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Aziende e intelligenza artificiale generativa: come la usano e come può diventare un co-thinker



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Tutti usano la GenAI, ma pochi la trasformano in valore. Ecco come il Platform Thinking può aiutare le aziende a passare dall’efficienza individuale alla rottura dei silos organizzativi. Il caso Fujitsu

Pubblicato il 20 ott 2025

Tommaso Buganza

Direttore Scientifico dell'Osservatorio Platform Thinking HUB

Daniel Trabucchi

Direttore Scientifico Osservatorio Platform Thinking HUB



Platform Thinking e GenAI
Platform Thinking e GenAI

Oggi la Generative AI è ovunque. È nelle riunioni dei board, nei piani industriali, nei corsi di formazione. È nelle mani di professionisti e manager che la usano ogni giorno, spesso più per curiosità che per reale integrazione nei processi aziendali.
Infatti, come ricorda uno studio del MIT, il 95% dei progetti pilota in ambito GenAI non genera valore concreto. L’entusiasmo è alto, ma i risultati scarseggiano. È il GenAI Paradox: tutti ne parlano, quasi tutti la usano, ma pochissimi riescono a ottenere un impatto reale.

Per capire perché, serve guardare più da vicino come le aziende — e le persone — stanno usando questa tecnologia. È quello che ha fatto la ricerca dell’Osservatorio Platform Thinking HUB della School of Management del Politecnico di Milano, diretto scientificamente dai professori Daniel Trabucchi e Tommaso Buganza, che hanno svolto una ricerca e una sperimentazione con la collaborazione di Elisa Farri e Gabriele Rosani, autori della HBR Guide to Generative AI for Managers, commentata durata il convegno della scorsa settimana, tra gli altri da Sangeet Paul Choudary – padre della Platform Revolution e auotre di Reshuffle – e da Francesco Caio (ex Amministratore Delegato di Poste Italiane e Saipem tra le altre) – i cui contributi sono disponibili qui.

Come le aziende usano la GenAI in Italia

La survey ha coinvolto 419 professionisti italiani di 162 imprese, offrendo la prima fotografia estesa sull’adozione della GenAI in Italia. I dati confermano la pervasività del fenomeno:

  • 91% degli intervistati utilizza la GenAI almeno una volta a settimana;
  • 57% la usa più volte al giorno

La maggioranza resta nel territorio dell’efficienza individuale: si usa la GenAI per cercare informazioni (86%), generare opzioni (67%), riassumere testi o scrivere email (entrambi al 63%). Sono attività utili, ma marginali rispetto al potenziale trasformativo della tecnologia.
In altre parole, la GenAI viene trattata come un assistente digitale — non come un alleato di pensiero.

Elisa Farri e Gabriele Rosani descrivono due archetipi di interazione con l’AI:

  • il Co-Pilot, quando l’AI agisce come assistente operativo (“fai questo per me”);
  • e il Co-Thinker, quando diventa un partner di riflessione (“ragioniamo insieme su questo”).

La nostra ricerca mostra che la maggior parte dei professionisti si ferma alla prima modalità, concentrandosi su efficienza e velocità. Solo pochi stanno imparando a sfruttare l’AI per riflettere, esplorare alternative e generare nuove intuizioni.
Eppure, è proprio qui che risiede la vera promessa della GenAI: non nel fare più cose, ma nel pensare meglio.

Governance assente, entusiasmo solitario

Passando dal livello individuale a quello organizzativo, lo scenario peggiora.
Molte aziende non offrono ancora linee guida né strutture di governance sull’utilizzo dell’AI.
Il 38,7% delle organizzazioni italiane non ha alcun piano definito; il 35,8% si limita a diffondere policy generiche; solo il 24,7% permette ai dipendenti di sperimentare attivamente, ad esempio creando agenti o chatbot personalizzati.

In parallelo, cresce un fenomeno sempre più diffuso: la Shadow AI.
Molti professionisti usano account personali di ChatGPT o Copilot per lavorare, aggirando le restrizioni aziendali. Un quarto degli utenti intervistati dichiara di farlo regolarmente, con rischi evidenti per la sicurezza dei dati e per la compliance.

Questa fotografia rivela una contraddizione: le persone sono pronte, le aziende molto meno.
E quando l’entusiasmo individuale incontra l’assenza di strategia organizzativa, l’innovazione si ferma al livello della curiosità.

Per chi vuole approfondire, è disponibile il report dettagliato con tutti i risultati della ricerca dell’Osservatorio, oltre che le slide della giornata.

Dal Pilota alla Piattaforma: il caso Fujitsu

Non tutte però si fermano al paradosso. Durante il convegno “GenAI & Platform Thinking”, tenutosi il 14 ottobre, Cristiano Bellucci, Technology Vision Strategist di Fujitsu, ha raccontato un caso emblematico di adozione della GenAI basata sul Platform Thinking.

