Firenze ha deciso: dal 1° aprile 2026 nel capoluogo toscano non ci saranno più monopattini elettrici in sharing. La delibera di giunta, firmata dall’assessore alla mobilità Andrea Giorgio, mette fine a una sperimentazione iniziata nel solco delle politiche di smart mobility, facendo di Firenze la prima città italiana ad interrompere ufficialmente questo servizio. Alla base della scelta ci sono due elementi: il cambio di scenario normativo, con il Nuovo Codice della strada, e le criticità registrate nella gestione quotidiana del servizio, dal parcheggio selvaggio alla circolazione contromano o sui marciapiedi. L’operazione viene accompagnata da un potenziamento del bike sharing, indicato come modalità più compatibile con gli obiettivi di sicurezza e decoro urbano.
Indice degli argomenti
Cosa succede alla micromobilità urbana in Italia? Una breve storia
Per capire cosa sta succedendo alla micromobilità occorre tornare al 2019, quando i monopattini elettrici entrano davvero nell’agenda italiana. Con la Legge di Bilancio 2019 e il decreto attuativo del 12 luglio 2019, il cosiddetto “decreto Toninelli”, i Comuni ottengono la possibilità di avviare sperimentazioni su monopattini, segway, hoverboard e monowheel in ambito urbano, definendo zone, regole di circolazione e sosta. A fine 2019 un emendamento alla legge di bilancio equipara i monopattini elettrici alle biciclette, a patto di rispettare precisi limiti di potenza (500W) e velocità (20 km/h), rendendo molto più semplice la loro diffusione. Con il Milleproroghe del marzo 2020 le nuove regole entrano in vigore: i monopattini possono circolare sulle strade urbane fino a 50 km/h e sulle piste ciclabili, casco obbligatorio per i minorenni, luci obbligatorie, sanzioni assimilate a quelle per chi viola il Codice in bicicletta. La pandemia e il bonus mobilità del 2020 danno poi una spinta ulteriore, trasformando i monopattini in simbolo dell’“ultimo miglio” sostenibile.
Il quadro cambia di nuovo con il Nuovo Codice della Strada, approvato definitivamente nel novembre 2024: la riforma introduce un giro di vite deciso sui monopattini elettrici. Sono previsti obbligo di casco per tutti i conducenti, assicurazione RC, contrassegno identificativo (una sorta di mini-targa), limiti più stretti alle aree di circolazione (solo strade urbane fino a 50 km/h, divieto di uscita dai centri abitati) e requisiti tecnici aggiuntivi come indicatori luminosi di svolta e frenata. Per i mezzi in sharing viene richiesto anche il blocco automatico fuori dall’area consentita. Obiettivo dichiarato: aumentare la sicurezza, ridurre incidenti e degrado urbano. Ma da subito emergono dubbi applicativi (come assicurare correttamente un mezzo senza targa tradizionale) e preoccupazioni degli operatori, con Assosharing che denuncia il rischio di mettere in crisi un settore che vale oltre metà dei noleggi complessivi nella sharing mobility italiana.
Perché Firenze ha detto no ai monopattini
È in questo contesto che Firenze decide lo stop. Il Comune sostiene che il combinato disposto tra nuove norme nazionali e uso scorretto diffuso produca una “situazione di potenziale violazione sistematica del Codice della strada”, non accettabile in termini di sicurezza urbana. A preoccupare non è solo la condotta degli utenti (monopattini parcheggiati ovunque, uso sui marciapiedi, corsie bus-taxi occupate, contromano), ma anche la difficoltà strutturale a garantire rispetto di casco, assicurazione e contrassegno in un modello di noleggio breve, spesso impulsivo. Il Comune parla di “boomerang” rispetto alle aspettative iniziali, e punta ad assorbire una parte della domanda potenziando il bike sharing, che nel 2024 ha superato 1,5 milioni di noleggi con un +18% nei primi mesi del 2025. Dal lato opposto, operatori e associazioni contestano la scelta, ricordando numeri importanti di utilizzo (centinaia di migliaia di utenti e milioni di chilometri percorsi in quattro anni) e annunciando il possibile ricorso al TAR contro una decisione ritenuta sproporzionata rispetto al problema.
Cosa succederà nelle altre città italiane?
