ROUND SERIES B

40 milioni per la scaleup Caracol: l’innovazione per la manifattura è pronta allo sviluppo internazionale



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Scala globale, piattaforme multi/processo e multi materiale, lavorazione del metallo: sono le tre linee di crescita globale di Caracol. Ecco i risultati e le prospettive che hanno convinto gli investitori

Pubblicato il 14 ott 2025



cARACOL
Caracol

Caracol, la scaleup lombarda dell’additive manufacturing di grande formato ha raccolto 40 milioni di dollari in Serie B, co-guidati da Omnes Capital e Move Capital, con il sostegno di CDP Venture Capital. L’obiettivo: spingere l’espansione internazionale, rafforzare software/automazione/AI e accelerare sul metal additive per settori regolati come aerospace e difesa.

Caracol: round “growth”, investitori internazionali, piano industriale chiaro

Il round è stato co-guidato da Omnes Capital e Move Capital; CDP Venture Capital – Large Ventures ha avuto un ruolo di catalizzatore nell’attrarre capitali esteri, con la conferma degli storici investitori italiani (Primo Capital, Eureka! Venture, Neva SGR). Il round, “oversubscribed”, ha consentito un parziale cash-out agli early investor.

Le nuove risorse finanzieranno sosterranno tre direttrici di sviluppo:
1) scala globale con presidio rafforzato in Europa, USA e Medio Oriente e penetrazione in APAC (trazione in Giappone);
2) piattaforme multi-processo/multi-materiale con più software, automazione e AI per controllo di processo e qualità;
3) rampa del metal AM per aerospazio & difesa, energia, marittimo, continuando ad ampliare l’offerta sui polimeri per trasporti, costruzioni e architettura.

Oggi il team di Caracol supera le 100 persone tra Milano, Austin e Dubai, con presenza commerciale in 50+ Paesi. «Questo round valida la nostra visione e l’esecuzione del team: siamo pronti ad accelerare lo scaleup globale», dice il CEO e co-founder Francesco De Stefano.

Perché Caracol ha ottenuto questo investimento

La trama è più ampia del singolo assegno. Caracol arriva a questo round con ricavi raddoppiati anno su anno negli ultimi esercizi, 100+ piattaforme robotiche installate e casi d’uso che parlano il linguaggio dei buyer industriali: –70% dei costi su parti finite nel marittimo (Ferretti), –50% dei lead time su tooling in carbonio con Duqueine, progetti di economia circolare in construction (HITT). Numeri e referenze sono l’ingrediente che consente a un investitore internazionale di leggere questa storia come scalabile, non come “one-off”.

L’impatto più interessante è nel mix tecnologico. Caracol nasce e scala sulla Large-Format Additive Manufacturing(LFAM) con bracci robotici e polimeri/compositi; il Serie B mette carburante sull’ingresso nel metallo e, soprattutto, sulla stratificazione software+AI: slicing avanzato, cinematica multi-asse, controllo qualità data-driven. In altre parole, il valore si sposta dall’hardware alla capacità di certificare e ripetere la qualità su componenti grandi e critici, requisito di entrata per supply chain regolati (aerospazio/difesa, energia).

È qui che il capitale “growth” serve: non soltanto per vendere di più, ma per industrializzare processi, standard e servizi attorno alla macchina.

In sintesi, il Serie B non “compra” soltanto crescita: compra certificazioni, qualità ripetibile e prossimitàai mercati strategici. È questo il biglietto d’ingresso nelle filiere globali dell’advanced manufacturing.

Infine, c’è la geografia. L’apertura dell’HQ e centro produttivo a Austin (10.000 ft²) indica il passaggio da export a capacità locale in Nord America: sistemi prodotti più vicino al cliente, servizi di installazione/manutenzione/training sul territorio, qualifiche più rapide con OEM e Tier-1. Un tassello coerente con la narrativa – molto europea – di filiere più resilienti e distribuite, su cui gli stessi investitori hanno insistito.

La storia di Caracol (e come è arrivata fin qui)

Fondata nel 2017 in Lombardia da Francesco De Stefano (CEO), Paolo Cassis (COO), Jacopo Gervasini (CFO) e Giovanni Avallone (CIO), Caracol nasce con l’idea di superare i limiti dimensionali della stampa 3D tradizionale usando bracci robotici, estrusione da pellet e software proprietario. Nel 2021 ha chiuso un finanziamento da 3,5 milioni di euro, e nel 2023 un Serie A da 10,6 milioni per portare Heron AM su scala internazionale – tappe già raccontate su EconomyUp e utili per leggere l’evoluzione da startup a player industriale.

Per chi volesse “vedere” la tecnologia all’opera, suggeriamo questo video: la presentazione Heron AM di De Stefano al JEC 2023

Demonstrating Large-Format Additive Manufacturing

Il mercato e la posizione competitiva di Caracol

La LFAM (Large Format Additive Manufacturing) è uno dei segmenti più dinamici dell’additive: combina la flessibilità del 3D printing con la scala richiesta per tooling, stampi e parti finali in settori come aerospace, automotive/motorsport, energia, marine, construction/architettura. Qui la concorrenza non è soltanto tra costruttori di macchine ma tra ecosistemi: piattaforme integrate hardware + software + automazione e servizi locali. Con l’HQ produttivo ad Austin e il consolidamento tecnologico in area DACH (acquisizione della IP additive di Hans Weber Maschinenfabrik), Caracol prova a spostare il baricentro verso un modello globale ma vicino al cliente, che riduce tempi di adozione e alza le barriere per i follower.

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