Negli ultimi anni l’Italia ha visto crescere un ecosistema di startup e PMI innovative più solido, ma ancora lontano dai principali Paesi europei. Nel 2025, secondo l’Osservatorio Startup & Scaleup Hi-Tech del Politecnico di Milano con InnovUp, gli investimenti si sono attestati sui 1,46 miliardi di euro (+2,8% sul 2024), un progresso minimo che fotografa un ecosistema “stabile ma fermo”.
Per chi avvia una nuova impresa, questo significa due cose. Primo: il capitale esiste, ma è concentrato su poche realtà ad alta qualità e con forte capacità di execution. Secondo: la concorrenza per accedere agli investitori è elevata, e non basta un’idea brillante. Servono team credibili, progetti solidi, numeri verificabili e la capacità di muoversi dentro una “filiera del venture” che va dai business angel ai fondi istituzionali, passando per corporate, piattaforme di crowdfunding e incentivi pubblici.
In parallelo, il settore pubblico ha potenziato gli strumenti a sostegno delle nuove imprese: CDP Venture Capital gestisce oggi circa 4,7 miliardi di euro di asset e punta a 8 miliardi al 2028 con il Piano Industriale 2024-2028, che stima un mercato VC italiano potenziale da 5,5 miliardi a fine piano. A questo si aggiungono bandi nazionali e regionali, misure come Smart&Start Italia e un quadro di agevolazioni fiscali che rende più interessante investire in startup.
In questo contesto, trovare investitori per l’avvio di una nuova impresa non è più solo “cercare soldi”: è imparare a navigare un ecosistema complesso, scegliendo il tipo di capitale più adatto alla fase del progetto e costruendo relazioni di lungo periodo con chi può accompagnare la crescita.
Indice degli argomenti
Cosa cercano gli investitori in una startup: numeri, documenti, saper raccontare
Prima ancora di domandarsi dove trovare investitori, un founder dovrebbe chiedersi se l’impresa è pronta a essere finanziata. La stragrande maggioranza degli investitori – da un business angel a un fondo VC – si concentra su tre elementi: il team, il mercato e i numeri (anche solo prospettici, se si è molto early stage). Senza questi mattoni, i canali di raccolta che vedremo più avanti restano inaccessibili o poco efficaci.
Sul piano operativo, per l’avvio di una nuova impresa che vuole trovare investitori in Italia è ormai indispensabile predisporre:
- Business plan credibile: analisi di mercato, proposta di valore, modello di business, ipotesi di crescita, fabbisogni finanziari e uso dei fondi.
- Pitch deck sintetico (10–15 slide): in italiano o in inglese, racconta il progetto in modo visivo e orientato agli investitori, evidenziando problema, soluzione, traction, team e richiesta di capitale.
- Unit economics e metriche: anche in fase pre-revenue è necessario mostrare ipotesi sensate su margini, costo di acquisizione cliente (CAC), valore di vita del cliente (LTV), payback period, capex e opex.
- Cap table e governance: struttura societaria, quote, eventuali patti parasociali; gli investitori vogliono chiarezza su chi decide cosa e con quale orizzonte.
Sempre più spesso gli investitori italiani chiedono anche una data room digitale con documenti legali, proiezioni finanziarie in Excel, contratti chiave, IP (brevetti, marchi) e materiale di prodotto. La capacità di rispondere rapidamente e in maniera trasparente alle richieste di approfondimento è già, di per sé, un filtro.
Infine c’è la narrativa. In un mercato in cui i deal non crescono alla stessa velocità dei progetti presentati, saper raccontare perché il proprio team è quello giusto adesso per quel problema specifico pesa tanto quanto la dimensione del mercato. La preparazione su questi aspetti è il prerequisito per usare in modo efficace tutti i canali di raccolta capitale descritti nei paragrafi successivi.
L’importanza di un team fondatore complementare e affidabile
Un team fondatore complementare e affidabile rappresenta uno dei principali fattori di successo per qualsiasi progetto imprenditoriale. La complementarità delle competenze permette di coprire aree differenti — prodotto, business, tecnologia, operazioni — riducendo i punti ciechi e aumentando la capacità di prendere decisioni solide. L’affidabilità, invece, garantisce che ogni membro possa contare sugli altri nei momenti critici, creando un clima di fiducia che facilita la gestione delle sfide e accelera la crescita dell’organizzazione.