La domanda è se Firenze sia un’eccezione o l’anticipazione di un trend. Oggi il capoluogo toscano è un “unicum” in Italia, come sottolineano gli operatori, ma le condizioni che hanno portato alla stretta sono comuni a molte città. Alcune amministrazioni potrebbero seguire la strada del divieto totale per evitare contenziosi e costi di controllo crescenti; altre scegliere strategie intermedie: numero di mezzi contingentato, zone di parcheggio obbligatorie, sanzioni più severe e, soprattutto, uso sistematico dei dati (geofencing, log di utilizzo) per governare traffico e comportamenti. Milano, Torino e Roma, che hanno costruito negli anni ecosistemi di sharing complessi, difficilmente rinunceranno in blocco ai monopattini, ma potrebbero rivedere contratti e regole alla luce dei nuovi obblighi di casco e assicurazione.
Cosa è successo all’estero
Guardare all’estero aiuta a capire in che direzione può andare l’ago della bilancia. Parigi ha vietato i monopattini elettrici in sharing dal settembre 2023 dopo un referendum consultivo che, pur con affluenza bassissima, ha sancito la fine dei contratti con Lime, Dott e Tier per motivi prevalentemente legati alla sicurezza e al degrado urbano. Madrid ha revocato nel 2024 tutte le licenze agli operatori, mentre Praga diventerà dal gennaio 2026 la terza capitale europea a vietare i monopattini in sharing per motivi analoghi, soprattutto parcheggi caotici e incidenti. Firenze stessa, nella sua delibera, richiama esplicitamente questi casi come precedenti a cui si allinea, confermando che il tema non è più solo locale ma europeo. Al tempo stesso, però, in molte altre città europee i monopattini continuano ad essere integrati nel sistema di trasporto pubblico, dentro cornici regolatorie più stabili e con politiche di enforcement mirate.
Cosa succederà alle aziende della micromobilità
Per le aziende che operano nella micromobilità, in Italia e in Europa, la fase che si apre è di forte selezione più che di “fine corsa”.
I numeri dell’Osservatorio nazionale sulla sharing mobility mostrano già un consolidamento in atto: tra 2022 e inizio 2024 gli operatori di monopattini in sharing in Italia sono passati da 13 a 8, concentrando la maggior parte delle flotte in quattro player (Bird, BIT Mobility, Dott e Lime), con una riduzione di circa 18mila mezzi ma noleggi stabili intorno ai 25 milioni l’anno.
Più in generale, nel 2024 bici e monopattini in sharing superano i 50 milioni di noleggi, mentre gli operatori complessivi della sharing mobility calano del 24% in tre anni e cresce il peso del bikesharing (+26% dal 2022). A livello europeo, l’uscita di scena forzata da città come Parigi, Madrid e ora Praga non ha cancellato il settore, ma ne ha cambiato radicalmente le condizioni: i grandi player internazionali, da Lime a Dott, fino a Bird, riemersa dal Chapter 11 con una strategia più “regulator friendly” sotto il cappello Third Lane Mobility, stanno spostando il baricentro dal puro monopattino a portafogli multimodali (bici, e-bike, talvolta car sharing leggero), puntando su mercati e città dove c’è un dialogo strutturato con le amministrazioni e regole stabili.
Per chi resta piccolo o eccessivamente dipendente dai monopattini, invece, lo scenario è più difficile: le opzioni realistiche sono diventare partner white label di operatori più grandi, spostarsi verso servizi B2B (flotte aziendali, logistica urbana) o uscire dal mercato.
In questo contesto Firenze non rappresenta tanto “la fine del gioco”, quanto un messaggio chiaro: sopravvivranno solo le aziende in grado di dimostrare sostenibilità economica, capacità di gestire la sicurezza e di integrarsi nelle politiche di mobilità urbana, accettando che i monopattini siano una componente, non il cuore esclusivo del modello di business.
Le sfide future
In prospettiva, la vicenda fiorentina racconta la fine di una stagione di “euforia regolatoria” in cui i monopattini sono stati prima incentivati, poi caricati di aspettative, infine sottoposti a una stretta forse sbilanciata sulla dimensione repressiva.
La vera sfida, ora, sarà tenere insieme sicurezza, qualità dello spazio pubblico e obiettivi climatici, evitando che la reazione ai problemi reali di gestione diventi un freno generalizzato all’innovazione. In questo senso Firenze rischia di essere un laboratorio: se nei prossimi anni i dati su traffico, incidenti ed emissioni mostreranno un peggioramento, altre città potrebbero interrogarsi non solo sui monopattini, ma sulla capacità di governare in modo equilibrato la sharing mobility nel suo complesso.
(Nota di trasparenza. Questo articolo è stato sviluppato in collaborazione con l’intelligenza artificiale per ampliare le capacità dell’autore nel reperire fonti, analizzarle e organizzarle. L’AI ha affiancato, senza mai sostituirle, le scelte creative e argomentative, che restano pienamente umane).







