Le testimonianze
Attentati a Parigi: Camisani Calzolari e Del Rio nella notte da incubo
I due esponenti della comunità digitale italiana, ciascuno per conto proprio nella capitale francese, sono scampati alla morte per caso: il primo ha scelto all’ultimo di cambiare programma, il secondo grazie alla moglie che non è voluta andare al Bataclan
di Luciana Maci
Pubblicato il 16 Nov 2015

“Ero in un ristorante in centro a Parigi – ha scritto il primo su Facebook a poche ore dagli atti terroristici – quando mi hanno avvisato di quello che stava succedendo a pochi metri da me. Ambulanze, polizia, delirio ovunque. Ho trovato un Uber e sono tornato in albergo. All’ingresso per aprire la porta hanno voluto vedere la smartcard dal vetro e due uomini con la fascia security piantonavano l’ascensore. Ora sono salito e mi sono chiuso in stanza al settimo piano, dove non dovrebbe succedere nulla”.
Immediate le reazioni degli utenti Internet, che lo hanno sommerso di manifestazioni solidarietà. Secondo post: “La polizia consiglia di non uscire dall’albergo. Purtroppo Internet va a sighiozzo e piano, probabilmente perché chiunque qui sta vedendo video in streaming… Oggi non mi muovo, domattina cerco di volare in Italia”.
Dopo le prime concitate ore seguite all’emergenza, Marco Camisani Calzolari, italiano emigrato a Londra che è anche Docente di Comunicazione digitale all’Università di Pavia e conduce una rubrica di Pronto Soccorso Digitale nell’ambito di “Uno Mattina in Famiglia” su RaiUno, ha pubblicato un post più dettagliato sulla sua notte da incubo: “Vi racconto un pezzo di ieri sera su cui ho riflettuto solo ora… Ero in giro a piedi per il centro di Parigi e stavo decidendo dove andare. Mi piace camminare da solo nelle città, guardare le persone, avere quella sensazione di libertà che provi quando sei padrone del tuo tempo. Sono passato a piedi nei luoghi dove pochi minuti dopo si sono fatti esplodere i kamikaze e sto ripensando alla facce che ho incontrato e che andavano nella direzione opposta…Ma ho una “JPG” fissa in mente delle facce dei bambini di cinque, sei anni, senzatetto che dormono per terra in quelle strade con papà e mamma. Le strade di Parigi sono piene di famiglie così. Ieri faceva freddo e mi si era gelato il sangue a vedere i bimbi avvolti nelle coperte. Avvolti nelle coperte i bambini non possono muoversi… È un messaggio che ti arriva dritto al cuore come un pugnale. Ho dato a qualche famiglia un piccolissimo contributo ma mi si era chiuso lo stomaco, tanto che ho cambiato idea sull’andare a mangiare in un vero ristorante. Ho deciso quindi di camminare sino a Pigalle e alla fine ho preso due patatine e una cosa veloce in un music bar. Altrimenti probabilmente sarei andato a mangiare proprio all’11esimo arrondissement… I bambini senzatetto potrebbero avermi salvato la vita”.
Dopo essere rimasto forzatamente chiuso in albergo, è riuscito ad avere il via libera per andare all’aeroporto e prendere il primo aereo per lasciare il Paese. Ironia della sorte: il tassista che lo è venuto a prendere si chiamava Mohammed Ali.
“Sto per decollare da Parigi – è il commento finale – ascoltando uno dei pezzi che hanno suonato venerdì sera e immagino un universo parallelo in cui i giovani attentatori entrano nella sala, pronti a colpire… Ma poi nell’attesa piano piano il piede inizia a muoversi, poi la testa, poi le gambe, poi tutto il corpo a ritmo di musica. Poi si guardano e sorridono, buttano per terra i fucili, si slacciano le cinture esplosive e iniziano a ballare saltando insieme agli altri…”. Sappiamo che purtroppo non è andata così.