Come validare l’idea prima di cercare capitali
Prima di presentarsi agli investitori, è fondamentale validare l’idea per dimostrare che esiste una reale domanda di mercato. Questo processo può includere interviste con potenziali clienti, test di usabilità, landing page per misurare l’interesse, o lo sviluppo di un MVP capace di raccogliere feedback rapidi e concreti. Validare l’idea non solo riduce il rischio di investire tempo e risorse in una direzione poco efficace, ma aumenta anche la credibilità della startup agli occhi dei finanziatori, mostrando un approccio strutturato e orientato ai dati.
Family, friends & network: il primo capitale per avviare una nuova impresa
Per la maggior parte delle nuove imprese italiane, il primo investitore non è un fondo, ma la cerchia più vicina: fondatori, familiari, amici e colleghi. È il cosiddetto “3F round” (Founders, Family & Friends), ancora oggi una delle principali fonti di capitale pre-seed, soprattutto al di fuori dei grandi hub di innovazione.
Questa fase ha due funzioni. Da un lato, permette di coprire i costi di avvio: costituzione societaria, primi sviluppi di prodotto, validazione sul mercato, primi contratti. Dall’altro, crea un segnale per gli investitori successivi: se i founder non hanno investito in prima persona (con capitale o lavoro) e se nessuno vicino a loro è disposto a scommettere sul progetto, un business angel o un VC tenderà a considerarlo un red flag.
In Italia, questo primo capitale può integrarsi con strumenti come:
- Microcredito e garanzie pubbliche (es. Fondo di Garanzia per le PMI) per piccole linee di credito, spesso senza garanzie reali personali.
- Prestiti personali o soci finanziatori: da usare con attenzione, formalizzando condizioni, tempi e interessi.
- Reti professionali locali (commercialisti, consulenti del lavoro, associazioni di categoria, ordini professionali), spesso primo canale per entrare in contatto con investitori informali o imprenditori senior interessati a fare da “sponsor” al progetto.
Per gestire in modo sano questa fase, è importante:
- definire importi modesti e chiari, spiegando che si tratta di capitale di rischio, non di prestiti garantiti;
- formalizzare l’ingresso di amici e parenti nel capitale con patti chiari (tipologia di quote, eventuali diritti di informazione, uscita);
- evitare eccessiva frammentazione del capitale che potrebbe spaventare investitori professionali nelle fasi successive.
Ben gestito, il primo cerchio di investitori aiuta l’impresa a costruire le condizioni per accedere a canali più strutturati: angel, acceleratori, crowdfunding.
Business angel e club deal: come intercettare il capitale informale
Il passo successivo, per molte nuove imprese italiane, è l’incontro con i business angel: imprenditori, manager o professionisti che investono capitali propri in cambio di equity, spesso affiancando mentoring e contatti. In Italia il ruolo degli angel è in crescita: secondo la Survey IBAN 2024, i business angel italiani hanno investito quasi 75 milioni di euro in un anno, con circa tre operazioni su quattro realizzate in sindacato (angel in cordata fra loro o insieme ai fondi VC).
Per trovare investitori di questo tipo esistono diversi canali:
- Associazioni nazionali come IBAN – Italian Business Angels Network, che coordina da oltre 20 anni l’attività degli investitori informali e organizza call periodiche per startup. (IBAN Italia)
- Network strutturati come Italian Angels for Growth (IAG), uno dei più grandi network di business angel del Paese, con oltre 200 soci che investono in startup innovative. (Italian Angels)
- Club deal tematici (per esempio su impact investing, deep tech, health, agrifood) promossi da community di investitori, family office o piattaforme specializzate.
- Eventi di matching e pitch day promossi da associazioni territoriali, camere di commercio, università, incubatori e piattaforme come VentureUp, che mappa i soggetti della filiera venture in Italia.
Dal punto di vista operativo, per avvicinare con successo un business angel è utile:
- Segmentare gli angel per interesse: settore, fase (pre-seed/seed), taglio medio di investimento, area geografica.
- Preparare un one-pager molto sintetico (una pagina) da inviare come primo contatto, seguito eventualmente dal pitch deck.
- Chiedere warm introduction attraverso contatti in comune, mentor, consulenti o altri founder; i contatti a freddo funzionano raramente.
- Essere chiari su valuation, ticket minimo e uso dei fondi, mostrando apertura al confronto ma evitando improvvisazioni.
