Quell’immagine dei due founder di Revolut Nik Storonsky e Vlad Yatsenko accanto al Segretario del Tesoro e alla Cancelliera dello Scacchiere scattata il 23 settembre in occasione dell’inaugurazione del nuovo headquarter globale è, indirettamente, una risposta a chi si domanda: ma Revolut vale davvero 75 miliardi? E Perché? La challenging bank ha vinto la sfida è, oltre a quella degli investitori, conquista l’attenzione istituzionale cosi come istituti di credito ben più balsonati.
Resta legittima la domanda: ma come è possibile che un’app di pagamenti lanciata nel 2015 da due giovani britannici, uno di origini russe l’altro ucraine, in 10 anni è diventata una banca che vale, tanto per fare un riferimento italiano, più di MPS (circa 20 miliardi) e Mediobanca (15) messe insieme (come del resto saranno presto…)? La risposta più semplice: grazie a una miscela esplosiva di visione, ambizione e tecnologia, attivata da capitali internazionali. E, infatti, si tratta di una valutazione con multipli più da tech company che non da istituto finanziario.
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Revolut, come si arriva alla supervalutazione di 75 miliardi?
Ma vediamo cosa c’è dietro e dentro la super valutazione, che tutti sorprende e che molti considerano insensata. Anche perché è basata su un’operazione interna alla compagnia. Revolut ha avviato una vendita secondaria di azioni: in pratica, alcuni azionisti (soprattutto dipendenti) possono vendere una parte delle proprie quote a nuovi investitori.
Non entrano soldi nelle casse dell’azienda – non c’è stato alcun aumento di capitale – ma l’operazione “fa prezzo” sulle azioni e implica una valutazione complessiva di circa 75 miliardi di dollari (i dipendenti possono vendere fino al 20% delle loro quote con un prezzo per azione di circa 1.381 dollari). È un modo per dare liquidità ai dipendenti e, allo stesso tempo, misurare l’appetito degli investitori prima di un’eventuale quotazione in borsa, secondo il Financial Times.
Revolut a dieci anni dalla fondazione: quali risultati?
Il 2024 è stato un anno di crescita e redditività per Revolut. Dai documenti ufficiali risulta che i ricavi hanno raggiunto 3,1 miliardi di sterline (+72% sull’anno precedente), con utile netto di 790 milioni di sterline (margine netto 26%). I clienti al 31 dicembre 2024 erano 52,5 milioni, e i saldi complessivi dei clienti (depositi su bilancio + risparmi presso partner) sono saliti a 30,2 miliardi di sterline.
Nel 2025 la base utenti ha continuato a correre: oltre 60 milioni di clienti globali secondo gli ultimi aggiornamenti corporate.
Che cosa “prezza” il mercato con quei 75 miliardi per Revolut?
Dietro un numero c’è sempre un intreccio di diverse motivazioni. In questo caso, gli investitori stanno scommettendo su tre pilastri:
- Un modello che genera profitti, almeno adesso: oltre ai pagamenti con carta e agli abbonamenti, hanno contato molto gli interessi maturati sui depositi in un contesto di tassi elevati e la forte crescita della divisione wealth/crypto. Sono proprio interessi e trading di criptovalute ad aver dato un impulso importante alla redditività 2024. Al risultato hanno contributo interessi (grazie ai tassi alti), pagamenti, abbonamenti e soprattutto il “wealth/crypto”, che ha corso tantissimo. Se in futuro i tassi scendono (riducendo gli interessi sui depositi) e/o i volumi crypto si raffreddano, i margini potrebbero normalizzarsi. Il 2024, insomma, è stato un anno “ideale” per questo mix; bisogna chiedersi quanto del 2024 sia strutturale e quanto ciclico.
- Il passaggio da “super app” a banca piena nel Regno Unito: nel luglio 2024 Revolut ha ottenuto la licenza con restrizioni e sta completando la fase di “mobilisation” , il periodo in cui una nuova banca costruisce i sistemi e i controlli per operare a pieno regime. Il 2025 è l’anno in cui Revolut esce dalla “palestra regolatoria” prima di entrare nella operatività completa ed essere a tutti gli effetti una banca UK. Le presenze istituzionali all’inaugurazione dell’headquarter dicono che è cosa fatta.
- L’espansione globale: per quanto riguarda gli Stati Uniti Revolut valuta anche la via breve che passa dall’acquisizione di una banca, invece di richiedere da zero la licenza. È un’opzione industriale significativa (accorcia i tempi), ma non priva di complessità regolatoria. Il fatto stesso di non escluderlo, però dimostra l’ambizione della leadership. In ogni caso è stata comunicata una strategia di espansione globale che prevede licenze in America Latina, Asia-Pacifico, Africa e Medio-Oriente.
