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La crisi di N26, una svolta per il fintech europeo: dalla crescita a ogni costo allo sviluppo vigilato 



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Il passo indietro del cofounder Valentin Stalf, 10 anni dopo la licenza bancaria, è il segno di un cambio d’epoca, dalla fase pionieristica a quella industriale, con la compliance diventata un fattore competitivo

Aggiornato il 28 ago 2025

Giorgio Del Re

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N26
Valentin Stalf, il CEO dimesso di N26, a sinistra, e (Max) Tayenthal, CEO in carica

E adesso che cosa succederà in N26 dopo il passo indietro del CEO e co-fondatore Valentin Stalf? Il futuro prossimo della challenger bank tedesca è importante perché quello che è accaduto in pieno agosto non è un incidente di percorso, è il segno di un cambio d’epoca per il fintech europeo, dalla fase pionieristica a quella industriale e regolata.

Per N26, fondata nel 2013 ma con licenza bancaria dal 2015, l’esito della partita dipenderà dalla credibilità del reset di governance e dalla capacità di rendere strutturale l’utile in un contesto di vigilanza più severa e margini d’interesse meno generosi.

Che cosa è successo in N26?

Il 19 agosto 2025 N26 ha annunciato che il co‑fondatore e CEO Valentin Stalf lascerà l’operatività per passare, dopo un periodo di transizione, al Consiglio di Sorveglianza. L’altro founder Maximilian (Max) Tayenthal rimane al vertice dell’azienda, mentre il presidente Marcus Mosen sarà co‑CEO ad interim e al suo posto arriverà da ottobre l’ex banchiere della Bundesbank Andreas Dombret, come presidente del Consiglio di sorveglianza.

L’uscita di Stalf arriva nel pieno di un braccio di ferro tra investitori e fondatori, acuitosi dopo nuove contestazioni del regolatore tedesco BaFin sulla gestione dei rischi: sul tavolo c’è stato anche lo scambio tra rinuncia a diritti di voto speciali da parte dei fondatori e riduzione dei rendimenti promessi agli investitori nel round 2021 (25% annuo). 

Dietro le quinte, secondo Financial Times e altre testate, gli azionisti stanno spingendo per un rinnovamento della leadership dopo i nuovi rilievi di BaFin.

Perché questa crisi non è un incidente di percorso

La frizione tra fondatori, investitori e vigilanza non nasce oggi. Già nell’agosto 2021 N26 era finita sotto inchiesta della BaFin per una presunta carenza sui controlli anticiclaggio e nel novembre dello stesso anno le era stato imposto un tetto alle nuove acquisizioni clienti (50.000/mese), con la nomina di un commissario ad hoc per carenze in AML, il monitoraggio su operazioni sospette appunto, IT e outsourcing.

Il limite è stato rimosso il 1° giugno 2024, ma pochi giorni prima N26 aveva ricevuto un’ulteriore sanzione da 9,2 milioni di euro per ritardi nella comunicazione di segnalazioni sospette. Nel luglio‑agosto 2025 il tema è tornato caldo con nuove minacce di sanzioni, innescando l’attuale ristrutturazione della governance, che ha portato alle dimissioni di Stalf.

Che cos’è BaFin

BaFin (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht) è l’Autorità federale di vigilanza finanziaria della Germania: un regolatore “integrato” che supervisiona banche e intermediari finanziari, assicurazioni e i mercati/securities. È un’istituzione federale indipendente con sede a Bonn e Francoforte, istituita nel 2002 (dal merge di tre autorità preesistenti) e, dal 2014, funge da autorità nazionale competente nel Meccanismo di Vigilanza Unico europeo

Lo stato di salute di N26

Dopo la rimozione del limite, N26 ha chiuso i conti in utile nel terzo trimestre 2024, con ricavi 2024 stimati attorno a 440 milioni di euro (+40% a/a) e depositi oltre i 10 miliardi. Nonostante ciò, il 2024 si è chiuso in lieve perdita (circa 20 milioni). Nel 2025, però, le nuove criticità regolatorie hanno riaperto il capitolo governance.

Sul piano di mercato, N26 ha ampliato l’offerta oltre il conto e la carta — savings/investimenti e brokerage — aderendo al pattern che vede le neobank spingere verso servizi a maggiore ARPU e ricavi ricorrenti da fee.