Come illustrato anche nell’articolo pubblicato su California Management Review Insights, Fujitsu ha capito presto che imporre la GenAI dall’alto non avrebbe funzionato.
Invece di costruire un sistema unico e centralizzato, l’azienda ha scelto di abilitare i dipendenti a creare i propri GPT personalizzati, adattandoli ai contesti e ai bisogni specifici di ciascun team.

Il risultato è stato la nascita di oltre 4000 progetti abilitati da una vera e propria piattaforma interna di conoscenza: una rete di agenti AI condivisi, discussi e migliorati collettivamente grazie a Microsoft Viva Engage.
Ogni GPT è diventato un “servizio” che un collega poteva usare, modificare o perfezionare — innescando dinamiche tipiche delle piattaforme digitali, come la co-creazione e gli effetti di rete.

Uno degli esempi più riusciti è il Technology Vision GPT, sviluppato per connettere il team di Thought Leadership con la forza vendita. L’agente consente ai commerciali di trovare in pochi secondi i casi d’uso tecnologici più rilevanti per un cliente, personalizzare la proposta e migliorare l’allineamento con le strategie aziendali.
Al tempo stesso, il team che lo ha creato ottiene dati preziosi sulle ricerche più frequenti, sulle lacune informative e sulle opportunità emergenti.

È una piattaforma a due lati perfettamente funzionante: da una parte chi usa, dall’altra chi impara da quell’uso, generando un effetto win-win-win e a ritorni crescenti per tutti all’aumentare dell’utilizzo. Questo è il tipico caso i platform thinking per uso interno volto a ridurre le inefficienze di processo.

Abilitare, non imporre: le tre lezioni di Fujitsu

Il caso Fujitsu mostra che la GenAI può funzionare solo se è trattata come un ecosistema, non come un progetto IT.
Da questa esperienza emergono tre lezioni chiave:

  1. Enable, don’t impose. L’adozione cresce quando le persone possono creare strumenti su misura per sé, non quando sono costrette a usarne di predefiniti.
  2. Customers, not suppliers. Anche all’interno di un’azienda, ogni team deve percepire valore diretto nell’interazione con l’AI.
  3. Agile, not stage-gate. L’intelligenza generativa richiede sperimentazione continua: piccoli passi, iterazioni rapide, feedback costante.

Questo è, in sintesi, il passaggio dal pilota alla piattaforma: dal test isolato al sistema condiviso.

Il Platform Thinking Journey GPT: quando la GenAI diventa un co-thinker

Proprio per esplorare questa frontiera, durante l’edizione 2025 dell’Osservatorio Platform Thinking HUB, i partner hanno potuto sperimentare il Platform Thinking Journey GPT.
Si tratta di un assistente AI progettato non per sostituire il lavoro umano, ma per supportare i team nel ragionamento strategico: formulare ipotesi, esplorare alternative, mettere in discussione assunzioni.

Le aziende partecipanti (Angelini Industries; Eni; EY insieme a Board; GPS Bilance; GS1 Italy; Iveco Group; Istituto Neurologico Nazionale Fondazione Mondino IRCCS; Poste Italiane; Prysmian; Relatech; Retail Reply; Sisal; Trentino Sviluppo) hanno sfruttato la GenAI come un co-thinker per risolvere sfide reali legate ai cinque problemi di business più comuni nelle imprese consolidate che il platform thinking può risolvere con efficacia, che Trabucchi e Buganza hanno presentato nel loro ultimo libro The Digital Phoenix Effect:

  1. Transazioni inefficienti o mancanti (come nel caso di Kroger);
  2. Evoluzione delle richieste dei clienti (come nel caso di Royal Caribbean);
  3. Colli di bottiglia nell’innovazione (come nel caso di Caterpillar);
  4. Dati sottoutilizzati (come nel caso di Kraft Heinz);
  5. Mancanza di dati per decisioni strategiche (come nel caso di NewsCorp)

L’obiettivo era verificare se la GenAI potesse realmente aiutare i team a pensare in modo sistemico, come il Platform Thinking insegna.
I risultati sono stati chiari: quando i gruppi di lavoro usano la GenAI insieme — discutendo gli stessi prompt, confrontando le risposte, integrando punti di vista — l’efficacia cresce con il tempo.
L’intelligenza artificiale non sostituisce il pensiero umano, ma ne amplifica la qualità collettiva.

Il prossimo passo: dalle idee ai sistemi di collaborazione

Con la chiusura del terzo ciclo dell’Osservatorio, si apre ora una nuova fase.
A partire da gennaio 2026, il Platform Thinking HUB supporterà i propri partner anche nello sviluppo di progetti interni ispirati al modello Fujitsu: co-progettando agenti AI personalizzati, progettati per favorire collaborazione, apprendimento e allineamento strategico.

L’obiettivo è spostare l’attenzione dalle performance individuali alle dinamiche collettive, creando piattaforme interne di intelligenza condivisa che abilitino innovazione continua.
Non si tratta di sostituire il pensiero umano, ma di coltivarlo in rete — perché l’intelligenza, generativa o meno, è sempre una questione di relazione.

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