a realizzarsi.






