Leonardo è “affamata di startup, come un lupo”. Lo ha detto Simone Ungaro, dal marzo 2025 Co-General Manager dopo essere stato per due anni Chief Innovation Officer, in un’intervista a Sifted. È il segnale del cambio di postura di una delle principali aziende europee della difesa, che negli ultimi mesi ha accelerato sulla ricerca di partner tecnologici, scaleup e startup da acquisire o con cui stringere alleanze strategiche.
Un percorso che si inserisce nel più ampio fenomeno del defence tech, tendenza che EconomyUp ha seguito raccontando la crescita di startup che utilizzano tecnologie dual-use, civile e militare, l’ingresso massiccio di capitali privati nel settore e la progressiva trasformazione della guerra in un dominio sempre più digitale, autonomo e data-driven.
Per Leonardo, leader europeo dell’aerospazio e della difesa, la sfida oggi è chiara: accelerare l’innovazione. E farlo abbracciando modelli che, fino a pochi anni fa, sembravano lontanissimi dalle logiche dell’industria militare tradizionale.
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Perché Leonardo cerca startup: innovare non è più un’opzione
La guerra in Ucraina, i conflitti in Medio Oriente, la diffusione di droni a basso costo, l’uso massiccio dell’intelligenza artificiale per analisi, targeting e sorveglianza stanno riscrivendo le regole della difesa globale. In questo contesto, l’agilità diventa un fattore competitivo critico. E Leonardo, come altri grandi player europei, è consapevole che i cicli di sviluppo tradizionali non sono più compatibili con la velocità delle tecnologie emergenti.
Simone Ungaro, che è arrivato in Leonardo due anni fa dopo un’importante esperienza all’Istituto Italiano di tecnologia di Genova anche come founder di startup (qui la storia di Movendo Technologies, finanziata da Sergio Dompé), lo dice chiaramente: serve aprire le porte a startup e scaleup, integrarle, acquisirle quando serve, e soprattutto creare un modello operativo più vicino a quello delle aziende americane più innovative. E dice anche quali sono le realtà a cui sta guardando, almeno per una partnership, due campioni della nuova ondata di Defence tech: Helsing e Anduril.
Poi ci saranno anche acquisizioni di startup più accessibili.
Il messaggio di Simone Ungaro è semplice: la difesa non è più solo hardware, piattaforme, velivoli. È, sempre più, software, dati e intelligenza artificiale.
Il caso Helsing: l’AI europea che attrae miliardi
Tra le realtà osservate da Leonardo, e citate da Simone Ungaro, c’è Helsing, scaleup tedesca fondata nel 2021 a Monaco, che in quattro anni è diventata un “pluricorno” capace di raccogliere complessivamente oltre 1,3 miliardi di euro. L’ultimo round — 600 milioni di euro, guidato dal fondo Prima Materia di Daniel Ek (fondatore di Spotify e chairman di Helsing) — ha confermato il ruolo sempre più centrale di questa startup nel panorama europeo della difesa, portando la valutazione dell’azienda a 12 miliardi di euro.
Helsing sviluppa una piattaforma software che elabora enormi quantità di dati provenienti da sensori militari, radar e sistemi d’arma. L’obiettivo dichiarato è creare visualizzazioni intuitive e in tempo reale di ciò che accade sul campo di battaglia. Come ha spiegato TechCrunch, la promessa è radicale: invece di decisioni basate su telefonate concitate o mappe disegnate a mano, tutti visualizzano le stesse informazioni, che si trovino in prima linea o in un centro di comando a chilometri di distanza.
È una visione che rispecchia ciò che emerge dall’analisi del settore: l’AI militare si sta spostando dal supporto alla sostituzione di alcune funzioni critiche, soprattutto nella situational awareness e nel decision making rapido. Una trasformazione che richiede capacità di integrazione, interdisciplinarità e soprattutto una cultura aziendale diversa.
Per Leonardo, avvicinarsi a Helsing significa guardare a un modello software-first che in Europa non ha precedenti.
Il benchmark americano: Anduril, la startup da 30 miliardi
Se Helsing rappresenta la punta di diamante europea, Anduril Industries è il riferimento globale. Fondata nel 2017 da Palmer Luckey, già creatore di Oculus, Anduril ha rivoluzionato l’approccio alla difesa negli Stati Uniti. Nel 2025 ha raggiunto una valutazione di 30,5 miliardi di dollari, con ricavi nel 2024 che hanno raggiunto 1 miliardo di dollari, più che raddoppiati rispetto all’anno precedente.
La sua forza sta nell’aver creato un modello ibrido in cui software, hardware e sistemi autonomi vengono sviluppati con una velocità molto superiore ai contractor tradizionali. Con un vantaggio: l’azienda è finanziata quasi totalmente da capitali privati, e questo le consente una libertà operativa molto più ampia.