La mappa competitiva: l’onda lunga delle neobank

Il caso N26 si inserisce in un quadro europeo dove i campioni “digital‑only” hanno intrapreso strade diverse:

  • Monzo: secondo anno consecutivo in utile e ricavi oltre 1 miliardo nell’esercizio chiuso a marzo 2025; scala clienti e prepara un possibile percorso verso l’IPO.
  • Starling: quarto anno consecutivo in utile, ma con profitti 2025 in calo anche per oneri regolatori — segnale che la compliance resta un costo strutturale.
  • bunq: profittevole per il secondo anno e in espansione internazionale; la traiettoria è quella di una banca EU che diversifica e si prepara a mercati extra‑UE.
  • Revolut: resta in “mobilisation” sulla licenza bancaria piena nel Regno Unito, a conferma che il baricentro competitivo passa anche dalla capacità di navigare la regolazione.

In sintesi, l’era dell’hyper‑growth finanziata dai round è finita.

La stabilità economica oggi dipende da 1) compliance e controlli solidi, 2) margini da interesse (che possono comprimersi con tagli ai tassi) e 3) fee da servizi.

La svolta: dalla “crescita a ogni costo” allo sviluppo vigilato”

Al di là delle comunicazioni ufficiali, le dimissioni di Stalf sono l’esito di tre pressioni convergenti:

  1. Regolatoria: BaFin non ha mollato la presa dopo la rimozione del cap; possibili nuove misure hanno alzato il rischio operativo e reputazionale.
  2. Di governance: gli investitori hanno chiesto un riequilibrio dei poteri, fino a mettere in discussione i diritti speciali dei fondatori; l’uscita dal day‑to‑day è la condizione per un reset dei rapporti e per sbloccare la strategia di medio termine (inclusa la raccolta).
  3. Di execution: per N26, che nel 2024 ha avuto il suo primo trimestre in utile, la sfida è rendere la redditività strutturale mentre l’azienda rafforza risk, AML e IT controls. La leadership “founder‑led” lascia spazio a un profilo più “operator‑driven”

Che cosa significa la crisi di N26 per il fintech europeo

1) La compliance diventa un vantaggio competitivo
Dopo il caso Wirecard (2020),l’Europa ha alzato l’asticella: licenze, controlli e reporting non sono più “oneri” ma barriere all’ingresso e, per i player maturi, moat (fossati economici) difendibili. Il caso N26 ricorda che la crescita va “adattata alla vigilanza” e che il “tone from the top” in tema di rischio è criterio di valutazione degli investitori.

2) Dall’hyper‑growth alla sostenibilità del conto economico
I numeri di Monzo, Starling e bunq mostrano che l’utile è possibile per le neobank europee; ma la dipendenza dai margini di interesse espone al ciclo dei tassi. Chi diversifica in fee e servizi (brokerage, investimenti, prestiti selettivi) è meglio posizionato in caso di compressione dello spread.

3) Governance: il passaggio generazionale dai fondatori ai “professionisti della regolazione”
Nel nuovo ciclo, diritti di voto speciali e strutture “founder‑friendly” cedono il passo a board più indipendenti e a management con pedigree regolatorio. L’episodio N26 è un caso‑scuola di questa maturazione istituzionale.

Quali sono le prospettive per N26? Tre scenari

  1. Reset ordinato (probabilità medio‑alta): governance rafforzata (ingresso di profili di risk/compliance a livello esecutivo), piano di remediation concordato con BaFin e ritorno a crescita profittevole su saving, investimenti e lending leggero. È lo scenario “Starling‑like”, con utili più bassi ma più stabili.
  2. Transizione prolungata (probabilità media): incertezza su vertice e regole del gioco, fundraising difficile, crescita frenata e rischio di nuove misure correttive. È lo scenario che gli investitori vogliono evitare spingendo per una svolta rapida.
  3. Accordo strategico/partnership (probabilità bassa ma non zero): collaborazione con un istituto tradizionale per deriskare compliance e funding, mantenendo la customer experience di N26. Nel 2025 non ci sono segnali concreti in tal senso, ma la direzione di marcia del settore lo rende un’opzione da monitorare.)

Nei prossimi 6-12 saranno da tenere sotto osservazione:
– l’assetto definitivo del vertice (ruolo di Tayenthal e timing di eventuali ulteriori cambi) e il mandato operativo dell’eventuale co‑CEO ad interim
– la raccolta di capitali e possibili revisione dei patti del 2021 con gli investitori.
– la roadmap di remediation con BaFin e le milestone pubbliche.
– il mix ricavi: se i ricavi da interesse (oggi circa 50%) calano con i tassi, quanto peseranno fee e servizi?
– Crescita di clienti e depositi post‑cap, con attenzione al costo della compliance e alla qualità del portafoglio.

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