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Enrico Pochettino (Iren): ecco perché nel deep tech servono pazienza e industria



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Energie, cleantech e deep tech non seguono i cicli rapidi del digitale: servono industrializzazione, pazienza e investimenti coerenti. Enrico Pochettino racconta l’esperienza di Iren con le startup

Pubblicato il 27 dic 2025



Enrico Pochettino
Enrico Pochettino

Nel dibattito sull’evoluzione dell’ecosistema startup e scaleup italiano, il ruolo delle corporate industriali emerge con caratteristiche diverse rispetto a quelle dei settori digitali a ciclo rapido. In ambiti come energia, cleantech e deep tech, le dinamiche di innovazione sono fortemente condizionate da capitale, tempi e industrializzazione. È questa la lente proposta da Enrico Pochettino, Head of Innovation del Gruppo Iren, per leggere le evoluzioni dell’ecosistema.

https://www.osservatori.net/digital-transformation-academy/In occasione del convegno “Digital & Open Innovation 2026: cosa serve a imprese e startup per un cambio di passo”, organizzato dagli Osservatori Startup Thinking, Startup & Scaleup Hi-tech e Digital Transformation Academy, Pochettino si è soffermato sul ruolo delle aziende industriali e sul venture clienting. In questo approccio, le aziende individuano, acquistano e implementano soluzioni tecnologiche di startup e scaleup con un processo strutturato.

Deep tech, una lettura diversa di investimenti e ritorni

Pochettino parte da una considerazione di fondo: ogni iniziativa innovativa “tendenzialmente richiede tanto capitale e tanto tempo”. Per rendere evidente questa differenza utilizza una metafora agricola, mettendo a confronto una pianta di mais e un noce. La prima produce ogni anno, mentre il secondo richiede decenni prima di dare frutti. Nel mondo delle startup, osserva, questa distanza è chiaramente visibile “a seconda delle tecnologie e degli ambiti”.

Perché nel deep tech contano soprattutto i tempi

Nel deep tech, e in particolare nel cleantech, il tema del tempo diventa centrale. Il percorso che porta una tecnologia “dal passare da TRL bassi fino al 9, che è quello su cui poi c’è l’effettiva commercializzazione”, è “molto, molto lungo”. I Technology Readiness Levels (TRL) sono una scala a nove livelli: 1 indica una maturità molto bassa, 9 la massima maturità operativa.

Questa caratteristica strutturale impone una lettura diversa sia delle dinamiche di investimento sia delle aspettative di ritorno.

Venture capital in Italia: una lettura meno pessimistica

Pur riconoscendo le difficoltà del confronto con altri Paesi europei, Pochettino propone una lettura meno pessimistica dei dati italiani. Il mercato del venture capital, osserva, può essere letto esso stesso come una startup: “in Italia non esisteva, era qualcosa di davvero appena nato e adesso è qualcosa che ha multipli di volume rispetto anche solo a qualche anno fa”.

Un indicatore aiuta a dare scala a questa traiettoria: nel 2024 il mercato italiano ha totalizzato 406 operazioni, con circa 2 miliardi di euro investiti (dato Venture Capital Monitor, aggregato con l’attività dei business angel).

Il confronto internazionale resta impegnativo, ma va inserito in una traiettoria di crescita recente. Pochettino sintetizza questo passaggio in modo netto: “eravamo invisibili nell’ecosistema internazionale dell’investimento in Italia, adesso esiste”. In questo percorso, un ruolo rilevante è stato giocato dagli investimenti domestici, in particolare da Cassa Depositi e Prestiti, che ha agito come volano iniziale per la nascita dell’ecosistema.

CDP Venture Capital e la maturazione delle startup

Pochettino offre anche una lettura positiva dell’intervento di CDP Venture Capital, che oggi rappresenta una quota significativa del mercato. Da qui introduce alcuni elementi di analisi: gli investimenti realizzati negli ultimi anni hanno alimentato una base di startup che stanno ora entrando in fasi più mature, con round di Serie A e Serie B.

Secondo Pochettino, “salvo che i grossi investimenti italiani fatti in questi anni falliscano”, molte di queste imprese “andranno sul mercato dei capitali”, generando un effetto di crescita potenzialmente esponenziale. In questa prospettiva, il contributo iniziale di CDP non viene interpretato come una distorsione, ma come una fase necessaria di costruzione.

Nel frattempo, alcuni numeri recenti confermano una dinamica ancora “a strappi”: nel terzo trimestre 2025 in Italia sono stati chiusi 75 round e investiti 261 milioni di euro in startup.

Iren: logica industriale e corporate venture capital

Pochettino chiarisce in modo diretto il posizionamento di Iren: “non siamo degli investitori di fondi, ma siamo degli operatori industriali che investono anche in startup”. Questa distinzione è centrale per comprendere l’evoluzione del modello di innovazione del Gruppo.

In concreto, la logica industriale può convivere con strumenti di corporate venture capital: ad esempio, il programma Iren UP prevede ticket di investimento indicativamente tra 100.000 e 2 milioni di euro, modulati per fase e bisogni della startup, proprio per abilitare collaborazioni e sinergie operative.

In una fase iniziale, quando l’ecosistema italiano era ancora poco strutturato, Iren aveva sperimentato investimenti diretti. Oggi, con un mercato più maturo, il Gruppo ha cambiato approccio e “ha pivotato” verso un modello diverso, in cui l’investimento è funzionale soprattutto alla collaborazione industriale.

Venture clienting: dal contatto al pilot, fino al business

Stiamo parlando di venture clienting. Iren partecipa a fondi di investimento, attualmente due e con l’intenzione di entrare in un terzo, ma sempre con un ruolo dichiaratamente industriale. Questo significa contribuire alla valutazione delle opportunità, ma soprattutto “mettere dei soldi per avere visibilità sulle startup, sugli sviluppi tecnologici, i primi contatti per cui fare business con la startup”.

Sul piano operativo, il venture clienting punta ad accorciare il passaggio dallo scouting al pilot: identificare una soluzione, acquistarla e implementarla in contesti reali. L’obiettivo è ridurre tempi di sperimentazione, aumentare il time-to-market e trasformare più rapidamente un contatto in un progetto misurabile, fino a un accordo commerciale.

In settori deep tech, questo modello consente di ridurre il rischio tecnologico e di avvicinare più rapidamente le soluzioni a contesti applicativi reali.

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