Open Innovation

Francesco Meneghetti (fabbricadigitale): “Essere innovatori e innovativi significa essere lungimiranti e flessibili”​

In fabbricadigitale grazie al founder e CEO Francesco Meneghetti, si ragiona in ottica open innovation dal 2015; basti pensare all’Open Innovation Campus interno all’azienda

Pubblicato il 17 Dic 2021

Sara Duranti

L'open innovation ingrana la marcia anche in Italia

Fabbricadigitale è una società che fa innovazione in ambito tecnologie informatiche e sviluppo software. Il CEO e co-founder Francesco Meneghetti si definisce in prima persona un innovatore, attento alle novità e aperto alle suggestioni delle nuove generazioni.

È questo modo di vedere le cose che porta fabbricadigitale nel 2018, quindi molto prima del Covid-19, a un cambio radicale di paradigma, una trasformazione in chiave open innovation.

Il cambio di paradigma per fare open innovation

Per fabbricadigitale, il tema della sicurezza dei dati è sempre stato al centro dal momento della sua fondazione, nei primi anni 2000. A dimostrarlo sono le varie certificazioni, come ad esempio la ISO 27001, ottenuta ormai 15 anni fa, quando in Italia erano in pochissimi, circa una decina, ad averla.

“Questo modo di concepire l’azienda ha funzionato fino a quando non ci siamo resi conto che le certificazioni di sicurezza e tutte le imposizioni derivanti da criteri rigidi di protezione degli accessi, di riservatezza delle informazioni e dei documenti, davano seguito ad una serie di azioni le cui conseguenze indicavano troppa chiusura, protezione. E questo ha iniziato a non piacermi più” – racconta Francesco Meneghetti.

fabbricadigitale stava annullando il contatto con il territorio, con i clienti e i fornitori. Una chiusura controproducente, tale da mostrare la forte necessità di invertire il paradigma seguendo il metodo dell’open innovation, a cui l’azienda si interessava già dal 2015.

La nascita dell’Open Innovation Campus – OIC

La voglia di trasformazione si concretizza nel 2016 con la creazione dell’Open Innovation Campus – OIC.

L’OIC è nato per il bisogno di contatto con il territorio, con i collaboratori, per conoscere nuovi talenti e incontrare i giovani favorendo una crescita disruptive.

“Abbiamo scelto di aprire gratuitamente a tutti l’accesso a un’ala di fabbricadigitale, per renderla luogo di incontro, spazio di contaminazione e networking – racconta Meneghetti – ho preso un pezzo dell’azienda, fisicamente, un piano di 350 metri quadri circa, con un’entrata indipendente, per aprirlo a tutti, nonostante i pareri contrari”.

L’Open Innovation Campus è uno spazio bellissimo, aperto, attrezzato come un coworking, con la cucina per i momenti di networking e relax, sale riunioni a prova di remote e smart working, un Fablab con stampanti in 3D e un’area free multiuso con smart table per favorire il lavoro e la collaborazione. È accessibile con una semplicità disarmante: basta scaricare un’app e le porte si aprono 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

fabbricadigitale utilizza gli spazi dell’OIC per favorire il networking e la contaminazione anche con eventi programmati in cui gli ospiti si mescolano e interagiscono con i dipendenti dell’azienda.

“Prima della chiusura per il Covid facevamo eventi almeno una volta a settimana – prosegue Meneghetti – divulgativi, sulle tecnologie, ovviamente aperti a tutti; e chiunque volendo poteva proporre il proprio evento gratuitamente, innescando uno scambio e una contaminazione positiva”.

Nonostante la portata innovativa, l’Open Innovation Campus agli inizi stenta a partire. Meneghetti spiega che “quasi per un anno – un anno e mezzo c’è stata molta diffidenza da parte del territorio, pensavano ci fosse il trucco; le persone non capivano perché uno spazio aziendale veniva reso disponibile e accessibile a tutti. Diffidenza che è stata vinta poi dai giovani, universitari e liberi professionisti, i primi ad usufruire dell’OIC”.

Per questo fabbricadigitale funge anche da connettore tra aziende del territorio e Università, offrendo i propri spazi a incontri formativi e di orienteering per far incontrare la domanda con la futura offerta.

“Vogliamo aiutare gli studenti a entrare nel mondo del lavoro; le Università non sono molto pronte al matching domanda – offerta. Nel frattempo, aiutiamo le aziende a raccontarsi, a trovare talenti e orientare gli studenti in una logica di open innovation per mettere in contatto chiunque in territori che sono uno diverso dall’altro. Spesso i giovani sono molto più avanti di quello che possiamo immaginare; l’unico modo è essere curiosi, osservare e lasciarli liberi di muoversi con fiducia”.

Le difficoltà incontrate con il Covid e la ripartenza

“Quando abbiamo dovuto chiudere l’Open innovation Campus a inizio 2020 c’erano 60 persone all’interno. Abbiamo dovuto far evacuare lo spazio e disattivare le app” – dice con un velo di tristezza Meneghetti mentre racconta di uno dei periodi più complicati – “per fortuna stiamo ripartendo e con uno spirito più innovativo di prima”.

fabbricadigitale riparte con l’intento di trasformare l’intera azienda in un modello full smart working. Non a caso è stata tra le prime in Italia a inizio pandemia a permettere ai dipendenti di lavorare in remote working, ben in anticipo rispetto alle comunicazioni governative.

E con l’acquisizione della certificazione ISO 22301 che riguarda la continuità operativa e la resilienza dell’azienda, i dipendenti erano già formati per gestire l’emergenza dell’indisponibilità delle sedi di lavoro.

Uno sguardo al futuro

Ma il cambiamento non finisce qui. La sede di fabbricadigitale sarà concepita e ideata come una grande piazza in cui le persone possono incontrarsi, lavorare, organizzare eventi; un enorme Open Innovation Campus. Quello che prima era limitato a un solo piano, sarà esteso concettualmente all’80% dell’edificio che diventerà aperto a chiunque, anche a chi vorrà insediarsi con piccole startup e aziende.

Attenzione però: non sarà mai un incubatore, e neanche un coworking. Come ribadisce Meneghetti “non voglio incasellare fabbricadigitale in schemi. Noi siamo un po’ di tutte queste cose, incubatore, coworking, hub di networking… Ma non saremo mai niente di una cosa soltanto. Non voglio una scatola mentale nella quale chiudermi, perché nel momento che sono un incubatore, o un coworking, mi escludo altre opportunità. In azienda invece vogliamo un luogo che si crea da solo la propria identità poiché sono le stesse persone a dargliela, secondo le loro necessità”.

“L’innovazione deve vincere i confini, e questo può succedere solo se riesci ad essere disruptive. Se sai osservare e ascoltare le persone, capire se in esse sono già presenti i semi di un qualcosa che ancora deve arrivare. Se questi input non li sai coltivare bene, lasciando libera la gente di esprimersi diventa davvero difficile cogliere l’essenza dell’innovazione”.

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Sara Duranti

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