iPhone 6… ed Apple diventò una compagnia del lusso

I nuovi smartphone hanno caratteristiche comparabili con quelle di modelli Android che costano la metà e non sono tecnologicamente all’avanguardia. Ma fanno status. La strategia però potrebbe rivelarsi pericolosa: nella tecnologia contano le quote di mercato. E soprattutto l’innovazione

Pubblicato il 12 Set 2014

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Il nuovo iPhone 6

L’elemento più interessante dell’annuncio Apple dello scorso anno è stato, a mio modo di vedere, l’introduzione dell’iPhone 5c. Il 9 settembre 2014 ne è stata decretata la morte. Intendiamoci, è ancora in vendita, con l’inusabile modello a 8Gb, ma la quota di mercato che ha guadagnato in questo anno di vita, meno di un quarto se si considera l’accoppiata con il 5s, non è stata considerata soddisfacente. Soprattutto il 5c non è stato in grado di arginare l’avanzata inesorabile di Android, che rappresenta ormai l’80% del mercato. Troppo bassa la differenza di prezzo con il 5s per farlo diventare un favorito dei giovani (o meglio, di chi lo regala ai giovani) e soprattutto troppo alta la differenza con i modelli Android entry level.

Apple, introducendo l’iPhone 6 e il 6 Plus ha quindi dichiarato al mondo che è sempre più una società del comparto del lusso, come peraltro l’assunzione di Angela Ahrendts da Burberry aveva già fatto capire. I modelli appena introdotti hanno caratteristiche tecniche comparabili con quelle di modelli Android che costano quasi la metà (impietoso il confronto tra iPhone 6 e Nexus 5, per esempio) e sono indietro rispetto alle specifiche dei top della gamma Android. Ma questo, per un’azienda del lusso non è ovviamente rilevante: l’importante è mantenere l’allure in modo che mostrare in pubblico un iPhone sia più prestigioso che estrarre dalla borsetta un Android. E’ una strategia che ha funzionato per secoli e probabilmente funzionerà per sempre, ma che non ha funzionato nel passato per Apple, ai tempi della guerra con Windows, alla fine del secolo scorso. Anche in quel caso Apple, che aveva creato il PC con interfaccia grafica, si trovò a perdere progressivamente quote di mercato fino a essere relegata a meno del 5%, proprio a causa del fatto che i concorrenti costavano molto meno e avevano caratteristiche superiori.

La lezione che non è stata imparata dai vertici Apple attuali, è che nel settore tecnologico la quota di mercato conta, anche se ti rifugi nel settore del lusso. Conta perché chi sviluppa software e hardware cerca di farlo per il mercato più redditizio e l’ecosistema Apple è destinato a diventare sempre meno rilevante. Fino a oggi le startup di tutto il mondo hanno seguito la logica “iOS first”, ma è ovvio che presto tutti si orienteranno su “Android first”. L’altra lezione che Apple si è dimenticata, è che l’innovazione tecnologica è condizione indispensabile per tenere viva l’allure: per quanto tempo i propri affezionati clienti saranno disposti a farsi ridicolizzare dai possessori di un Galaxy S5 che ha una fotocamera con una risoluzione doppia? Un capo di Loro Piana o una borsa di Luis Vuitton sono fatti con materiali esclusivi, non inferiori rispetto agli avversari: solo per questo riescono a far sognare i propri possessori.

L’azione Apple è al massimo storico. Se dovessi valutare l’azienda per il solo annuncio degli iPhone, consiglierei di vendere subito.

L’altro annuncio importante è ovviamente quello dell’Apple Watch. Sui social network ha fatto furore e molti hanno predetto per la Svizzera la fine che ha fatto la Finlandia con Nokia: Apple ridefinisce cosa è un orologio e Swatch muore. Ma l’industria dell’orologeria aveva già il proprio killer: è lo smartphone. I giovani non usano più orologi da polso e anche molti “anziani” cominciano a farne a meno. Non è solo il fatto che qualunque Smartphone mostri sulla schermata di avvio l’ora, ma è proprio la necessità di guardare un orologio che è venuta meno. In passato per arrivare in tempo a un appuntamento bisognava guardare l’orologio ripetutamente per non perdere l’attimo, ora ci arriva una notifica dalla smartphone che ci segnala che è ora di metterci in moto.

L’altro aspetto è che il polso è già occupato, per chi se lo può permettere, da un oggetto di pregio: per quanto Apple si sforzi, nessun possessore di Rolex o, peggio, Audemars Piguet, lo relegherà in un cassetto per sfoggiare uno sfolgorante nuovo Apple Watch da $300. Quindi la domanda è: esiste un mercato per un oggetto wearable che replica parte delle funzioni di un telefono, ha dei sensori e soprattutto occupa il polso? Difficile rispondere, così come è difficile dire se i Google Glass avranno successo. La gente preferirà un unico oggetto che raccoglie più funzioni oppure comprerà oggetti specifici meno costosi come il Nike Fuel?

Personalmente trovo faticoso “indossare” un altro strumento la cui batteria vada ricaricata, ma quasi sicuramente, nell’immediato, i Pebble e i gli altri smart watch saranno oscurati, sebbene l’Apple Watch arriverà dopo Natale e funzionerà solo con gli iPhone 5 o superiori. Anche il primo iPod funzionava solo in combinata con un Mac: sebbene sia una limitazione, ci vuole ancora molto tempo per capire se questo segmento di mercato esista realmente e quanto sia grande.

Se dovessi valutare l’azienda per il solo annuncio dell’Apple Watch, non saprei cosa consigliare.

L’ultimo annuncio importante è quello di Pay, in unione finalmente alla disponibilità di NFC. Molti ci hanno visto una svolta epocale, ma in realtà i pagamenti NFC già esistono, in Italia in modo molto limitato, e quindi Apple arriva, a mio modo di vedere, semplicemente in ritardo. Sono anche certo che nessuno comprerà un iPhone 6 perché gli consente di pagare da Disney o Starbucks, mentre è sicuramente vero che si innescherà a breve un circolo virtuoso che impatterà pesantemente sui retailer. Un po’ tutti stavano infatti aspettando che anche Apple abbondonasse i suoi sogni isolazionisti e si convertisse all’NFC: ora i negozianti dovranno predisporsi per accettare pagamenti dagli smartphones.

Probabilmente l’introduzione di Pay spegne i sogni di gloria dei vari sistemi di pagamento mobile che pensavano di fare le scarpe ai circuiti di carte di credito, mentre lascia ancora aperta la strada a chi “possiede” realmente i soldi dei consumatori: le banche. Certo, se Apple e Google si comprano una banca, e la liquidità per farlo ce l’hanno, allora potremmo assistere alla fine delle banche così come le conosciamo oggi. Consiglierei loro di smaterializzarsi il più possibile e blindare rapidamente i propri clienti con un sistema di payment snello ed efficace tanto quanto Pay.
Un elemento critico per il successo di Pay, e di tutti i sistemi di pagamento mobile in generale, è legato alla sicurezza che sia più difficile rubare dei soldi da un telefono che non da un portafogli. Il recente furto delle immagini di VIP, non lascia presagire nulla di buono, se non altro in termini di percezione da parte dell’utenza. Google, tutto sommato, essendo un’azienda cloud a tutto tondo, garantisce meglio gli utenti di quanto non faccia Apple, che rimane una azienda di hardware “convertita” al cloud per necessità.

Considerando il combinato degli annunci Apple consiglierei, a chi le possiede, di vendere le azioni e di investire in aziende attive nell’NFC: il settore finalmente esploderà.

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