Il valore di Revolut è sensato? Qualche confronto
Per capire se 75 miliardi siano un prezzo ragionevole, conviene guardare attraverso due lenti semplici:
Multiplo dei ricavi
Il multiplo dei ricavi (o price-to-sales): quanto vale l’azienda rispetto a quanto fattura in un anno.
- Revolut: su ricavi 2024 ~4 mld $, la valutazione implica circa 19 volte i ricavi (75 / 4 = 18,75). È un multiplo molto alto per il settore bancario classico, più vicino a quello di big tech/fintech in forte crescita.
- Nubank (Nu Holdings), il grande “parente” quotato in Borsa: vale intorno a 75–78 mld $ di capitalizzazione (market cap, cioè il valore in Borsa) e ha generato 11,5 mld $ di ricavi nel 2024. Multiplo indicativo: ~6–7 volte i ricavi.
Pesi e confronti limitrofi
Un altro riferimento è Coinbase, player quotato con forte esposizione al mondo crypto, che oscilla intorno a 88 mld $ di market cap. Non è un pari puro, ma serve a capire che i mercati possono attribuire valutazioni elevate a modelli spinti da volumi/commissioni e sensibilità al ciclo degli asset digitali.
Qundi, a parità di crescita e margini, 19x i ricavi è un premio significativo rispetto ai fintech/bancari quotati. Quel premio sembra “pagare” tre cose: la crescita (clienti, ricavi), la redditività già visibile e l’opzione (in gergo, optionality) di diventare una banca a tutti gli effetti in UK di accelerare negli USA e in prospettiva di diventare l’unica vera banca globale.
75 miliardi sono troppi o no?
Dipende dall’orizzonte. Se guardiamo solo al 2024, Revolut ha numeri “da premio”: ricavi +72%, utile netto consistente, margini alti e base clienti in forte espansione. In più, la società ha messo mano alla credibilità contabile (nuovo auditor EY dal 2026 ) e vede all’orizzonte licenza UK piena e accelerazione negli USA. È comprensibile che il mercato privato riconosca un premio per questi risultati.
Detto questo, 19x i ricavi è un livello ambizioso: è come dire che gli investitori scontano già oggi (cioè incorporano nel prezzo) molta crescita futura e la capacità di reggere i margini anche con tassi più bassi e, magari, con le crypto meno brillanti. Se questi tasselli non vanno al loro posto, il rischio è una ricomposizione della valutazione su multipli più vicini ai pari quotati (Nubank è a ~6–7x). In sintesi: non è una follia, ma è un prezzo “da perfezione”—che Revolut dovrà continuare a meritare eseguendo bene su licenze, prodotti e mercati.
Perché la valutazione di Revolut è incerta?
Ricordiamolo: i 75 miliardi sono un prezzo di mercato privato (vendita secondaria). Nel pubblico, con una IPO, contano altri fattori: contesto di mercato, flottante, domanda degli investitori retail e istituzionali, vincoli regolatori.
Non a caso, mentre procede la vendita secondaria a 75 miliardi, diverse ricostruzioni di stampa parlano di una raccolta primaria (soldi in azienda) potenzialmente a valutazioni più basse (circa 65 miliardi): segnale che il prezzo può cambiare a seconda dello strumento e delle condizioni.
Non mancano poi rischi che possono comprimere la valutazione. Ce ne sono di diverso tipo:
* regolatorio: chiudere bene la mobilisation in UK e gestire i requisiti di capitale e di controllo tipici di una banca è cruciale. Se poi di dovesse aprire un fronte USA, l’eventuale acquisizione di una banca ridurre i tempi di ingresso sul mercato m aumenterebbe la complessità dell’integrazione e dei rapporti con i regolatori americani.
- Mix dei ricavi: la dipendenza (parziale) da interessi e crypto espone ai cicli dei tassi e dei mercati digital asset. Se questi due motori rallentano, il profilo di crescita/utile potrebbe ridimensionarsi.
- Concorrenza: il mercato USA è affollato e ben presidiato; anche in Europa gli incumbent stanno accelerando sul digitale.
(Nota di trasparenza. Questo articolo è stato sviluppato in collaborazione con l’intelligenza artificiale per ampliare le capacità dell’autore nel reperire fonti, analizzarle e organizzarle. L’AI ha affiancato, senza mai sostituirle, le scelte creative e argomentative, che restano pienamente umane).