Spesso gli angel costituiscono il primo “round significativo” (100–500 mila euro) che permette di consolidare il prodotto, dimostrare traction e arrivare alla soglia di interesse di incubatori, acceleratori e fondi VC.
Incubatori, acceleratori, programmi corporate: investitori che portano anche competenze
Un’altra modalità chiave per trovare investitori all’avvio di una nuova impresa è entrare in incubatori, acceleratori e programmi di open innovation promossi da università, corporate e operatori specializzati. Questi soggetti combinano tipicamente tre elementi: supporto imprenditoriale (tutoraggio, formazione, network), servizi (spazi, servizi legali, sviluppo prodotto, validazione di mercato) e capitale, diretto o mediato.
In Italia, oltre agli incubatori universitari e territoriali, assumono un ruolo sempre più rilevante i programmi di corporate venture capital (CVC): fondi o veicoli di investimento promossi da grandi aziende per investire in startup complementari al proprio business. EconomyUp censisce decine di corporate italiane – da A2A a TIM, da Enel a Unicredit, da Angelini a Zanichelli – che hanno lanciato fondi o veicoli di CVC, spesso associati ad acceleratori verticali su energia, fintech, salute, industria 4.0, AI.
Per una nuova impresa, partecipare a un programma di incubazione o accelerazione significa:
- accedere a micro-investimenti seed (tipicamente 25–150 mila euro in equity o convertibile);
- ottenere validazione industriale attraverso progetti pilota con aziende partner;
- costruire una track record credibile da presentare a angel e fondi VC;
- posizionarsi al centro del dealflow di attori come CDP Venture Capital (attraverso il Fondo Acceleratori) e di altri fondi specializzati.
La selezione è molto competitiva, ma l’impatto può essere trasformativo: oltre al capitale, un buon acceleratore offre visibilità (demo day, eventi con investitori), accompagnamento nelle trattative e nella strutturazione del round. Per aumentare le probabilità di essere ammessi, è utile:
- candidarsi a programmi davvero coerenti con il settore e lo stadio della startup (non “a pioggia”);
- mostrare già una prima validazione (MVP, primi clienti, lettere di intenti);
- chiarire sin dall’inizio obiettivi e metriche che si punta a raggiungere durante il programma (clienti, fatturato, pilot, certificazioni).
Venture capital e fondi istituzionali: quando coinvolgerli e come
I fondi di venture capital intervengono tipicamente quando l’impresa ha già superato le primissime fasi: prodotto definito, primi ricavi o KPI di utilizzo, team consolidato, bisogno di capitali più consistenti (da qualche centinaio di migliaia a diversi milioni di euro) per scalare. EconomyUp censisce decine di fondi VC che operano in Italia, generalisti o verticali (deep tech, life science, fintech, climate tech, ecc.), spesso affiancati da operatori esteri sempre più presenti nei round italiani.
Accanto ai fondi privati, un ruolo centrale è svolto da CDP Venture Capital, che tramite 15 fondi diretti e indiretti (Acceleratori, Seed, Venture, Growth, Technology Transfer, Fondi di Fondi) investe in tutte le fasi di vita delle imprese innovative e punta a catalizzare capitali privati nazionali ed esteri. A livello regionale e nazionale operano anche fondi pubblici e misti dedicati a specifici territori o settori (transizione verde, digitale, AI, ecc.).
Per un founder che avvia una nuova impresa, la domanda chiave è: quando ha senso parlare con un VC? Alcune linee guida pratiche:
- Pre-seed/seed istituzionale: ha senso se si è già passati da 3F e angel, si hanno primi segnali di mercato (clienti, utenti, partnership) e si cercano ticket 300–800 mila euro per arrivare a product–market fit.
- Round Serie A: l’impresa ha trazione dimostrabile, un modello di business ragionevolmente validato, ambizioni internazionali e bisogno di capitali nell’ordine di 3–10 milioni di euro.
- Round growth: fasi successive, con ricavi significativi e piani di espansione importanti, spesso con l’ingresso di fondi esteri. (Economyup)
Per trovare investitori VC in Italia è consigliabile:
- utilizzare portali come VentureUp e le liste curate da EconomyUp per mappare i fondi coerenti per settore, fase e ticket;
- studiare la tesi di investimento di ciascun fondo (ticket, stage, geografia, verticali): inviare pitch a tappeto è uno spreco;
- costruire relazioni in anticipo, partecipando a conferenze, tavole rotonde, programmi congiunti (es. fondi-acceleratori), chiedendo intro da founder già finanziati;
- prepararsi a una due diligence approfondita su governance, conti, proprietà intellettuale, contratti e compliance.
