BUSINESS TRANSFORMATION

Che cos’è l’Economy of Things? L’auto elettrica che paga la ricarica da sola

Dall’Internet delle cose – oggetti connessi in rete che inviano dati a un server – all’Economia delle cose, ovvero oggetti connessi che svolgono transazioni in piena autonomia, senza la presenza dell’uomo e con la garanzia della tecnologia blockchain. Il caso Vodafone con la piattaforma DAB

Pubblicato il 03 Ott 2022

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L’Internet of things, o delle cose, non riguarda solo le case o gli elettrodomestici intelligenti, ma è destinato a trasformare le risorse fisiche in partecipanti ai mercati digitali globali in tempo reale. L’avverarsi di questo scenario crea quella che è stata definita come la nuova “economia delle cose”, o Economy of Things. L’economia delle cose nasce, perciò, estraendo nuovo valore dall’Internet of Things, ne è il concreto completamento. Ciò significa che le risorse fisiche si stanno trasformando in risorse digitali in grado di partecipare a nuovi mercati, liquefacendo il mondo fisico.

In un report di qualche anno fa, realizzato da Ibm in collaborazione con Oxford Economics, intitolato “The Economy of Things”, si legge che “questi tipi di attività diventeranno facilmente indicizzati, ricercati e scambiati come qualsiasi merce online. In effetti, tali mercati digitali rappresentano enormi opportunità economiche per la crescita e il progresso”.

Alcune industrie, come quelle dei giornali e della musica, sono state già completamente trasformate dall’IoT, mentre per altre l’impatto è stato molto inferiore; molti settori mantengono ancora la loro struttura e i loro protagonisti essenziali. Le industrie meno trasformate da Internet sono quelle in cui le informazioni non sono strutturate o non sono disponibili.

Che cos’è l’Economy of Things

Esploriamo l’impatto macroeconomico di questa trasformazione attraverso lo studio “The Economy of Things” di Ibm. Le dimensioni sono tre:

  • Marketplace delle risorse: la maggior parte delle risorse fisiche sono ampiamente sottoutilizzate. Ad esempio, negli Stati Uniti viene utilizzato solo il 67% degli immobili commerciali. L’Internet of Things può creare mercati liquidi di risorse sottoutilizzate consentendo loro di essere scoperti, remunerati e utilizzati. L’emergere di nuovi mercati digitali con alternative di spazi per uffici a basso costo può abbassare i prezzi degli affitti e aumentare la produttività per il settore.
  • Gestione del rischio: la digitalizzazione e l’uso dell’intelligenza artificiale possono rivoluzionare il credito, fornendo valutazioni più accurate del rischio. I dati che derivano dalla digitalizzazione e la crescita dei contratti virtuali possono portare a un’infusione di credito e alla riduzione dei tassi di interesse dei finanziamenti.
  • Efficienza: le informazioni ricavate dai dispositivi connessi in settori che non sono ad alta intensità tecnologica potrebbero produrre sostanziali guadagni in termini di efficienza. In settori come l’agricoltura, dove l’IT rappresenta solo l’1 per cento di tutte le spese in conto capitale, i dati dei sensori integrati rilevati in tempo reale possono aiutare a raggiungere una maggiore produttività del terreno.

Man mano che nuovi mercati e servizi basati sull’Internet of Things emergeranno e si evolveranno, nel prossimo decennio, diventerà evidente che l’IoT non riguarda solo l’utilizzo delle risorse. Si tratta, in effetti, di modelli di business completamente nuovi.

 Descrizione generata automaticamente

La piattaforma DAB di Vodafone

Economy of things, che cosa si sta muovendo? Vodafone, ad esempio, ha lanciato la piattaforma Digital Asset Broker (DAB). Si tratta di una piattaforma globale che consente ai dispositivi connessi e verificati di effettuare transazioni senza interruzioni, in piena sicurezza, senza l’intervento umano, ma al contempo con il pieno controllo del proprietario. Un esempio sono i veicoli elettrici in grado di effettuare transazioni direttamente con i punti di ricarica.

DAB si basa sulla piattaforma IoT di Vodafone – una delle maggiori al mondo, oltre 140 milioni di dispositivi IoT connessi – e aiuterà i clienti della Telco a beneficiare della “economia delle cose”.

