mobilità innovativa

Waymo porta i robotaxi sulle autostrade: cosa significa per l’evoluzione della guida autonoma



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Waymo ha ottenuto il via libera per estendere i robotaxi in tutta la California e portarli in autostrada. Ora si gioca il vero test su modello di business, regole e accettazione sociale della guida autonoma

Pubblicato il 3 dic 2025



Waymo
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Negli ultimi giorni Waymo ha compiuto il salto: da sperimentazione “a macchia di leopardo” a rete robotaxi estesa su gran parte della California, con autorizzazione a operare in pieno driverless in Bay Area e Southern California e a usare le freeway che collegano città e sobborghi.

Il via libera del DMV e degli altri regolatori consente ora all’azienda di Alphabet di offrire corse senza conducente non solo nelle aree urbane di San Francisco, Los Angeles e Phoenix, ma anche sui tratti autostradali che le mettono in continuità, riducendo i tempi di viaggio fino al 50% secondo l’azienda.

È la prosecuzione di un percorso: dall’arrivo a Los Angeles, all’integrazione con Uber, all’elettrificazione della flotta e alla scelta di concentrare gli investimenti sui robotaxi abbandonando (per ora) il trasporto pesante.

Waymo: la fase due dei robotaxi

La “fase due” di Waymo non è quindi solo geografica: è il passaggio dall’esperimento tecnologico a un servizio di mobilità con ambizione di scala metropolitana.

File Jaguar I-Pace in San Francisco 2023 dllu.jpg - Wikimedia Commons

Sul piano industriale, le mosse delle ultime settimane confermano una strategia che le analisi internazionali definiscono sempre più chiaramente: Waymo non vuole essere un’altra Uber, ma la piattaforma di riferimento della mobilità autonoma, con un modello misto tra servizio diretto e accordi white label. Nel portafoglio ci sono partnership con Uber, Lyft e operatori come Via e Chandler Flex, che servono a esplorare casi d’uso diversi (dai robotaxi urbani al trasporto a chiamata per i quartieri periferici) scaricando su terzi parte dei costi operativi e di flotta.

La strategia ad alto “burn rate”

Già dal 2023 Waymo aveva imboccato con decisione la strada del focus su robotaxi elettrici, con una flotta Jaguar I-PACE e Chrysler Pacifica e un obiettivo esplicito: aumentare densità di corse e tasso di utilizzo dei veicoli prima di inseguire l’utile.) È una strategia ad altissimo burn rate, sostenibile solo perché alle spalle c’è Alphabet, ma è anche l’unico modo per accumulare dati, esperienza e massa critica prima che la concorrenza (Tesla FSD, Zoox, i gruppi cinesi) chiuda il gap.

La guida autonoma come tema “politico”

Il rovescio della medaglia è che la corsa alla guida autonoma sta esasperando i conflitti locali. Le proteste dei sindacati e dei residenti a San Francisco, l’incendio di un veicolo Waymo e gli incidenti che hanno coinvolto ciclisti e animali hanno reso la guida autonoma un tema politico, non solo tecnologico.

Il recente caso del robotaxi che ha investito e ucciso un gatto, seguito da un altro episodio con un cane, alimenta l’argomento dei critici: chi è responsabile quando non c’è un conducente umano? Questi eventi arrivano mentre la California rivede il quadro regolatorio dei veicoli autonomi, aprendo alla possibilità di maggiore controllo locale sulle autorizzazioni e chiedendo più trasparenza sui dati di sicurezza.

In questo senso, l’autorizzazione all’espansione non è un assegno in bianco: è un test pubblico sulla capacità di Waymo di dimostrare che, statistica alla mano, i suoi veicoli sono davvero più sicuri dei tassisti in carne e ossa.

Waymo: cosa significa la fase due per chi si occupa di mobilità innovativa

Per chi in Italia e in Europa si occupa di mobilità innovativa, la “fase due” di Waymo è soprattutto un segnale strategico: la tecnologia di livello 4 è abbastanza matura per servizi commerciali in aree limitate, ma il modello di business e quello regolatorio non sono ancora stabilizzati. L’esperienza californiana mostra che la strada più credibile non è la sostituzione secca del trasporto pubblico o dei taxi, ma l’integrazione con reti esistenti (MaaS, last mile, collegamenti aeroportuali) attraverso partnership e sperimentazioni su scala cittadina.

Per i policy maker europei, che si muovono con maggiore prudenza, Waymo offre una “preview” di problemi che arriveranno anche qui: gestione dei dati di bordo, convivenza con i lavoratori del TPL, responsabilità in caso di incidenti, ruolo delle città nella governance. Per gli innovation manager, infine, è un promemoria netto: l’auto autonoma non è più un futuribile da slide, ma un’infrastruttura digitale in costruzione, e chi opera in automotive, logistica o servizi di mobilità deve decidere se limitarsi a osservare il caso Waymo o iniziare a progettare, da subito, i propri servizi intorno a questo nuovo layer di trasporto.

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