Un punto cruciale: non tutte le nuove imprese sono “VC compatible”. Se il modello non prevede scalabilità forte e ritorni potenziali molto elevati, può essere più sensato puntare su forme di capitale alternative (angel, private equity, finanza bancaria, crowdfunding, bandi).
Crowdfunding ed economie di community: raccogliere capitali online
L’Italia è uno dei Paesi europei che più hanno sviluppato il crowdfunding in equity come canale di finanziamento per startup e PMI innovative. Piattaforme come Mamacrowd, CrowdFundMe, BacktoWork, Opstart e altre consentono di raccogliere capitali da centinaia di piccoli investitori, spesso affiancati da investitori professionali che fanno da “anchor”.
Nel 2024, per esempio, Mamacrowd ha supportato 35 società (startup, PMI e real estate) con una raccolta complessiva di oltre 41 milioni di euro, di cui circa 31,9 milioni su startup e PMI, pari a oltre il 60% del mercato equity crowdfunding italiano secondo i dati CrowdfundingBuzz. Questi numeri mostrano come il crowdfunding sia diventato un canale strutturale per molte nuove imprese, soprattutto in fasi seed e pre-Series A.
I vantaggi:
- Accesso a una platea ampia di investitori, inclusi clienti attuali e potenziali, che diventano ambasciatori del brand.
- Visibilità mediatica: molte campagne di successo ottengono copertura su media di settore e generalisti.
- Possibilità di combinare investitori retail e professionali (angel, fondi, corporate) nello stesso round, aumentando credibilità e volumi.
I rischi e le complessità:
- costi (success fee, costi legali, produzione del materiale di campagna, marketing);
- necessità di arrivare alla campagna con una quota di raccolta “pre-sottoscritta” (soft commitment di angel o fondi), perché le campagne “partite da zero” difficilmente decollano;
- obblighi di trasparenza e rendicontazione verso una base numerosa di soci.
Per usare il crowdfunding in modo intelligente, una nuova impresa dovrebbe:
- scegliere piattaforme con storico solido nel proprio settore;
- definire con precisione obiettivi di raccolta, valutazione pre-money e soglia di successo;
- pianificare la campagna come un vero lancio marketing, con attività di comunicazione, PR e coinvolgimento di community preesistenti.
Oltre all’equity crowdfunding esistono anche modelli lending (prestiti da parte della folla) e reward (pre-vendita di prodotti/servizi), utili soprattutto per imprese consumer e progetti con forte componente di prodotto.
Finanza pubblica, bandi e piattaforme digitali: completare il mix di investitori
L’ultima grande gamba per trovare investitori nell’avvio di nuove imprese italiane è la finanza pubblica e agevolata, da integrare – non sostituire – rispetto al capitale privato. Negli ultimi anni si è consolidato un mosaico di misure nazionali, regionali ed europee che offrono contributi a fondo perduto, finanziamenti a tasso agevolato, garanzie e servizi di accompagnamento.
Tra gli strumenti più rilevanti per startup e PMI innovative:
- Smart&Start Italia (Invitalia): finanziamento a tasso zero che può coprire fino all’80% delle spese ammissibili (90% per imprese giovanili/femminili), con possibilità di contributo a fondo perduto fino al 30% nel Mezzogiorno. Al 2024 il programma ha finanziato oltre 1.400 startup innovative per più di 520 milioni di euro, con migliaia di posti di lavoro creati.
- Bandi regionali per startup e innovazione: spesso cofinanziati da fondi europei (FESR), offrono contributi a fondo perduto per R&S, prototipi, internazionalizzazione, assunzioni qualificate.
- Fondi PNRR, transizione digitale e green: misure dedicate a progetti con forte contenuto tecnologico o impatto ambientale (energy, mobilità, infrastrutture digitali, agritech, ecc.).
- Fondo di Garanzia per le PMI e misure bancarie agevolate: facilitano l’accesso al credito per imprese innovative, riducendo il rischio per le banche.
Questi strumenti non sostituiscono l’investitore equity in senso stretto, ma possono ridurre il fabbisogno di capitale privato, migliorare la capacità negoziale del founder e aumentare l’attrattività del progetto. In molti casi, bandi e incentivi richiedono la presenza di cofinanziamenti privati (angel, VC, corporate), generando un effetto leva.