La piattaforma di Vodafone utilizza la tecnologia blockchain, o a registro distribuito (DLT): tutti i dispositivi e le macchine collegati a Vodafone DAB sono verificati come affidabili e quindi autorizzati a scambiare dati e denaro su connessioni sicure e crittografate. Le aziende possono così lanciare nuovi prodotti che vengono rapidamente “certificati” come sicuri, e i dispositivi sono subito pronti per effettuare transazioni in tempo reale.

“Stiamo costruendo in-house nuove piattaforme scalabili per i nostri clienti in Europa e in Africa”, ha dichiarato Johan Wibergh, Chief Technology Officer di Vodafone. “La nostra ultima piattaforma guiderà la nuova Economia delle Cose, in cui oggetti e dispositivi di uso quotidiano possono negoziare, acquistare e vendere servizi per nostro conto. Stiamo parlando attivamente con molte altre aziende per espandere rapidamente le partnership e ampliare l’ecosistema in tutto il mondo”.

Come funziona DAB

Gli automobilisti ricevono informazioni in tempo reale sullo stato e la compatibilità del punto di ricarica disponibile più vicino e possono autorizzare il proprio veicolo a ricaricarsi facilmente, contrastando così quella che viene definita come “ansia da autonomia”, cioè la paura dei proprietari di auto elettriche di esaurire la carica della batteria.

Con DAB si aprono diverse opportunità di business: ad esempio, un’auto a noleggio in modalità pay-as-you-drive o in abbonamento oppure i contatori intelligenti. In futuro questa modalità potrebbe anche rendere possibile, ad esempio, per le macchine del caffè ordinare automaticamente le ricariche o per un lampione intelligente scambiare dati sui flussi di traffico con altri oggetti connessi di una smart city.

Che cos’è la Distributed Ledger Technology (DLT)

Le tecnologie Distributed ledger (DLT) sono sistemi basati su un registro distribuito, in cui cioè tutti i nodi di una rete possiedono la medesima copia di un database che può essere letto e modificato in modo indipendente dai singoli nodi, ma sotto il controllo consensuale degli altri nodi.

I distributed ledger vengono aggiornati solo dopo aver ottenuto il consenso e ogni nodo viene aggiornato con l’ultima versione di ogni singola operazione di ciascun partecipante; ogni operazione rimane poi in modo immutabile su ogni singolo nodo.

All’interno di queste tecnologie troviamo le tecnologie blockchain, nelle quali il registro è strutturato come una catena di blocchi contenenti più transazioni (da cui deriva il nome) e i blocchi sono concatenati tra loro tramite crittografia. I sistemi blockchain consentono in genere di effettuare delle transazioni o dei trasferimenti.

Le DLT necessitano di una rete peer-to-peer e di algoritmi per la gestione e la raccolta del consenso e l’approvazione di operazioni basate sul raggiungimento di un consenso. In base al modello di gestione del consenso si potranno avere Distributed ledger di tipo privato e di tipo pubblico.

Le unpermissioned ledgers (il cui esempio più conosciuto è la blockchain Bitcoin) sono reti in cui ciascuno può accedere senza autorizzazione e sono concepite per non essere controllate.

Nelle permissioned ledgers invece si può accedere solo previa registrazione e identificazione e quindi con l’autorizzazione di un ente centrale o della rete stessa; possono quindi essere controllate e avere una “proprietà”.

La DLT nella legge italiana 

Il legislatore italiano ha introdotto il concetto di Distributed Ledger nell’ordinamento con il Decreto Legge 135/2018, convertito in Legge 12/2019.

Tuttavia, c’è ancora molta strada da fare prima che la Digital Ledger Technology (DLT) raggiunga il suo pieno potenziale. L’ostacolo più difficile è stabilire un equilibrio tra sicurezza, privacy e apertura dei dati archiviati.

Gli investimenti sulla Blockchain

Secondo i dati dell’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2021 gli investimenti in blockchain delle aziende sono ammontati a 28 milioni di euro, in crescita rispetto ai 23 milioni del 2020 ma meno dei 30 milioni del 2019. In Italia il settore più attivo è quello finanziario e assicurativo, con il 50% degli investimenti; seguono la pubblica amministrazione (15%), l’agroalimentare (11%) e le utility (10%).

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Pierluigi Sandonnini
Pierluigi Sandonnini

Ho una formazione ibrida, tecnologica e umanistica. Nuove tecnologie I&CT e trasformazione digitale sono i miei principali campi di interesse. Ho iniziato a lavorare nella carta stampata, mi sono fatto le ossa al Corriere delle Telecomunicazioni negli anni a cavallo del Duemila. Collaboro con Digital360 dal 2020

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