Letture

Jugaad, ovvero l’arte di innovare arrangiandosi

La parola indiana dà il titolo a un libro che racconta come si fa innovazione nei Paesi emergenti, con poche risorse e grande capacità di ascolto. «Può essere un modello utile per rompere gli schemi senza grandi investimenti», dice Giovanni Lo Storto, direttore generale Luiss e curatore dell’edizione italiana

Pubblicato il 09 Lug 2014

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Giovanni Lo Storto, direttore generale LUISS

Si può fare di più senza essere eroi, ma soltanto flessibili, semplici, sensibili. È la via indiana all’innovazione. Con i due marò ancora bloccati a New Delhi dopo oltre due anni di estenuanti schermaglie diplomatiche non è il momento migliore per indicare l’India come modello di innovazione, ricorda giustamente Federico Rampini nella prefazione al libro Jugaad Innovation. Ma c’è qualcosa nel modo di trovare nuove soluzioni con poche risorse, abituale e necessario in quel Paese, che ha colpito l’Occidente impoverito e può interessare anche l’Italia. Perché lo spiega il sottotitolo dell’edizione italiana, appunto, mandata in libreria da Rubbettino: Pensa frugale, sii flessibile, genera una crescita dirompente. Un mantra che suona in sintonia con la nostra attuale situazione di scarsità e con la nostra tradizionale “arte di arrangiarsi”, ma svolta in positivo. Un modello di innovazione, proprio dei Paesi emergenti, che potrebbe tornare utile a tante imprese mature e, perché no, alle startup che della scarsità di risorse sono abituate a fare virtù.

A curare l’edizione italiana di Jugaad Innovation è stato Giovanni Lo Storto, direttore generale della LUISS, insieme con Leonardo Previ, presidente della scoietà di consulenza Trivioquadrivio e docente di Gestione delle risorse umane alla Cattolica di Milano. «È stato lui, che conosce bene l’India, ad avermi parlato di questo libro pubblicato negli Stati Uniti da tre indiani (Navi Radjou, consulente strategico nella Silicon Valley, Jaideep Prabhu, professore di business a New York e a Cambridge, e Simone Ahuja, fondatrice di BloodOrange, ndr.) che vivono negli Stati Uniti, dove è stato un successo», racconta lo Storto. «Mi ha incuriosito, mi sono informato e ho cominciato a pensare all’edizione italiana».

Che cosa significa Jugaad?
È una parola hindi che indica un’idea utile a risolvere un problema, velocemente e semplicemente. Ma è anche un camion realizzato montando un motore diesel su un carro e utilizzato nelle zone più povere dell’India.

Potremmo anche tradurre, quindi, “arte di arrangiarsi”?
Questa è una lettura minimalista. Semmai è l’arte di innovare arragngiandosi. In una lettura più completa, però, sta per innovazione dal basso, nella capacità di accogliere e raccogliere la grande creatività che ciascuno dei nostri collaboratori ha. Il libro è ricco di casi, oltre 100, e solo metà sono in Paesi in via di sviluppo. Non innovare è impossibile, ma ormai è impensabile poterlo fare investendo molte risorse o potendo contare su grandi divisioni dedicate. Quindi le aziende devono sperimentare altre strade.

Quali?
Cercando le soluzioni che arrivano dal basso. Frequentando le periferie, per utilizzare un’immagine cara a Papa Francesco. Le aziende non hanno successo se guardano solo alle aree ricche della società e del mondo. Se si presta attenzione alle esigenze e alle domande, se ha capacità di ascolto anche ai margini possono esserci occasioni di business. Se non escludi la periferia, puoi inventare prodotti di grande successo che poi diventano attraenti anche per il centro. Se al mercato piace il suv, ma il suv è costoso, c’è la possibilità di farne uno per tutti. Come ha fatto Renault che, comprata Dacia, ha fatto Duster a meno di 20mila euro. Un successo.

Allora l’innovazione deve essere Jugaad?
No. Anche in India c’è un dibattito sulla possibilità di utilizzare sempre e ovunque questi principi. E lì si stanno spostando verso l’innovazione standardizzata, necessaria per scalare. Ma in Paesi maturi come il nostro l’approccio Jugaad potrebbe essere utile, se non addirittura necessario, per rompere gli schemi, per ricavare soluzioni innovative e convincenti da risorse limitate, per dare quella svolta necessaria che ci riporti sulla strada della crescita.

L’Italia deve fare i conti anche con la scarsità di laureati.
Oggi siamo all’ultimo posto in Europa per laureati nella fascia d’età 30-34. L’obiettivo è arrivare al 40% nel 2020: se riusciremo a raggiungerlo, il Pil potrebbe crescere del 4%.

L’insegnamento a distanza potrà essere d’aiuto?
Di recente ho fatto un giro nelle principali università americane dove sono più avanti e c’è una forte tensione ad andare oltre i Moocs, i Massive Open Online Courses. La parola d’ordine adesso è contaminazione fra metodi formativi tradizionali, in aula, e corsi on line ma anche fra modelli culturali differenti, fra arti e business. A me ricorda molto il nostro Rinascimento…

Quali sono i nuovi progetti della Luiss?
Stiamo lavorando per anticipare il momento in cui gli studenti incrociano un lavoro in momenti, anticipati, in cui incrociano il lavoro. Come? Da quest’anno si maturano crediti formativi se si fanno lavori socialmente utili, nelle carceri o con associazioni no profit. Devono imparare a confrontarsi con la durezza del lavoro e il suo valore etico. Da settembre partirà poi un progetto di biografia dello studente per sviluppare la capacità di racontare le proprietà capacità umane e le abilità extracurriculari. Il rapporto con le aziende comincia appena si entra in università ma l’obiettivo è avere laureati più formati e informati grazie a un bagaglio di esperienze che non è solo quello sviluppato con lo studio. Nella nostra sede di viale Romania ci sarà anche un orto, per apprendere dalla lavorazione della terra.

I SEI PRINCIPI JUGAAD

► PRINCIPIO 1
Cogliere l’opportunità nelle avversità

► PRINCIPIO 2
Fare di più con meno

► PRINCIPIO 3
Pensare e agire con flessibilità

► PRINCIPIO 4
Mantenere la semplicità

► PRINCIPIO 5
Includere il margine

► PRINCIPIO 6
Segui il tuo cuore

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