Per orientarsi, è utile combinare:
- la consultazione regolare dei siti istituzionali (MIMIT, Invitalia, regioni);
- l’uso di portali verticali sull’ecosistema startup (come EconomyUp, VentureUp, associazioni come InnovUp e Italian Tech Alliance, osservatori universitari);
- il supporto di consulenti specializzati (incubatori, associazioni d’impresa, studi professionali) per selezionare le misure davvero coerenti con il piano industriale.
In prospettiva, la capacità di una nuova impresa di combinare in modo equilibrato capitale privato (3F, angel, VC, corporate, crowdfunding) e finanza pubblica sarà sempre più un fattore competitivo. L’obiettivo non è “prendere tutti i soldi possibili”, ma costruire una struttura finanziaria sostenibile, che consenta di crescere preservando la capacità decisionale del team e preparandosi a round successivi o a percorsi di uscita (M&A, quotazione).
Dove e come trovare i contatti giusti: network e piattaforme
Trovare gli investitori adatti richiede una combinazione di ricerca mirata e presenza nei luoghi — digitali e fisici — in cui circolano capitali e opportunità. Le piattaforme professionali, i network di founder, gli acceleratori e gli incubatori offrono accesso privilegiato a investitori qualificati, rendendo più semplice instaurare conversazioni di valore. Parallelamente, coltivare relazioni nel tempo, partecipare a community e condividere i progressi della startup aiuta a costruire una reputazione credibile che facilita l’avvio dei contatti.
Sfruttare LinkedIn per identificare investitori in target
LinkedIn è uno strumento potente per individuare angel investor, VC e operatori di settore in linea con la propria idea. Utilizzare filtri avanzati, analizzare i portafogli degli investitori e osservare chi finanzia startup simili consente di restringere il campo ai profili davvero interessati. Pubblicare aggiornamenti significativi, chiedere intro tramite connessioni comuni e curare un profilo chiaro e professionale aumenta la probabilità di essere notati e di ottenere risposte positive.
Networking in eventi e concorsi: come presentare un pitch efficace
Eventi di settore, competition e demo day rappresentano occasioni preziose per entrare in contatto diretto con investitori. In questi contesti, un pitch breve, memorabile e orientato al problema aumenta drasticamente le possibilità di attirare attenzione. Preparare una presentazione chiara, evidenziare trazione e metriche rilevanti, e saper rispondere alle domande con sicurezza permette di trasformare un incontro informale in un’opportunità concreta da coltivare dopo l’evento.
I network italiani di business angel e come candidarsi
In Italia operano diversi network strutturati di business angel che selezionano startup pronte alla crescita. Per candidarsi è essenziale inviare materiale completo e professionale, rispettare i requisiti richiesti e prepararsi a presentare il proprio progetto durante le sessioni di screening. Avere già validato l’idea, dimostrare trazione iniziale e conoscere bene il mercato aumenta la probabilità di superare i primi filtri e accedere ai pitch interni.
Pitch deck e business plan: gli strumenti che aprono le porte
Il pitch deck e il business plan sono strumenti fondamentali per comunicare al meglio la visione della startup e convincere gli investitori che il progetto merita attenzione. Il pitch deck deve essere sintetico e orientato all’impatto, mentre il business plan approfondisce strategia, economia dell’iniziativa e sostenibilità. Insieme, mostrano professionalità, chiarezza e capacità di esecuzione, tre elementi decisivi per attrarre capitali.
Gli elementi irrinunciabili di un pitch deck vincente
Un pitch deck efficace deve includere: problema, soluzione, mercato di riferimento, modello di business, vantaggio competitivo, traction, roadmap e team. Ogni slide deve essere visiva, chiara e focalizzata su ciò che crea valore per l’investitore. È utile evitare tecnicismi superflui e dimostrare, con dati concreti, perché la startup ha un potenziale di crescita significativo.
Come definire una valutazione aziendale realistica (valuation)
Stabilire una valuation equilibrata è una delle sfide più delicate nella fase di fundraising. Una cifra troppo alta rischia di scoraggiare gli investitori, mentre una troppo bassa può diluire eccessivamente i founder. La valutazione deve basarsi su metriche reali, benchmark di mercato, traction, crescita prevista e comparabili del settore. Essere trasparenti sui presupposti utilizzati aumenta la credibilità e facilita la negoziazione.