La startup ha inaugurato una nuova fabbrica in Ohio dedicata alla produzione di droni e sistemi autonomi, un settore che si è affermato come uno dei più promettenti anche in chiave dual-use. Qui la tecnologia militare si intreccia con applicazioni civili: controllo del territorio, sicurezza infrastrutturale, interventi in scenari complessi.
Per Leonardo, guardare ad Anduril significa misurarsi con un modello che sta reinventando la supply chain della difesa americana. E alzare l’asticella: se si vuole restare competitivi nel nuovo scenario, serve adottare logiche di sviluppo più rapide, prototipazione continua, cooperazione stretta con venture capital e startup.
Il nuovo ecosistema defence tech europeo
Il percorso di Leonardo si inserisce in un trend più ampio. L’Europa, spinta dalla pressione geopolitica e dai limiti evidenziati dalla guerra in Ucraina, ha iniziato a investire pesantemente nella trasformazione del settore difesa.
L’analisi del mercato mostra come:
- stiano aumentando gli investimenti sulle tecnologie peer la difesa (+ 55% nel 2025 rispetto all’anno precedente, secondo il report di Atomico)
- si siano moltiplicati i fondi privati che puntano sulla tecnologia dual-use (il 36% dei fondi di venture capital è andato a società deep tech nel 2025, sempre secondo Atomico)
- startup e scaleup stiano crescendo soprattutto su AI, cyber defence, geointelligence, sensoristica avanzata.
Tuttavia, l’Europa resta ancora frammentata. Manca un Anduril europeo. Manca un ecosistema che consenta alle startup di crescere senza dover necessariamente guardare al mercato americano. E qui player come Leonardo giocano un ruolo decisivo: possono diventare abilitatori di un mercato continentale, investendo, inglobando, collaborando.
Che cosa cerca Leonardo
Dalle dichiarazioni e dalle mosse degli ultimi mesi emergono quattro aree chiave in cui Leonardo vuole accelerare tramite acquisizioni o partnership con startup:
1. Artificial Intelligence per il battlefield management
Helsing è il simbolo di questa categoria. L’obiettivo è dotare piattaforme, droni, velivoli e sistemi navali di capacità avanzate di analisi dati in tempo reale.
2. Autonomous systems
Droni, UAV, UGV, sistemi di sorveglianza autonomi. È il settore in cui Anduril ha costruito il suo impero. Anche Leonardo sta investendo internamente, ma integrare startup specializzate potrebbe dare una forte accelerazione.
3. Sensor fusion e tecnologie dual-use
In questo campo rientrano startup che lavorano su radar avanzati, tecnologie LIDAR, imaging di nuova generazione e software in grado di integrare dati eterogenei provenienti dal campo.
4. Cyber defence applicata al contesto militare
Conflitti asimmetrici e attacchi ibridi rendono la cybersicurezza una delle priorità strategiche. Startup europee e israeliane stanno crescendo in questo spazio.
Il nodo dell’innovazione: cambiare la cultura interna
Per Leonardo, la sfida più grande non è acquistare startup: è integrarle.
L’esperienza in materia di open innovation mostra come acquisire tecnologia non basti: serve cambiare processi, governance e tempi decisionali. Nella difesa questo è ancora più vero: gran parte dei progetti è soggetta a vincoli normativi, procedure lunghe e standard molto rigidi.
L’altra variabile è culturale. Le startup ragionano in modo agile, iterativo, a volte caotico. I grandi gruppi ragionano per milestone, documentazione, compliance. Trovare un punto di equilibrio è difficile.
La scommessa di Leonardo è che questa ibridazione sia possibile. E necessaria.
La crescita di Simone Ungaro in Leonardo
Il passaggio di Simone Ungaro da Chief Innovation Officer a Co-General Manager non è un dettaglio formale: è il segno che l’innovazione non è più confinata a un dipartimento, ma entra nella governance dell’azienda.
Ungaro conosce il mondo delle startup, ha una visione internazionale e soprattutto ha lavorato per anni sul tema dello spin-in: integrare competenze e tecnologie dall’esterno. Ora ha la delega per renderlo sistema.
Leonardo e il futuro del defence europeo
La corsa alle startup di Leonardo può avere effetti più ampi: stimolare la nascita di un ecosistema defence europeo più coeso, creare nuove opportunità per startup dual-use e deeptech che finora guardavano agli USA per crescere, aumentare il peso dell’Europa nei settori AI, autonomia e sensor fusion, rafforzare la sovranità tecnologica europea.
L’obiettivo è ambizioso: diventare un punto di riferimento continentale per l’innovazione defence-tech, un ruolo che oggi manca e che potrebbe ridefinire gli equilibri industriali dell’intero settore.
La dichiarazione di Ungaro, “siamo affamati di startup, come un lupo”, non è solo uno slogan. È la fotografia di un settore in cui sopravvive — e vince — chi sa evolversi. E per la prima volta, anche un grande gruppo europeo come Leonardo sembra pronto a muoversi con la stessa determinazione delle startup che vuole portare a bordo.







