L’industria automobilistica sta vivendo una fase di trasformazione senza precedenti. Se il motore a combustione aveva rappresentato la grande svolta del Novecento, oggi è il software a guidare l’innovazione, rendendo l’automobile sempre più simile a un dispositivo digitale connesso. Nel podcast CC-Podcast.Telco di Carrier Community, Uzain Jabbar, Specialist Software Engineer in T-Systems, ha descritto con chiarezza questo cambiamento: «La macchina diventa come uno smartphone su ruote». È il paradigma del Software Defined Vehicle, concetto che non riguarda solo la tecnologia ma ridefinisce l’intero modello di business dell’automotive.
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Dal ferro al codice: la centralità del software
Il passaggio da un approccio hardware-centrico a uno software-centrico è, secondo Jabbar, inevitabile. «Il software è malleabile, flessibile, modulare. L’hardware ha limiti intrinseci, mentre il software permette di evolvere costantemente, aggiungere funzioni, correggere errori».
Questa differenza segna una discontinuità netta rispetto al passato. Se un componente meccanico ha un ciclo di vita definito, il software consente aggiornamenti continui, miglioramenti funzionali e nuove applicazioni anche dopo l’acquisto del veicolo.
Per i costruttori si tratta di un cambio di paradigma: l’auto non è più un bene statico ma una piattaforma dinamica, in grado di evolvere nel tempo. Per l’utente, significa guidare un mezzo che può migliorare progressivamente, come accade con uno smartphone che riceve aggiornamenti periodici.
Gli aggiornamenti Over The Air come leva di trasformazione
La manifestazione più concreta di questa logica è rappresentata dagli aggiornamenti Over The Air (OTA). In passato, l’aggiornamento del software di bordo richiedeva di portare l’auto in concessionaria, collegarla a un adattatore e affidarsi a un tecnico. Con i nuovi veicoli, invece, è possibile ricevere e installare gli update da casa, scaricandoli via rete cellulare o Wi-Fi.
Jabbar sottolinea che questo passaggio rende la manutenzione «più economica e più comoda per l’utente», riducendo tempi e costi. Ma la questione non è solo tecnica: la logica OTA ridefinisce anche il rapporto economico tra OEM e consumatori.
Il modello a sottoscrizione
La fornitura di aggiornamenti ha infatti un costo nascosto: dietro il software ci sono grandi team di ricerca e sviluppo, che devono essere sostenuti economicamente. «Molte aziende offrono servizi senza costi aggiuntivi per i primi anni, ma prevedono poi abbonamenti mensili o pacchetti premium per funzionalità avanzate» osserva Jabbar.
Questa dinamica introduce un modello a sottoscrizione, simile a quello già consolidato nell’elettronica di consumo e nei servizi digitali. Per il consumatore, l’acquisto dell’auto potrebbe diventare solo l’inizio di una relazione economica prolungata, con spese aggiuntive legate a funzioni software e servizi connessi.
Il Software Defined Vehicle apre così la strada a un nuovo equilibrio tra valore tangibile e valore digitale. Se in passato il prezzo dell’auto comprendeva quasi esclusivamente la componente fisica, oggi il valore percepito si estende a elementi intangibili come la connettività, la sicurezza e i servizi digitali.
Architetture aperte e interoperabilità
L’evoluzione del Software Defined Vehicle non riguarda solo le modalità di distribuzione degli aggiornamenti, ma anche la struttura stessa del software. Jabbar evidenzia il passaggio da sistemi chiusi a architetture open source, sviluppate in collaborazione da consorzi e fondazioni. Cita l’Eclipse Foundation, dove OEM e aziende tecnologiche lavorano insieme a pacchetti condivisi.
«Con architetture aperte diventa possibile ridurre la necessità di sistemi dedicati per ogni singolo OEM e favorire la compatibilità tra piattaforme» afferma. Standard comuni possono facilitare l’integrazione, semplificare la produzione e ridurre i costi.
Questa convergenza si fa cruciale nel momento in cui si parla di Vehicle-to-Everything (V2X), cioè della capacità dei veicoli di comunicare tra loro e con le infrastrutture. Perché questa visione diventi realtà, serve che i protocolli siano uniformi, così che le auto di diversi costruttori possano scambiarsi dati in tempo reale.
Il ruolo delle telecomunicazioni e la sfida del 5G
La trasformazione descritta da Jabbar non può essere separata dal mondo delle telecomunicazioni. La bassa latenza e l’affidabilità del 5G sono considerate indispensabili per abilitare scenari come la guida autonoma, la manutenzione predittiva e la comunicazione veicolo-veicolo per la prevenzione degli incidenti.
Eric, conduttore del podcast, sottolinea però un divario geografico: paesi come Corea del Sud e Giappone sono già avanti nella sperimentazione e nello sviluppo del 6G, mentre l’Europa accumula ritardi. «In Germania, ottenere un permesso per una nuova torre può richiedere anni» nota Jabbar, indicando nella burocrazia uno dei principali ostacoli.
Questo gap infrastrutturale rischia di rallentare l’intero ecosistema. Se il software è già pronto, è la connettività a rappresentare il vero collo di bottiglia, rendendo evidente la dipendenza del settore automotive dalle telco.
L’auto come piattaforma di servizi
L’immagine che emerge dall’intervista è quella di un veicolo che non si limita a trasportare persone, ma che diventa un hub tecnologico connesso, capace di ospitare funzioni nuove e di trasformarsi nel tempo. Il Software Defined Vehicle è una piattaforma in costante evoluzione, alimentata dal flusso di dati e dalla connettività di nuova generazione.
Per i costruttori significa prolungare la relazione con il cliente, offrendo servizi lungo tutto il ciclo di vita dell’auto. Per i consumatori, vuol dire possedere un bene che può migliorare con il tempo, ma anche accettare un rapporto di dipendenza economica e tecnologica più lungo e complesso.
Jabbar lo riassume con uno sguardo al futuro: «Questa rivoluzione cambierà il modo in cui i proprietari vivono la loro auto e il valore che possono trarne».






