SOLUZIONI & APPLICAZIONI

Aziende, chi vuole innovare adotti un difensore dei diritti dei clienti

Servizi come Deliveroo, AirBnB o MyTaxi funzionano perché sfruttano la digitalizzazione dei processi e delle esperienze per produrre un chiaro valore per il cliente. Invece alcune grandi imprese sembrano non avere vero interesse per il cliente. Per questo i team aziendali dovrebbero essere affiancati da un ombudsman

Pubblicato il 04 Lug 2017

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Perché servizi come Deliveroo, AirBnB o MyTaxi funzionano anche se non fanno assolutamente nulla di radicalmente nuovo? Perché offrono un’esperienza migliore delle alternative sul mercato ad un prezzo paragonabile. Ordinare con Deliveroo non costa di meno, ma è più semplice e il servizio è stato progettato per fare in modo che il cibo arrivi a casa in tempi certi e in ottime condizioni. Trovare un alloggio con AirBnB è facilissimo, le informazioni sono presentate in modo chiaro e accattivante, il sistema è progettato per costruire fiducia tra padrone di casa e ospite. MyTaxi garantisce vetture di buona qualità (cosa che le altre compagnie non sempre fanno), tassisti cortesi, la possibilità di pagare con carta di credito e di avere una ricevuta elettronica.

Si tratta di tre servizi che non hanno alcun sostanziale vantaggio tecnologico sui moltissimi competitor. Eppure, sono considerati, a ragione, innovativi perché sfruttano la digitalizzazione dei processi e delle esperienze per produrre un chiaro valore per il cliente: gli fanno risparmiare tempo, gli danno il controllo della situazione, eliminano le alee (cibo di cattiva qualità trasportato male, una sistemazione poco confortevole, un taxi sporco e un tassista maleducato).

Semplice, vero? In realtà non lo è affatto. Semplificare è una delle cose più difficili del mondo e richiede un autentico interesse per il cliente. Molte grandi aziende questo intesse non ce l’hanno. I dipendenti di queste organizzazioni sono impegnati in altro: devono fare riunioni, report, gestire la politica aziendale, tenersi buono il capo, inviare centinaia di email ogni giorno. Come fanno a trovare il tempo per occuparsi dei clienti, per preoccuparsi della loro soddisfazione? Non possono.

Una piccola esperienza personale

Nelle ultime settimane, ho avuto una piccola disavventura che illustra perfettamente il mio punto di vista. Avevo bisogno di stipulare un nuovo contratto per la fornitura del gas e ho deciso di rivolgermi a Eni. Una scelta quasi casuale: ho fatto un rapido giro sui siti di comparazione di prezzi, ho visitato i siti delle aziende e sono giunto alla conclusione che uno valeva l’altro. Tariffe allineate e stesse condizioni contrattuali incomprensibili: ho valutato che il peggio che mi potesse capitare sbagliando fornitore era di spendere qualche decina di euro in più l’anno. E già questo la dice lunga sulla capacità di un operatore di differenziarsi rispetto all’altro.

Ho chiamato il numero verde e avviato la pratica. Nel giro di un paio di giorni un addetto è venuto a cambiare il contatore e ne ha istallato uno elettronico. Ottimo, pensavo di dover aspettare di più e invece è andata liscia come l’olio. Nel frattempo, il customer care mi ha mandato via email un pdf pre-compilato. E qui è iniziato il disastro. Infatti, nel pdf c’era scritto che i moduli andavano inseriti nella busta pre-affrancata, che ovviamente non c’era. E non era neanche chiaro l’indirizzo a cui spedire la busta. Ho chiamato nuovamente il customer care e ho chiesto se potevo completare la procedura online oppure con un adesione per telefono. Purtroppo no, cortesemente mi hanno ribadito che era necessario stampare tutto oppure usare una PEC (altra grande invenzione italiana, ma di questo parlerò in un altro momento).

Se, recentemente, avete provato a spedire un missiva cartacea sapete che, di fatto, l’unico modo di farlo è recarsi in un ufficio postale perché nessuno vende più francobolli. In conclusione, per fare un contratto che ha un canone di 6 euro al mese più consumi irrisori (il gas mi serve solo per l’acqua calda), ho dovuto chiamare due volte il customer care, stampare dei fogli, metterli in una busta e andare in ufficio postale, dove ho aspettato ben 45 minuti per completare l’operazione. Evidentemente, nessuno in Eni ha pensato a quanto sia fastidiosa la procedura per diventare nuovo cliente.

L’ombudsman dei clienti

C’è altro da dire? Occorre davvero fare grandi ragionamenti sull’innovazione e proclami su quanto sia importante il cliente? Magari potremmo organizzare un hackathon. O chiamare a raccolta gli innovatori nello spazio che Eni ha affittato al Talent Garden di Milano per contaminarsi con nuove idee? Oppure, molto più modestamente, qualcuno potrebbe sforzarsi di progettare un processo senza errori marchiani (come mandare un pdf senza le necessarie indicazioni) e facendo dei test per assicurarsi che non sia un percorso a ostacoli per il cliente. È quello che fanno le aziende che vengono continuamente citate come esempi di innovazione da seguire. Nessun miracolo, ma buon senso e una cultura aziendale autenticamente interessata alla soddisfazione del cliente.

Concludo con un’idea. I team che si occupano di creare i processi che coinvolgono i clienti dovrebbero essere affiancati da un ombudsman, un vero e proprio difensore degli interessi del cliente. Qualcuno che sia esterno al team di progettazione e il cui compito sia di mettere in discussione il processo con l’obiettivo di proteggere il cliente dagli abusi burocratici dell’azienda. Qualcuno che, per missione, non abbia bisogno di “attaccare il ciuccio dove vuole il padrone”. Sarebbe un esperimento interessante.

Post scriptum. Non ce l’ho con Eni. Anzi sono cliente affezionatissimo di Enjoy, un servizio che è migliorato moltissimo nel corso del tempo. Probabilmente quell’esperienza positiva ha fatto emergere il brand di Eni rispetto ai competitor quando si è trattato di scegliere un fornitore per il gas.

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