CULTURA DELL'INNOVAZIONE

Rilancio Italia, perché serve la semplificazione della digitalizzazione

L’innovazione è entrata nell’agenda politica post pandemia. Adesso bisogna passare dalle parole ai fatti, con semplicità. Perché le innovazioni più potenti sono semplici. E la digitalizzazione deve andare di pari passo con la semplificazione. Per creare valore basterebbe adottare i sistemi che usiamo tutti quotidianamente

Pubblicato il 24 Giu 2020

Photo by Michael Weidemann on Unsplash

L’innovazione è tra i sette pilastri individuati dal premier Giuseppe Conte nel piano di rilancio dell’Italia dopo la pandemia. Digitalizzazione è ormai diventata una buzzword nel linguaggio politico, di solito in combinazione con semplificazione. Sarebbe magnifico se questo binomio potesse reggere la prova dei fatti e facesse da guida nella definizione del nuovo Decreto Rilancio Italia su cui è impegnato il Governo. Perché le innovazioni più potenti ed efficaci sono quelle semplici (o rese semplici).

Rilancio Italia, semplificazione e digitalizzazione

Dal cosiddetto piano Colao fino alla bozza di programma “Progettare il rilancio”, passando dagli Stati Generali, l’innovazione torna come ingrediente necessario per la ripartenza del Paese (qui puoi leggere l’analisi di Carlo Mochi Sismondi, presidente di FPA). Un segnale positivo, indubbiamente, anche se tra il dire e il fare ci sono di mezzo i rivoli tortuosi delle spartizioni, delle attuazioni e delle burocrazie. Vedremo nelle proissime settimane l’evoluzione del Decreto Rilancio Italia. Complicare le semplificazioni è un esercizio in cui nel recente passato governi e pubbliche amministrazioni si sono fatti notare.

Per questo adesso, che è un momento straordinario nella storia del mondo e dell’Italia, non possiamo permetterci di ricadere negli stessi errori e dobbiamo credere nella possibilità di semplificare anche l’innovazione.

Sappiamo già che non basta mettere una pratica online per cambiare la Pubblica Amministrazione, così come non basta in un’azienda attivare l’ecommerce per dire di aver cominciato la trasformazione digitale. Serve una visione, un progetto, un piano, le risorse, gli obiettivi. Ma soprattutto serve comprendere le logiche del digitale che per la sua stessa natura portano verso la semplificazione e, purtroppo, l’accentramento. La recente corsa alle app (nazionali, regionali, dei ministeri, dell’Agenzia delle Entrate e del Poligrafico dello Stato in una confusione di identità, servizi e responsabilità) dicono che questa comprensione non c’è ancora. Non bisogna stupirsene visto che manca anche in molte aziende, che si dibattono fra canali, aree di business, tecnologie. Dimenticando che il cliente è uno. Come il cittadino.

Che cosa significa semplificare l’innovazione? Per esempio, adottare a livello di sistemi (pubbliche amministrazioni o aziende) quanto già usiamo tutti (o più omeno tuti) ogni giorno. “C’è un blocco mentale che spinge a pensare che quello che usiamo quotidianamente nel business non funziona o è complicato da usare”, dice Piergiorgio Grossi, Chief Innovation Officer di Credem in questo incontro che abbiamo fatto per parlare di banche e digitale dopo la pandemia.

Video – Grossi (Credem): portiamo nel business i sistemi che usiamo tutti i giorni

Le banche, la relazione con i clienti, il digitale

Le banche, la relazione con i clienti, il digitale

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La prima semplificazione possibile è adottare…la semplicità che già esiste. Innovare non significa necessariamente cercare cose complicate da capire e da spiegare ma offrire un servizio migliore, efficace ed efficiente grazie all’impiego di tecnologie digitali. Si fa e poi, eventualmente, si racconta ma se c’è bisogno di spiegare troppo vuol dire che qualcosa non torna, soprattutto quando ci si muove nel mercato dei servizi pubblici che per definizione devono essere alla portata di tutti.

Ho voluto incontrare Grossi perché Credem è stata l’unica banca citata da Sundai Pichar, il numero uno di Alphabet e quindi di Google, come esempio di digitalizzazione, insieme ad aziende come Twitter e Shopify. Che cos’ha fatto di tanto speciale Credem? Nulla, se non utilizzare durante il lockdown, all’interno della banca e nella relazione con i clienti, la piattaforma Google Meet. Certo, un buon cliente di Google ma quel che conta è che anche una scelta apparentemente così semplice non può essere data per scontata. Tutti usiamo ormai lo smartphone per “incontrarci” con amici e parenti. Ma quante aziende lo fanno per parlare con i propri clienti? Perché si pensa che sia complicato quando poi ogni nonno sa bene come attivare il canale digitale per vedere il nipotino? È questo quel che ci suggerisce Grossi, sottolineando però che non basta adottare uno strumento se non c’è una preparazione organizzativa, competenze e strumenti diffusi. Quando tutto si allinea, ecco che l’innovazione appare semplice. “Chi si occupa di queste cose la chiama coerenza retrospettiva”.

La semplificazione che produce valore

“Ho dovuto solo cercare le risposte su Google”. Disarmante e illuminante Avi Schiffman, 17 anni, quando spiega come ha fatto a creare un sito da 1 miliardo di visualizzazioni, probabilmente il più letto al mondo sulla pandemia da coronavirus: nCoV2019.live.

In questa videointervista al Festival del Futuro lo studente americano spiega come è nata l’idea all’inizio dell’anno, quando voleva capire di più sulla diffusione del Covid-19,  e come l’ha sviluppata in maniera semplice, cercando le informazioni on line.

Avi Schiffmann: «Così ho creato il sito sul Covid-19 più letto al mondo. Ora mappo le proteste Usa»

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Il mondo digitale è enorme, tortuoso e complicato ance se apparentemente accessibile attraverso quella enorme porta di ingresso che si chiama Google. Ecco che interviene qui la tecnologia, il software, l’intelligenza artificiale per offrire una lettura semplice di una situazione complessa. E per creare valore: innanzitutto le visualizzazioni e poi le offerte di pubblicità e di acquisto di cui parla Avi (non verificabili, certo, ma finora mai smentite).

Sarebbe un grande risultato della pandemia e della nuova consapevolezza se digitalizzazione e semplificazione creassero valore per le pubbliche amministrazioni, le aziende, i clienti e i cittadini,. Perché è qui che sta la quadratura del cerchio: usare le tecnologie per restituire vantaggi a tutti. Il massimo della sempliicità.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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